Esportare la dolce vita
Made in Italy: Centro Studi Confindustria e Prometeia presentano in Assolombarda le nuove opportunità per le esportazioni di beni belli e ben fatti nei mercati emergenti.
Milano, 23 aprile 2012 – Le importazioni dal mondo emergente di prodotti belli e ben fatti (BBF) cresceranno fino a 136 miliardi di euro nel 2017, 44 miliardi in più rispetto al 2011, con un aumento del 48%. Un terzo della domanda aggiuntiva verrà da Russia, Cina ed Emirati Arabi Uniti. I prodotti BBF sono costituiti da beni di fascia medio-alta (escluso il segmento del lusso) nei settori alimentare, abbigliamento e tessile casa, calzature e arredamento. La quota di mercato italiana sull’import di beni BBF nei mercati analizzati era nel 2010 del 7,9%. Se questa quota restasse inalterata, nel 2017 le importazioni di BBF made in Italy in quei paesi aumenterebbero di 3,2 miliardi di euro, arrivando a 10,3 miliardi. Questi i principali risultati della ricerca “Esportare la dolce vita” 2012 presentata oggi da Centro Studi Confindustria e Prometeia, con il contributo di ANCI, Federalimentare, Federlegno-arredo e SMI, sul posizionamento dei beni di fascia medio-alta nei settori chiave del made in Italy e sulle opportunità che i nuovi mercati offrono alle imprese che propongono prodotti non solo di qualità, ma dal forte contenuto evocativo.
Il rapporto elabora le stime delle importazioni di beni del bello e ben fatto nei 30 principali mercati emergenti per il periodo 2012-17. Le vendite italiane all’estero di BBF sono state di 51 miliardi di euro nel 2011, il 14% del totale delle esportazioni manifatturiere italiane. Il 36% viene dall’alimentare, il 32% dall’abbigliamento e tessile casa, il 14% dalle calzature e il 18% dai beni d’arredo.
Nel 2017, si legge nel rapporto, ci saranno 192 milioni di nuovi ricchi in più rispetto al 2011, cioè persone con un reddito annuo superiore a 30mila dollari (a prezzi 2005 e a parità di potere d’acquisto), in grado di comprare beni belli e ben fatti. La metà dei nuovi ricchi risiederà nei principali centri urbani di Cina, India e Brasile ma la classe benestante si sta ampliando anche in paesi più vicini all’Italia, dove la nostra quota di mercato nelle vendite di beni BBF è maggiore, come Russia, Turchia e Polonia.
Nonostante le enormi prospettive offerte dai nuovi mercati, le imprese italiane si trovano a operare in contesti più difficili, sia perché la concorrenza si è fatta più ardua sia perché i mercati emergenti spesso innalzano barriere commerciali che, ostacolando l’ingresso di prodotti esteri, frenano l’accesso in quei paesi. Per aiutare le imprese nel percorso di internazionalizzazione sono stati individuati 6 principali veicoli di promozione del BBF italiano nel mondo: fiere e grande distribuzione, turismo e immigrazione, cinema e istruzione. Sono questi i motori di promozione del bello e ben fatto.
Le imprese italiane che esportano prevalentemente BBF sono più di 13mila e rappresentano l’80% delle imprese esportatrici appartenenti ai quattro settori considerati e il 20% del totale delle imprese manifatturiere esportatrici italiane.
Rispetto a questi due raggruppamenti hanno una dimensione inferiore e sono localizzate, nella metà dei casi, in distretti manifatturieri. Possiedono un’elevata vocazione internazionale: tendono a vendere all’estero una gamma più vasta di prodotti ed esportano in un maggior numero di paesi. Il posizionamento geografico delle vendite estere è più orientato verso i mercati maturi, a eccezione di alcuni importanti paesi emergenti, tra cui la Russia.
Entrare nei nuovi mercati può essere difficile per le PMI italiane, considerate le grandi distanze geografiche e talvolta culturali da colmare per raggiungerli, soprattutto i giganti asiatici. Un’attenta valutazione delle potenzialità dei consumi, la scelta dei veicoli ottimali di promozione e il vaglio delle eventuali barriere commerciali sono punti di partenza fondamentali per avviare nuove storie di successo.
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