Presentato oggi il rapporto “Il lavoro a Milano”, realizzato da Assolombarda, Cgil, Cisl e Uil Comunicato stampa

Presentato oggi il rapporto “Il lavoro a Milano”, realizzato da Assolombarda, Cgil, Cisl e Uil

Disoccupazione oltre l’8% e occupazione ferma al 65%: nel 2014 Milano e la Lombardia motori d'Italia ma ancora lontani dai migliori d’Europa

Milano, 9 giugno 2015 – In Lombardia la disoccupazione raggiunge nel 2014 il suo picco più alto, superando l’8%, mentre l’occupazione, che ancora non riparte, ferma la propria discesa al 65%. In un decennio di “crescita zero” la nostra regione ha perso competitività rispetto alle altre aree avanzate d’Europa, accumulando un divario di costo che - in un mercato a moneta unica - penalizza i nostri prodotti. Un recupero però è possibile, grazie a una forza lavoro di qualità e un polo universitario attrattivo e internazionalizzato. È questo lo scenario che emerge dalla nona edizione de “Il Lavoro a Milano”, il rapporto annuale realizzato da Assolombarda, Cgil, Cisl e Uil, che raccoglie i dati sul mercato del lavoro milanese e lombardo per descrivere le caratteristiche della forza lavoro e delle imprese del territorio. L’indagine traccia i principali indicatori del mercato del lavoro – su struttura economica, occupazione, tempi di lavoro, education, produttività, costi – allargando, quest’anno, il monitoraggio alle altre regione europee comparabili: Bayern e Baden‐Württemberg, in Germania; Rhône‐Alpes, in Francia, e Cataluña, in Spagna.

Il rapporto, curato dai Centri Studi di Assolombarda e della Cgil, Cisl e Uil, è stato presentato oggi, presso la sede degli Industriali milanesi alla presenza, tra gli altri, del Direttore Generale di Assolombarda, Michele Angelo Verna, che è intervenuto al convegno aprendo i lavori. A seguire, rispettivamente, gli interventi di Andrea Fioni, responsabile del Centro Studi di Assolombarda, che - in rappresentanza del gruppo di lavoro congiunto - ha presentato i risultati della ricerca, e di Ruth Paserman, Capo di Gabinetto aggiunto del Commissario Europeo per Occupazione, Affari sociali, Competenze e Mobilità dei lavoratori, che ha trattato i temi della disoccupazione giovanile e del divario tra le competenze scolastiche e quelle richieste dal mondo del lavoro con un focus particolare sul ruolo delle imprese e dell’Europa. La successiva tavola rotonda ha visto, invece, la partecipazione di Giovanni Bocchieri, Direttore Generale Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Lombardia; Massimo Bottelli, Direttore del settore Lavoro, Welfare e Capitale Umano; Danilo Galvagni, Segretario generale Cisl Milano; Graziano Gorla, Segretario generale Cgil Milano e Danilo Margaritella, Segretario generale Uil Milano.

Dalla ricerca emerge che la quota di popolazione “attiva”, cioè di coloro che hanno un lavoro o lo cercano, e la quota di occupati a Milano e in Lombardia sono molto più elevate della media del resto del Paese ma ancora lontane da quelle europee. Lo scorso anno, infatti, il tasso di attività è arrivato, in Lombardia, al 70,7%: circa dieci punti sopra la media italiana (ferma al 63,5%) ma al di sotto, per esempio, del Bayern che ha raggiunto l’80%. Anche sul fronte disoccupazione Milano e la Lombardia, che registrano rispettivamente l’8,4% e l’8,2% di persone in cerca di lavoro, presentano una situazione meno critica rispetto all’Italia (ormai al 12,7%).  Estendendo, invece, il confronto oltre i confini italiani, la Lombardia che, in termini di disoccupazione, vantava livelli tra i più bassi d’Europa, nel corso della crisi è arrivata a percentuali doppie rispetto a quelli delle regioni tedesche, quasi al pari del Rhône‐Alpes.

“Il Rapporto annuale scatta una fotografia chiara e condivisa della realtà economica del nostro Paese – ha dichiarato Michele Angelo Verna, Direttore Generale di Assolombarda -. Un valido strumento per accelerare il passaggio verso politiche attive che favoriscano la crescita, in un tessuto produttivo che disponga delle adeguate condizioni per investire e innovare. Se è vero, infatti, che le politiche passive hanno consentito, in questi anni, di contenere l’impatto della crisi occupazionale, è vero anche che hanno concorso a frenare la produttività. Dobbiamo continuare a investire sui punti di forza che ci caratterizzano, la qualità professionale della nostra forza lavoro e l’eccellenza del nostro sistema universitario, affinché Milano e la Lombardia recuperino terreno rispetto alle altre regioni europee”.

Le criticità legate al mercato del lavoro interessano, inoltre, anche la fascia giovanile, tra i 15 e i 24 anni, che in Lombardia conta circa 900mila ragazzi. La Lombardia è l’unica, tra le regioni europee, a far registrare un peggioramento che ha portato a superare la soglia del 30%, contro il 40% nazionale. A questo si aggiunge il preoccupante fenomeno dei Neet (Not in Education, Employment or Training), legato alla congiuntura della crisi economica ma anche alla faticosa transizione scuola-lavoro. Basti pensare che la quota di giovani che non studiano e nemmeno cercano lavoro, lo scorso anno contava 75.743 persone in Lombardia di cui 28.539 a Milano. I giovani spagnoli, pur con livelli di disoccupazione vicini al 50%, sono comunque più attivi nella ricerca di un lavoro.

Significativi anche i dati sulla pressione fiscale sul lavoro. Secondo il rapporto annuale dell’Ocse, il cuneo fiscale in Italia raggiunge il 48,2% del costo del lavoro. Questo significa che ‐ fatta 100 la retribuzione netta percepita dal lavoratore ‐ il costo per l’azienda raggiunge quota 193,5, quasi il doppio.

E guardando alla competitività del Paese risulta evidente che, a fronte di una dinamica del costo del lavoro sostanzialmente in linea nei diversi Paesi, quello che ha fatto la differenza è stata la stagnante produttività italiana. Tra il 2000 e il 2011 il Clup (Costo del Lavoro per Unità di Prodotto) dell’industria manifatturiera italiana, l’indicatore che sintetizza l’andamento della produttività del lavoro e del suo costo, è aumentato del 13%. Peggio ha fatto la Lombardia, dove l’incremento ha superato il 14% come effetto combinato di un aumento del costo del lavoro pari al 36% a fronte di un incremento della produttività del 19%. Al contrario, in Cataluña il Clup è diminuito del 10% e nelle regioni tedesche addirittura di più: ‐12% nel Baden‐Württemberg, ‐20% nella Bayern. In questo contesto il gap di competitività che si è cumulato tra la Lombardia e le regioni tedesche dal 2000 al 2011 (34 punti percentuali) ha generato per i produttori tedeschi gli stessi vantaggi di una svalutazione.

Tra i punti di forza per far crescere produttività e occupazione, Milano e la Lombardia possono contare su un virtuoso ecosistema costituito da 13 prestigiose università, capace di attrarre una quota di studenti stranieri che, nel capoluogo, raggiunge il 6,5% degli iscritti contro il 4% della media del Paese. È anche grazie alla presenza di questo “hub della conoscenza” che le imprese italiane possono contare su un asset competitivo fondamentale: forza lavoro di qualità. Infatti, l’occupazione si sta sempre più concentrando nelle fasce specializzate.

Un altro dato positivo proviene dall’apporto della componente femminile, superiore al resto del Paese di quasi 15 punti percentuali. Mentre Milano ha superato di slancio l’asticella del tasso di attività femminile del 60%, ormai datato obiettivo di Lisbona 2010, per l’Italia questo rimane un traguardo ancora da raggiungere. Inoltre dal rapporto congiunto di Assolombarda, Cgil, Cisl e Uil emerge che le quote rosa si sono fatte largo ai vertici nell’ambito delle qualifiche di quadri e dirigenti.

In calo, anche grazie all’impegno delle forze sociali, gli infortuni. Nel settore industriale, per esempio, il numero di infortuni si è ridotto del 40% negli ultimi sei anni. Tra il 2008 e il 2013 si sono ridotti anche gli infortuni al di fuori dell’ambiente di lavoro (in itinere, con mezzo di trasporto, ecc.), con tassi di variazione che in Lombardia hanno registrato ‐30% e a Milano ‐17%. Ma, più degli infortuni, sul tempo lavorato - e quindi sulla produttività - ha inciso soprattutto il ricorso agli ammortizzatori sociali. In 6 anni di crisi (2009-2014), nella sola Lombardia, sono state autorizzate quasi 1,6 miliardi di ore di Cig (Cassa integrazione guadagni), di cui un terzo effettivamente utilizzate sotto forma di Cig Straordinaria o in Deroga. Trasformate in Unità di lavoro equivalenti, significa circa 280mila lavoratori virtuali – circa 50mila all’anno – corrispondenti, in media, a 1,5 punti percentuali di disoccupazione “nascosta”.

“Il dato che mi colpisce in particolare è quello sulla mancanza di lavoro per i giovani – ha sottolineato Danilo Galvagni, il segretario generale della Cisl Milano Metropoli -. E’ vero che nel milanese la situazione è migliore rispetto ad altre aree del Paese, ma i numeri restano preoccupanti. Occorre riflettere sul 30% di disoccupazione giovanile e ancora di più sulla quota di ragazzi e ragazze che, terminati gli studi, un impiego non lo cercano nemmeno. La crisi ha inciso e incide ancora ma, evidentemente, c’è un problema di orientamento scolastico e di incontro fra l’offerta formativa e le opportunità create dalle imprese del territorio. Il milanese vanta un sistema scolastico e universitario di qualità, che va però rafforzato perché, ad oggi, non incrocia a sufficienza le esigenze del mercato e non esprime tutte le competenze e le professionalità richieste. Serve maggiore sinergia tra formazione e lavoro: questi due mondi devono parlarsi di più”.

“Milano conferma la propria vocazione innovativa – ha dichiarato Graziano Gorla, Segretario Generale Cgil Milano -. Questo territorio ha tutte le caratteristiche per uscire in positivo dalla crisi. Le stesse università possono favorire la circolazione delle idee e la necessaria attrattività dei migliori talenti internazionali. L'impegno al settimo anno di crisi richiede di attuare politiche per invertire il tasso di disoccupazione e creare sbocchi occupazionali, che rimane comunque l'emergenza principale. Il confronto con i motori europei dimostra la necessità di politiche industriali orientate alla qualità, all'innovazione, all'arricchimento professionale, quale stimolo alla crescita e all'incremento dell'occupazione”.

“Trovo molto interessante che quest’anno la ricerca, oltre a presentare i dati del lavoro a Milano, sottolinei anche la correlazione con 4 importanti regioni europee, tre già in rapporto virtuoso con Milano e la Lombardia nei “4 motori d’Europa”, cui si aggiunge il Bayern, altra importante regione della Germania – ha commentato Danilo Margaritella, Segretario generale Uil Milano -. È senz’altro da rilevare che, malgrado oltre 6 anni di crisi, Milano continua a rimanere una città virtuosa dal punto di vista delle opportunità che offre, e dei cittadini che sanno coglierle. Certo la crisi non ha risparmiato Milano, ma è una città che ha saputo fare dell’innovazione e del cambiamento la chiave di volta che (noi auspichiamo) le permetterà di cogliere prima di altri le avvisaglie della ripresa”.

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