L’internazionalizzazione nei servizi innovativi: modelli e percorsi di sviluppo

Il rapporto analizza l’apertura internazionale e i modelli di internazionalizzazione di oltre 400 realtà del comparto, raccogliendo evidenze originali su un argomento ancora poco esplorato.

Le esportazioni di servizi rappresentano una componente rilevante e dinamica dell’export totale delle economie avanzate. Infatti, non solo i servizi rappresentano circa un quarto del valore totale scambiato sui mercati internazionali, ma la loro crescita è stata negli ultimi anni più vivace rispetto a quella degli scambi di beni. In questo contesto, un ruolo rilevante è giocato dalle esportazioni di servizi alle imprese, categoria che comprende i servizi di informatica e comunicazioni, i servizi finanziari e assicurativi, i servizi professionali e di ricerca e sviluppo e altri servizi a supporto delle imprese. In questo ambito, come si evince dai dati di Banca d’Italia, la Lombardia ha registrato 24,4 miliardi di euro di export nel 2023, con una performance di crescita migliore dell’Italia sia rispetto al pre Covid (2019) che su un orizzonte decennale.

L’obiettivo di questa analisi sull’internazionalizzazione delle imprese dei servizi innovativi: fare luce su un fenomeno poco analizzato. Nonostante la rilevanza economica delle esportazioni di questo comparto, l’internazionalizzazione delle imprese del settore è un argomento poco presente nel dibattito. Per contribuire a colmare questo gap, la ricerca ha analizzato, tramite un questionario e alcune interviste di approfondimento, l’apertura internazionale e i modelli di internazionalizzazione delle imprese del Gruppo Innovation Services di Assolombarda, così da raccogliere evidenze originali per una più ampia comprensione del fenomeno.

Più di un’impresa su quattro esporta servizi. Le imprese esportatrici sono mediamente più grandi e specializzate in attività professionali, scientifiche e tecniche e in ICT. Delle 437 imprese coinvolte nella rilevazione, 120 erogano servizi a clienti esteri (27,5%), in maniera esclusiva o in combinazione con l’esportazione di un bene. Il valore della produzione mediano è più elevato per le imprese esportatrici (2,6 volte), che vedono una maggiore concentrazione di medie e grandi imprese. I settori di specializzazione sono le attività professionali, scientifiche e tecniche (33,1%) e l’ICT (32,2%).

La quota di fatturato estero è rilevante per tre imprese su quattro e prevista in crescita da due imprese su cinque. Il 75,4% delle imprese esportatrici prevede di realizzare una quota di fatturato estero maggiore del 10% nel corso del 2024. Il 38,9% delle imprese, inoltre, prevede una crescita della rilevanza dei mercati esteri in termini di fatturato per il 2024 rispetto all’anno precedente.

Geografie: Francia, Germania e Spagna sul podio dei mercati esteri. Quattro imprese su cinque in più di una destinazione. Tra i principali paesi di sbocco, le imprese segnalano la Francia (citata dal 43,3% delle imprese), la Germania (40,0%) e la Spagna (30,8%). Nel complesso, le mete citate sono nel 55,2% dei casi europee. In prospettiva, invece, gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato prospect. Tra le imprese che operano sui mercati internazionali, infine, l’80,0% è presente in più di un paese, il 40,9% in più di quattro.

Tra i fattori che incentivano l’apertura ai mercati esteri delle imprese spiccano il ruolo della filiera, la prossimità culturale e geografica ai potenziali mercati di sbocco e l’armonizzazione normativa all’interno del mercato unico europeo. Dalle interviste alle imprese è emerso come i progetti realizzati con le filiali estere dei clienti italiani a portafoglio o con partner di filiera già internazionalizzati rappresentino spesso un fattore abilitante della fase di “prima internazionalizzazione”. Allo stesso tempo, i mercati esteri più facilmente raggiungibili sono solitamente quelli caratterizzati da una prossimità linguistico/culturale, geografica e istituzionale con il mercato italiano. Coerentemente, gli elementi che tendono a rendere più omogenee tra loro le arene competitive nazionali aiutano le imprese ad espandere all’estero le proprie attività: è questo, per esempio, il caso della progressiva armonizzazione normativa che si sta realizzando nel mercato unico europeo.

Come modello di internazionalizzazione prevale l’erogazione dei servizi a distanza, ma 1/3 delle imprese adotta più di un modello. Le imprese possono servire i clienti esteri tramite tre possibili modalità, tra loro non alternative: a distanza (74,4% delle imprese), attraverso l’invio di personale su base temporanea all’estero (31,6%), grazie a una presenza stabile oltreconfine (31,6%). Circa un terzo delle imprese adotta più di un modello, una quota che aumenta tra le imprese di ridotte dimensioni. In questo frangente, le interviste hanno messo in evidenza pregi, peculiarità e potenziali criticità di ciascun modello, rappresentando un quadro di grande eterogeneità organizzativa.

Le imprese esportatrici considerano preziosa la propria apertura internazionale, da perseguire con strategie differenziate. La presenza sui mercati esteri rappresenta uno stimolo all’innovazione e allo sviluppo di servizi a più alto valore aggiunto, con un evidente ritorno in termini di competitività. Inoltre, operare oltreconfine permette di intercettare con anticipo eventuali tendenze e innovazioni e, di conseguenza, posizionarsi in modo più efficace sul mercato. Per promuovere ulteriormente la propria presenza sui mercati esteri, le imprese implementano diverse strategie agendo sia sul margine estensivo (nuove linee di prodotto per raggiungere nuove nicchie di mercato) sia sul margine intensivo (allargamento del mercato estero facendo leva sulle relazioni commerciali esistenti).

Gli investimenti finanziari e le condizioni competitive sui mercati esteri rappresentano i due principali ostacoli all’internazionalizzazione delle imprese. Più della metà delle realtà ritiene essere ostacoli abbastanza o molto rilevanti gli investimenti finanziari necessari ad espandersi oltreconfine (54,4% delle imprese) e la concorrenza elevata/la presenza di player dominanti nei mercati esteri (53,9%). Per le piccole e micro imprese la dimensione aziendale rappresenta per sé il principale ostacolo all’internazionalizzazione.

Le imprese sono interessate a servizi di affiancamento all’internazionalizzazione. Quasi sette imprese su dieci ritengono potenzialmente rilevanti servizi di ricerca di intermediari e/o rappresentanti commerciali esteri. Inoltre, l’organizzazione di incontri B2B, da svolgersi anche in modalità virtuali, è vista con favore dalle imprese.

La mancata internazionalizzazione delle imprese dipende dalla natura domestica del servizio erogato più che da una inadeguata dotazione di risorse. Il motivo più frequentemente addotto dalle imprese che non operano sui mercati esteri alla loro mancata internazionalizzazione risiede nella natura del servizio erogato, sviluppato prettamente per il mercato italiano. Il dato si presta a una duplice interpretazione. Da un lato vi potrebbero essere oggettive limitazioni alla possibilità di esportare il servizio sviluppato; dall’altro, le imprese potrebbero semplicemente non aver preso in piena considerazione la possibilità di offrire i propri servizi a clienti oltreconfine. Infine, per le imprese che non operano sui mercati esteri, il potenziale di internazionalizzazione proveniente dalla filiera a valle pare essere piuttosto limitato.

Qui sotto, in allegato, il rapporto completo dell'indagine.

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