Parità di genere in Italia

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Quanto ancora occorre attendere per parlare di piena parità di genere?

Il Word Economic Forum (WEF), attraverso il global gender gap index, analizza ogni anno l'evoluzione della parità di genere in 146 Paesi del mondo attraverso quattro dimensioni: opportunità economiche, istruzione, salute ed emancipazione politica. Gli ultimi dati pubblicati dal WEF mettono in luce un arretramento del posizionamento italiano all’interno della classifica mondiale. Infatti, nel 2023 l’Italia si colloca al 79 esimo posto della graduatoria, in peggioramento rispetto alla 63 esima posizione occupata nel 2022.

imm1 - periodo parita genere

Al ritmo attuale, secondo le stime del WEF, ci vorranno 131 anni per raggiungere la piena parità di genere (che al momento non risulta presente in nessuna economia), mentre in Europa la situazione è più favorevole, con un tempo previsto di 67 anni.

Altri istituti misurano una situazione meno sfavorevole per l’Italia, ma sempre in ritardo rispetto alle economie più virtuose. Se consideriamo il Glass Ceiling Index1, l’indice pubblicato dall’Economist che misura l’uguaglianza per le donne sul posto di lavoro, l’Italia mantiene il 16 posto nel 2022 tra i 27 membri dell’Unione Europea. Invece, in base al Gender Equality Index dell’European Institute for Gender Equality (EIGE) l’Italia raggiunge la 13esima posizione tra i paesi membri: secondo l’analisi dell’EIGE l’Italia registra il maggior miglioramento nell’ultimo decennio, pur mantenendo ancora gap ampi in ambito lavorativo.

Disuguaglianza di genere: come lanciare un sasso nello stagno

La mancata uguaglianza tra uomini e donne non produce effetti unicamente in un ambito specifico, ma si estende coinvolgendo più aspetti di vita quotidiana.

In Italia la partecipazione femminile al mercato del lavoro è ancora inferiore a quella maschile e alla media europea. Nel 2022 il tasso di occupazione (15-64 anni) è pari al 69,2% per gli uomini e al 51,1% per le donne, quindi con un gap di 18,1 punti percentuali. Nella media dei Paesi Membri il tasso di occupazione femminile è al 64,9%, quasi 14 punti percentuali in più rispetto alla realtà italiana, e il gap rispetto all’occupazione maschile è di 9,8 punti: il divario nei livelli occupazionali maschile e femminile in Italia è uno dei più elevati nell’Unione Europea.
Si osserva poi un peggioramento del gap di genere in presenza di figli, a favore della componente maschile. Nel 2022 il tasso di occupazione dei genitori (25-64 anni) con un figlio varia dall’82% per gli uomini al 58,1% per le donne e il divario si amplifica con un numero superiore di figli. Questo vuol dire che, anche a causa di un’adeguata presenza di servizi per la conciliazione vita-lavoro, in una coppia sono più spesso le donne a uscire dal mercato del lavoro per dedicarsi alla cura dei figli, mentre l’uomo si concentra sulla carriera professionale.

D’altra parte, in Italia emerge chiaramente dalle statistiche la diversa distribuzione del carico di lavoro familiare all’interno della coppia. Nell’indagine sugli aspetti di vita quotidiana2 condotta da Istat, il tempo dedicato alla cura della casa e della famiglia è ben maggiore per le donne (15,4%) rispetto agli uomini (6,0%).

Focalizzando l’analisi sulle donne che partecipano al mercato del lavoro, la condizione di disuguaglianza si manifesta sia nei livelli retributivi sia nella ridotta presenza ai ruoli apicali. Il gender pay gap a livello italiano è del -10,7%, secondo le elaborazioni3 di ODM hr consulting – GiGroup Holding su dati dell’Osservatorio sul lavoro dipendente dell’INPS per gli anni 2019-2022. Il divario cresce tra i dirigenti, raggiungendo il -12,9% a favore della componente maschile. D’altra parte, la quota di donne che raggiunge elevate posizioni manageriali è ancora limitata, pari al 35% nella media dell’Unione Europea e ancora più bassa in Italia, al 29%.

Anche dal punto di vista imprenditoriale la componente femminile è arretrata: la quota di donne imprenditrici rappresenta nel 2021 il 30% dell’ammontare complessivo; la situazione è migliore tra le libere professioniste (37,4%) mentre è più bassa l’incidenza in caso di società di capitale (26%).

Un altro elemento che influisce sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro è l’indirizzo disciplinare scelto. È noto, infatti, che alcuni stereotipi di genere influiscono sul percorso formativo scelto dalle donne che, ad esempio, si orientano verso gli indirizzi STEM in misura ben più contenuta degli uomini. Nell’a.a. 2022-23, le ragazze rappresentano solo il 37% degli iscritti ai corsi di laurea in discipline STEM, con differenze ancora più evidenti nei percorsi ICT (16% donne vs 84% uomini).

(1) Il Glass Ceiling Index è un indice composito che misura l’uguaglianza per le donne sul posto di lavoro (livello di istruzione, partecipazione della forza lavoro, retribuzione, costi di assistenza all’infanzia, diritti di maternità e paternità, domande di ammissione a business schools e rappresentanza nelle posizioni apicali – in ambito manageriale, nei consigli di amministrazione e in parlamento).

(2) https://www.istat.it/it/files//2022/03/ItaliaInfografica-VitaQuotidiana.pdf

(3) I dati si riferiscono a lavoratori con le seguenti caratteristiche: tipologia contrattuale (tempo indeterminato e determinato, no stagionale); classe di settimane retribuite (52); presenza tempo continuativo nell’anno; Area Nord ovest, Nord est, Centro, Sud; Inquadramento: operaio, impiegato, quadro, dirigente. 

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