Umanesimo industriale, la nostra digital economy
L'articolo a firma di Antonio Calabrò, Vicepresidente di Assolombarda con delega agli Affari Istituzionali, Organizzazione e Legalità - Domus - ottobre 2018.
"La città che sale" ha pur sempre un'anima intraprendente e dinamica. E il suo carattere costante è quello del cambiamento. Ancora adesso. Milano crocevia di scambi e relazioni inclusive ("milanese è chi lavora a Milano", sostenevano gli statuti medioevali), ha costruito "cultura politecnica" con Bramante e soprattutto Leonardo, nella stagione più fertile del Rinascimento, fra creatività artistica e sapienza tecnologica. Anticipando la modernità del Paese è stata "città delle fabbriche" tra Ottocento e Novecento, mai company town d'unica dimensione culturale, come la Torino dell'auto, ma luogo di sinergie originali tra manifatture e finanza, centri di ricerca e università, con l'orgoglio del 'fare' e l'acutezza critica del 'raccontare' (non c'è artista di livello che non abbia fatto i conti con Milano). Il "paradigma Natta", per ricordare il premio Nobel per la Chimica Giulio Natta (formazione milanese nei laboratori Pirelli e Montecatini, ricerca applicata da cui nasce un'eccellenza internazionale dell'industria italiana anni Sessanta, la plastica), vale ancora oggi per indicare la sintesi tra scienza, tecnica e industria. Una dimensione cardine di Milano, appunto. Umanesimo industriale. Un patrimonio vitale, utilissimo proprio in una stagione che, varcato il confine del Duemila, pone nuove sfide di cambiamento tra digital e sharing economy.
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