Smart working in numeri - 2023

I dati quantitativi sul fenomeno a livello nazionale, internazionale e territoriale

Secondo Eurostat in Italia nel 2023 la percentuale di occupati tra i 15 e i 64 anni che svolgono il proprio lavoro occasionalmente o abitualmente da casa è pari al 12,0%, agli ultimi posti tra i 27 Paesi UE e inferiore rispetto alla media europea del 22,2%

I dati amministrativi sulle presenze al lavoro, elaborati da Zucchetti (azienda leader nel settore dei software gestionali) in forma aggregata e salvaguardando l’anonimato dell’azienda, rappresentano una preziosa fonte conoscitiva che consente di aggiungere importanti dettagli alla stima statistica.

In base a questa analisi, circoscritta al Nord Italia, la quota media di smart worker nel Nord Italia raggiunge il 13,3%, un dato coerente con il 12,0% medio nazionale stimato da Eurostat. Più nel dettaglio, la percentuale si colloca al 16,0% nell’area Assolombarda, contro l’11,6% del resto del Nord.

Nella Città Metropolitana di Milano la quota di lavoratori che svolge, almeno parzialmente, la propria attività da casa raggiunge il 16,7%, con punte del 17,6% nelle aziende ubicate nel Comune di Milano (contro il 14,8% dell’hinterland).

Incid. % smart worker per ambito territorio

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fonte: elaborazione Centro Studi Assolombarda su dati Eurostat e Zucchetti

Per quanto riguarda la diffusione, secondo l’Osservatorio sullo Smartworking del Politecnico di Milano, la possibilità di lavorare da remoto è offerta ormai dalla quasi totalità (96%) delle aziende italiane con più di 250 dipendenti, mentre sotto tale soglia la percentuale è più bassa ma le PMI che l’hanno introdotto sono ormai la maggioranza (56%).

Stando all’indagine sul lavoro, condotta tra le aziende aderenti a Confindustria, il ricorso allo smart working risulta più intenso, in quanto la base associativa è caratterizzata da una dimensione media superiore, da una maggiore concentrazione negli ambiti settoriali più compatibili con le attività da remoto (terziario innovativo e funzioni amministrative di grandi imprese manifatturiere e multinazionali) e da un maggiore orientamento all’internazionalizzazione e all’innovazione. In Lombardia lo strumento è presente in più della metà delle aziende (51%, con punte del 68% nel territorio di Assolombarda) e coinvolge un lavoratore su quattro (26%, ma arriva al 37% nelle provincie di Milano, Monza, Lodi e Pavia).

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