L'Impresa di Servire l'Italia Comunicato stampa

L'Impresa di Servire l'Italia

Assemblea Generale Assolombarda 2019

Carlo Bonomi, Presidente di Assolombarda, nella sua relazione all’Assemblea annuale:

“Una nuova Europa si è messa in moto”
“Assecondarla è il compito principale del nuovo Governo”
“Gli errori del passato da abbandonare”
“L’appello a Conte: questa volta, stupiteci!”
“L’orgoglio e il significato vero di essere italiani”
“Serve una manovra di discontinuità profonda”
“La filiera-futuro: lavoro, giovani, donne, formazione e sostenibilità generazionale, sociale e ambientale”
“Conte avochi il dossier dell’automotive”
“L’appello alla società civile”

Milano, 3 ottobre 2019 - “’L’Italia ha una nuova occasione, che fino a pochi mesi fa non esisteva. E che è stata decisa dai cittadini europei, alle urne – ha detto Bonomi – ora sta alla politica italiana capire e mettere a frutto le nuove condizioni che si sono create”.

Dalla fine del 2017 avevamo iniziato ad evidenziare i rischi del ritorno al protezionismo collegati alla guerra dei dazi, la via sin qui seguita dall’amministrazione Trump. Gli effetti si sono duramente manifestati. Il commercio mondiale frena da allora. Ne è diretta espressione la frenata del cuore della manifattura europea, tedesca e italiana. Anche negli USA, pur con un boom di occupati che investe però principalmente lavori di bassa qualità e qualifica, il morso delle tariffe più elevate ha iniziato a manifestarsi in molti settori”.

“La frenata della crescita ha indotto le banche centrali dell’Occidente a modificare il proprio orientamento, e da un’uscita delle politiche di sostegno al mercato siamo tornati a un orizzonte di politiche monetarie lasche, per sostenere la crescita. La BCE in particolare continua con le sue misure straordinarie a ‘comprare tempo’ che i governi italiani – a differenza di altri, in Europa – sin qui non hanno messo a frutto per riforme vere e serie”.

“L’avvicinarsi della nuova campagna presidenziale americana obbligherà Trump ad accordi e non a scontri, perché la stessa economia americana subisce il morso della ridislocazione mondiale delle catene del valore verso l’Asia”.

“A questa duplice reazione al rallentamento mondiale si è aggiunta la risposta politica dei cittadini europei alla sfida del sovranismo. Ne sono espressione diretta l’accordo tra le diverse famiglie politiche “storiche” europee che ha portato alla nascita della nuova Commissione Europea, guidata da Ursula von der Leyen; il grande accordo anti-sovranista in Germania, per non prestarsi a governi con AfD né locali né nazionali; e infine l’appassionata resistenza trasversale in atto in UK contro la No Deal Brexit, che esporrebbe il Paese e l’intera UE a danni difficilmente calcolabili”.

Bonomi ha ringraziato con particolare calore Mario Draghi: “Un grande italiano. Bisogna ricordarlo sempre: a lui l’Italia e l’Europa devono molto”.

“Questo nuovo quadro – ha detto Bonomi – disegna una cornice propizia all’Italia. Questo è il compito essenziale che spetta al nuovo Governo”. Bonomi si è rivolto a Conte: “Noi apprezziamo vivamente l’impegno che ha assunto. A un nuovo tono. Di profondo rispetto istituzionale. Di deliberata costruttività nei confronti dell’Europa e del rispetto delle sue regole. Di ascolto vero con le parti sociali: impresa, sindacati e società civile. Però, Presidente, vogliamo essere chiari con lei. Apprezziamo i nuovi propositi. Ma non dimentichiamo quello che abbiamo visto e sentito nei 14 mesi precedenti. Non dimentichiamo che quel Governo ha promesso di cancellare la povertà, invece ci ha restituito alla stagnazione”.

“Questa di Assolombarda è la mia terza Assemblea – ha detto Bonomi –. E a ognuna di queste mi sono dovuto rivolgere a un governo diverso in carica. A ogni Assemblea ci siamo ritrovati un governo che ci diceva che per Alitalia dietro l’angolo c’era una soluzione di mercato, con un prestito ponte che sarebbe dovuto durare tre mesi, poi sei, poi nove. Sono passati più di 28 mesi: il prestito ponte è diventato permanente, e la soluzione non c’è ancora. E quella indicata ancora oggi non è una soluzione di mercato: è di ristatalizzarla. E noi qui in Assolombarda guardando i numeri proprio non riusciamo a capire il perché, tutti i partiti da sinistra a destra vogliano ristatalizzarla”.

“Uso l’esempio di Alitalia – ha detto Bonomi – per sottolineare le discontinuità vere che ci attendiamo. Se dismettiamo le continue polemiche contro la UE e l’euro, la BCE e Banca d’Italia, che ci hanno portato ad aggravare i costi del debito pubblico e a un sempre maggiore isolamento sui dossier comuni, se la smettiamo di credere che sia una buona politica estera compiere azioni di unilaterale favore verso Russia e Cina al di fuori del concerto NATO e UE, guadagneremo non solo più rispetto ma anche vantaggi economici bilaterali che altre grandi nazioni occidentali hanno ottenuto in misura assai maggiore”.

“Diciamolo forte – ha proseguito Bonomi –. Questi vantaggi per noi imprese non significano porte aperte a più deficit e debito nella finanza pubblica. Deficit e debito vanno ridotti non perché ce lo chiede o impone l’Europa. Ma perché è primario interesse nostro. Dei nostri figli. Se bastasse il deficit per crescere dovremmo essere in testa alle graduatorie di aumento del PIL europeo: abbiamo sempre accompagnato sia recessione sia crescita con il deficit pubblico. Per questo ci siamo battuti in Assolombarda con grande fermezza, negli ultimi 28 mesi”.

“Non spetta a noi imprenditori sostituirci ai partiti – ha detto Bonomi – non diamo giudizi politici sul perché qualcuno abbia creduto di ottenere in poche settimane nuove elezioni, o su come qualcun altro, dopo anni di aspre polemiche, abbia deciso di dar vita a una nuova maggioranza con chi sin lì avversava duramente.
Noi non rappresentiamo maggioranza o opposizione, noi siamo imprenditori, noi siamo Assolombarda, noi siamo Confindustria! Quel che ci interessava negli ultimi 28 mesi era batterci perché la politica capisse che occorreva evitare errori. Che avrebbero accresciuto intensità e gravità della frenata che si avvertiva nelle dinamiche mondiali. Lo abbiamo detto e ripetuto direttamente anche a lei, Signor Presidente, quando è venuto a incontrarci a Milano”.

Noi abbiamo preso atto che la politica allora ha deciso di non ascoltarci – ha detto Bonomi –. È risalito lo spread. Per due volte il Governo è andato allo scontro con l’Europa sui conti, e per due volte ha dovuto far marcia indietro a tutta forza all’ultimo minuto.
Sulle opere pubbliche è continuato il blocco. Sulle politiche del lavoro, dopo l’errore del decreto Dignità nell’estate 2018, si è aggiunto quello di voler destinare il Reddito di Cittadinanza non solo alla sacrosanta lotta alla povertà, ma alle politiche attive del lavoro che hanno tutt’altra necessità di competenze, metriche e criteri. E che infatti non sono mai partite.
Sulla spesa, si è puntato tutto o quasi su costose misure che non alzano il PIL come Quota100 e Reddito di Cittadinanza, e che nel primo caso sono oltre che molto onerose anche inique contro i giovani.
Si è continuato a parlare di finte Flat Tax, il cui vero scopo è stato sottrarre a fini elettorali fette crescenti di contribuenti anno dopo anno all’Irpef attraverso forfait, con effetti distorsivi e di soglia che finiscono per allontanare nel tempo ogni prospettiva di quell’organica e ordinata riforma fiscale per lo sviluppo che chiediamo da anni.
Neanche sulla messa in sicurezza dal rischio sismico e idrogeologico, che pure è minaccia oggettiva tale da consentire una fondata trattativa con l’Europa per gli enormi investimenti che richiede, abbiamo visto misure efficaci. Anche solo limitandosi ai 22 miliardi per le situazioni “più pericolose”, abbiamo registrato uno stanziamento di 6 miliardi nel 2019-21, di cui però a ora risultano meno di 400 milioni attivati”.

Di qui l’appello di Bonomi al Premier: “Chiediamo una legge di bilancio che renda evidente che la lezione è stata compresa. Non rispondeteci con un elenco di 27 o 39 proposte diverse. Non parlateci di nuovo umanesimo e di nuovo rinascimento. L’appello che rivolgiamo a Conte è uno solo: questa volta, stupiteci! L’Italia è ferma. Ci dica 3 cose essenziali che il suo Governo intende fare per rilanciarla. Le priorità vere, quelle che servono per riorientare un Paese che da vent’anni cresce dello 0,2% in media l’anno, che ha occupati di 15-20 punti in percentuale meno dei Paesi Nord europei e che rapina futuro ai suoi giovani, mentre fisco e welfare distorti ci condannano a una demografia sempre più asfittica. Poche, pochissime chiare priorità, dunque”.

Innanzitutto, nessun equivoco su deficit e debito, che devono scendere. Sulle opere pubbliche e sui cantieri da riavviare, in tutta Italia: non solo TAV, Gronda di Genova, Alta Velocità nel Nordest e al Sud, Passante dell’A1 a Bologna. Stop all’esperimento negativo di Quota100 ed espianto delle politiche del lavoro dal Reddito di Cittadinanza, e confluenza di tutte le risorse rese disponibili, compresi i 9,4 miliardi annui del bonus 80 euro, verso l’abbattimento strutturale del cuneo fiscale a favore dei lavoratori, che alza occupabilità e reddito molto più di tutta la panoplia di sussidi a tempo sin qui erogati”.

Non servono pochi miliardi di abbattimento del cuneo, ne servono almeno 13 o 14, non certo i 2 miliardi e qualcosa di cui leggiamo nella NADEF” ha aggiunto Bonomi.

“Sulla necessità del ripristino integrale di industria 4.0, caro Presidente, abbiamo poco da aggiungere. È il crollo degli investimenti avvenuto sotto il precedente Governo, ciò che ci ha trascinato di nuovo verso la recessione. Serve non solo la conferma integrale di Industria 4.0: occorre una scelta pluriennale di sostegno strutturale alla ricerca e allo sviluppo, senza la quale non cresciamo nelle catene del valore e non risaliamo in termini di produttività”.

“Siamo discesi da oltre quota 300 punti di spread, dove ci aveva riportato il Governo precedente, verso quota 140-150. E la cosa sembra accontentare tutti. Al contrario: una legge di bilancio di forte discontinuità potrebbe ancorarci a quota 80 o 90 punti, e quello sì che sarebbe un dividendo corposo e strutturale. La Spagna sta andando per la quarta volta a elezioni in quattro anni. Eppure, il suo spread sta sotto quota 70”.

Bonomi si è soffermato sui valori che devono ispirare una vera svolta politica. “A darci forza ogni giorno – ha detto Bonomi – è innanzitutto una certa idea dell’Italia. Un’idea dell’Italia che unisce tutti in un grande patrimonio condiviso. Non solo storico, letterario, artistico e monumentale. Un patrimonio di valori comuni, di umanità, reciproca comprensione e di apertura verso il mondo”.

“Troppe e temibili sono le forze divisive sprigionatesi in questi anni – ha aggiunto Bonomi –. Ed è una storia purtroppo già vista, nel passato dell’Europa. Il nazionalismo finisce per distruggere il senso vero della Patria, lo riduce da valori condivisi a simboli identitari branditi da tribù intolleranti. In una sola fase della nostra secolare storia dirsi ‘italiano’ era diventato un criterio per negare ad altri fondamentali diritti umani. E noi a quella fase storica non vogliamo tornare”.

Noi siamo fieri – ha aggiunto Bonomi - di avere un Capo dello Stato che in questi anni ha fatto tutto ciò che gli era possibile, per richiamare i toni della politica e gli atti di governo al rispetto di forme, toni e diritti che sono il vero patrimonio indivisibile non solo della libertà e dello Stato di diritto. Ma che rappresentano per noi il senso stesso di dirsi ‘italiani’ di fronte al mondo. Un fondamento comune non solo della crescita ma del vivere civile, che alla propria base ha una fede irrinunciabile nei valori della solidarietà umana, e nel rispetto sacro dei diritti della persona. Di ‘ogni’ persona: quale che sia la sua nascita, il suo sesso, la sua religione. Questa alta visione dell’Italia ci spinge, Presidente Conte, a non occuparci delle convenienze di partito, ma a misurare i politici solo per quel che fanno in concreto”.

“Questo è il motivo – ha continuato Bonomi – per cui diffidiamo delle fughe in avanti elettoralistiche in materia di spesa e di tasse. Non diteci che volete tassare merendine e biglietti aerei, per finanziare il buco contributivo di Alitalia. E risparmiateci nuove guerre civili dividendo gli italiani gli uni contro gli altri, in nome della ‘lotta all’evasione fiscale. Quel che vediamo noi è che la premialità promessa agli onesti contribuenti con gli ISA, i nuovi indicatori sintetici di affidabilità fiscale, è di fatto rimasta sulla carta. E lasciate perdere poi l’idea di tassare il contante: chi lo usa per evadere non lo depositerà in banca e dalla tassa sarà immune, a esserne colpiti sarebbero milioni di italiani incolpevoli”.

Sin qui abbiamo solo ascoltato ministri che proponevano nuove tasse e balzelli, in un Paese dove la tassazione fiscale è già al 42%. Non uno solo di loro che abbia mai pensato di accennare, nemmeno di sfuggita, a tagli di spesa”.

“Vedo che nella NADEF questa linea è confermata: nulla o quasi sulla spesa pubblica, più entrate per 7 miliardi, e non abbiamo ancora capito come. Presidente Conte, ci ripensi.
Non proclamate che per i lavoratori pubblici di questo o quel settore gli aumenti retributivi devono essere uguali per tutti, quando nel privato da decenni la contrattazione responsabile premia le diverse qualifiche, e deve finalmente fare un balzo in avanti per dare più soldi a chi condivide e si impegna a realizzare obiettivi di produttività. Che è una delle vere emergenze del Paese. Da ben 25 anni.
Eppure, della produttività noi imprese continuiamo a non sentire mai neppure pronunciare la parola”.

La sintesi di ciò che per Assolombarda rappresenterebbe una svolta vera è stata così indicata da Bonomi: “Bisogna mettere mano a una vera Filiera-Futuro: incentrata, su lavoro, giovani, donne, tecnologia e sostenibilità. La nostra parola d’ordine centrale è proprio: sostenibilità. Declinata in tre accezioni diverse”.

Primo – ha detto Bonomi – sostenibilità generazionale: basta furti di futuro ai giovani. Noi non crediamo nei prepensionamenti e in Quota100. Vogliamo imprese in cui lavorino insieme più over 65enni e più under 35enni. Lo Stato ci dia una mano sgravando il tutoring nelle imprese, e nei contratti col sindacato noi estenderemo dovunque la possibilità alle coorti di lavoratori più esperti di affiancare i più giovani nella trasmissione di saperi e competenze, che scuola e università purtroppo non danno ancora. Il diritto alla formazione continua deve diventare un vero e proprio diritto-dovere fondamentale della persona, da porre al centro della vita di ogni impresa e di ogni contratto”.

Secondo – ha proseguito Bonomi – serve più sostenibilità sociale. E allora con il sindacato impegniamoci nei contratti innanzitutto a pagare ai giovani assunti più del minimo contrattuale, non c’è affatto bisogno del salario minimo per legge il cui effetto sarebbe solo di disincentivare tutto ciò che oggi sempre più dobbiamo condividere e realizzare insieme al sindacato nei contratti, come il welfare aziendale e il diritto alla formazione permanente. Dobbiamo pagare di più i giovani, e dobbiamo estendere la facoltà delle lavoratrici di poter conciliare i tempi di lavoro con le cure parentali, estendere i congedi parentali su base di parità di genere. Pensiamo all’estensione del congedo di maternità da 5 a 8 mesi con indennizzo all’80%, come già facciamo in Assolombarda con i nostri dipendenti. Senza chiedere nulla allo Stato. Pensiamo alla deducibilità totale dei costi dei servizi a sostegno per il rientro nel mondo del lavoro: asili nido, baby sitter e via continuando. Non pensiamo solo alla questione economica, svezzare i figli è una questione di civiltà”.

E dobbiamo fare meglio contro le morti sul lavoro – ha proseguito Bonomi –. Lo Stato deve impegnarsi di più, l’architettura della vigilanza e delle ispezioni resta barocca. Ma noi nelle nostre imprese dobbiamo fare meglio per la formazione diffusa, la manutenzione continua degli impianti, l’automazione di ogni sistema interdittore in presenza di anomalie dei processi produttivi. È una battaglia di umanità, prima che di giustizia”.

“Lo stesso vale – ha detto Bonomi – per il rischio che si apre nel Sistema sanitario nazionale. Se continuiamo a impostare il giusto contenimento dei costi prescindendo da qualità e risultati dei servizi, e chiediamo ai privati di limitare la loro eccellenza nella diagnostica precoce e nella clinica con tecnologie avanzate, in una società sempre più di anziani otterremo una sola cosa: una sanità più ingiusta con i deboli e più indifferente ai pazienti con patologie più gravi”.

Terzo – ha continuato Bonomi – serve maggiore sostenibilità ambientale. Ma su questo vogliamo essere chiari. La svolta europea e dell’ONU nella lotta al cambiamento climatico è ottima e benvenuta. Ma essa va affrontata con una visione fondata su competenze accurate. In Italia la sostenibilità ambientale va interpretata in chiave di cambio di paradigma tecnologico e industriale. Con tutto il rispetto, il problema fondamentale italiano non è oggi sussidiare il sapone sfuso o la pasta alla spina nella grande distribuzione. Il problema numero uno nell’ambito non energetico è chiudere integralmente il ciclo del trattamento dei rifiuti, industriali e urbani. Rifiuti che continuiamo a esportare nel mondo pagando miliardi, quando non sono poi gestiti dalle ecomafie. Sgravi quali l’ecobonus e il sismabonus nell’edilizia hanno mosso 28 miliardi di investimenti in 2 anni. Una misura analoga per la chiusura del trattamento del ciclo dei rifiuti a cominciare da quelli industriali sarà in grado di mobilitare nelle stime oltre 10 miliardi di investimenti privati. Con occupati aggiuntivi stimabili tra le 15 e le 20mila unità. Perché da noi mancano gli impianti necessari e avanzati per trattarli in sicurezza, i rifiuti. E quegli impianti vanno realizzati”.

Bonomi ha individuato nella crisi dell’automotive un grande rischio. “Serve anche un colpo di reni – ha detto per riprendere a spron battuto i dossier industriali trascurati dall’Italia nell’Unione Europea. A cominciare dall’automotive, e della dislocazione in corso in altri paesi europei di importanti investimenti asiatici per realizzare in Francia e Germania stabilimenti e produzioni nel settore decisivo delle tecnologie per trazione ibrida e full electric. I dati più recenti della produzione industriale evidenziano una rilevante frenata dell’automotive italiano legato all’auto, dal -11,4% del quarto trimestre 2018 al -9,5% del primo trimestre 2019, al -9,7% del secondo trimestre. L’automotive in Italia significa circa 6mila imprese di cui molte PMI, con oltre 156mila addetti che diventano 250mila con l’indotto, il 7% dell’intera manifattura italiana. Un valore della produzione di 93 miliardi di euro, un apporto allo sviluppo del 6% del PIL”.

“Sulla trazione full electric e ibrida Cina e Asia sono in netto vantaggio per monopolio di componenti essenziali alla produzione di batterie, oltre che per tecnologie. E le catene di fornitura dell’intero mercato mondiale dell’auto sono in rapida ridislocazione verso l’Asia”.

“Per questo cambio di paradigma – ha proseguito Bonomi – migliaia di imprese italiane e di occupati si trovano esposti a un rischio temibile. La crisi dell’automotive rischia di diventare la vera crisi industriale dell’Italia. Apprezziamo che il neo Ministro Patuanelli abbia preso in mano il dossier automotive, a lungo trascurato. Ma Signor Presidente del Consiglio: è Palazzo Chigi, il luogo in cui concentrare strategie e misure per scongiurare che si crei un gap che potrebbe diventare incolmabile col resto del mondo”.

Bonomi ha concluso con un appello alla società civile.
“Il metodo Milano – ha detto Bonomi – affonda le sue radici nei secoli. Fatto di leale e aperta cooperazione tra istituzioni, governi locali, impresa, lavoro, terzo settore, università, centri di ricerca, soggetti ed enti della cultura e della società civile. È il metodo che ci ha portato a vincere su Expo 2015, prima, durante e dopo l’evento. Fino a Human Technopole che è già nata e sarà eccellenza scientifica e diagnostica del domani. È il metodo che ci è valso il successo per la candidatura alle Olimpiadi Invernali del 2026, insieme a Cortina. È che ci vede avanguardia d’Italia in filiere come le scienze della vita, nel design, nell’intelligenza artificiale, nella presenza di multinazionali come nelle start up knowledge intensive. Ottiene risultati di eccellenza economica e di forte coesione sociale. Ed è per questo che lanciamo un appello alla società italiana”.

Credere che sia solo la politica dall’alto, a cambiare l’Italia e a ridarle impulso e crescita, coesione e giustizia – ha detto Bonomi – è una pericolosa illusione che non dà risultati. Gli anni alle nostre spalle sono lì a dimostrarlo. L’intero mondo dell’impresa, della finanza, delle professioni, del sindacato, dell’accademia, della ricerca, della cultura e del terzo settore devono comprendere che l’indifferenza verso le decisioni pubbliche è un lusso che non ci possiamo più permettere. O costruiamo fondamenta civili ed economiche di un’Italia nuova e più giusta dal basso, noi tutti insieme, oppure un Paese a demografia a picco e bassa produttività non sarà capace della svolta civile che è più che mai necessaria”.

“Una svolta che deve manifestarsi – ha concluso Bonomi – nei comportamenti di tutti, prima che nelle deleghe alla politica. Non si guida un Paese da un balcone o da una spiaggia, è l’energia dell’intero Paese e la sua decisione a migliorare ad ogni livello che deve rispecchiarsi nelle decisioni di chi lo guida: nelle garanzie istituzionali di pesi e contrappesi, in una giustizia al servizio dei deboli, in una politica trasparente nei suoi finanziamenti e comportamenti, misurabile ex ante ed ex post nelle sue decisioni. Perché non sarà la spesa pubblica decisa dalla politica a salvarci, ma uno Stato diverso. E uno Stato diverso non si decide dall’alto, vive nei nostri comportamenti, come diceva Aldo Moro ‘… dobbiamo riscoprire una nuova stagione dei doveri’. Dobbiamo chiedere alla società civile un grande sforzo comune. Rimettiamo in sesto tutti insieme dal basso le fondamenta del nostro Paese”.

“Diceva Luigi Einaudi: ‘… a Roma spadroneggia un piccolo gruppo di padreterni, i quali ignorano in special modo la verità fondamentale: che ognuno di noi deve confessarsi ignorante di fronte al più umile produttore, il quale rischia lavoro e risparmio nelle sue intraprese’.
Non era e non è antipolitica. È restituire all’Italia il suo senso di dignità e orgoglio, il compito che dobbiamo sentire come nostro, e di tutti i ceti dirigenti italiani. Ed è per questo che abbiamo scelto il nostro titolo dell’Assemblea di oggi. L’impresa di servire l’Italia. Facciamolo. Restiamo uniti. Tutti. Insieme”.