Bonomi "Andiamo verso un'economia di guerra. Ma evitiamo una nuova Iri" Intervista

Bonomi "Andiamo verso un'economia di guerra. Ma evitiamo una nuova Iri"

L'intervista a Carlo Bonomi, Presidente di Assolombarda, su Repubblica - 22 marzo 2020

La vita viene prima di tutto, possiamo decidere di chiudere tutte le imprese in Lombardia, e anche nel resto d'Italia, con la consapevolezza che molte di queste aziende non riapriranno più. E quando usciremo da questo incubo ci troveremo in una situazione da economia di guerra”. Carlo Bonomi è il presidente di Assolombarda, l'associazione industriale di Milano, la più importante d'Italia. Milano è anche la città che rischia la catastrofe per il coronavirus. Bonomi è il candidato più forte alla successione di Vincenzo Boccia alla presidenza della Confindustria nazionale. L'elezione ci sarà il 16 aprile.

La Lombardia è allo stremo. Non è ragionevole chiudere tutto, anche nel resto del Paese, fuorché le attività legate alla sanità e agli alimentari?

Per me fa testo quanto già previsto dal protocollo firmato da governo e parti sociali: si lavora e si deve lavorare solo dove si possono garantire condizioni di sicurezza e le imprese lo stanno già facendo responsabilmente. Siamo in costante e costruttivo contatto con il premier Giuseppe Conte. Le imprese sono a disposizione con la loro tecnologia e capacità organizzativa per predisporre un sistema di tracciamento del contagio, per tutelare i più esposti. Con questo sistema si andrà oltre l'idea di chiusura generalizzata. Accanto alla gestione dell'emergenza è necessario lavorare per il futuro”.

Ma intanto c'è l'emergenza.

Guardi, le faccio l'esempio della mia azienda. Noi operiamo nel settore biomedicale. Produciamo prodotti anche per le terapie intensive. Bene, tra quindici giorni non potremo più produrli perché un nostro fornitore ha deciso di chiudere. Io non posso sostituire quel componente come voglio, servono le autorizzazioni. E questo vale per tutte le filiere, per il farmaceutico come per l'alimentare. Se si interrompe la catena il prodotto finale non c'è. E troppo semplice pretendere la chiusura delle imprese senza assumersi la responsabilità delle conseguenze”.

C'è però un dato: la maggior parte dei contagiati si concentra in aree molto industrializzate. Secondo lei c'è un nesso tra le fabbriche e il numero dei contagi?

Non credo ci sia questo rapporto, nessun dato conferma un'ipotesi di questo tipo. Piuttosto noto che si sta cercando di far passare l'idea che la colpa del contagio siano le imprese. E un paradigma del sentimento anti-industriale che c'è nel nostro Paese. Eppure se si stanno realizzando nuovi reparti di terapia intensiva in pochi giorni, è grazie alle imprese. E grazie a singoli imprenditori privati che stanno donando per sostenere la nostra sanità. Vorrei aggiungere che molte aziende stanno riconvertendo le proprie produzioni per sostenere lo sforzo sanitario”.