20.04.2022 - Conflitto Russia-Ucraina: il rialzo delle materie prime - Analisi
L’impatto della guerra in Ucraina sui prezzi delle materie prime continua ad essere intenso e diffuso. In particolare, gli effetti sono consistenti per il prezzo del frumento, il cui incremento dal pre Covid (+98% il 19/04) è spiegato per quasi due terzi (63%) dai rincari registrati dopo l’inizio della guerra (Grafico 1). Anche gli aumenti delle quotazioni di nichel e zinco (+154% e +96% dal pre Covid) sono da imputare per circa la metà al periodo post-conflitto. Per olio di semi di girasole, acciaio, mais e petrolio la guerra incide per il 46-40% dei rincari di queste materie prime: +151% olio di semi di girasole rispetto a prima della pandemia, +217% acciaio, +113% mais, +72% petrolio brent.
Il gas naturale europeo è tra le materie prime che evidenzia l’aumento delle quotazioni più elevato dal pre Covid (+740% il 19/04) e tale incremento è spiegato per circa un quinto (22%) dagli aumenti registrati dopo lo scoppio del conflitto armato. Altro rialzo importante è quello del fertilizzante urea e nitrato di ammonio (+388% dal pre Covid), di cui il 16% è stato registrato dopo l’inizio della guerra.
Gas naturale, energia elettrica e petrolio
Le quotazioni del gas naturale europeo restano estremamente elevate, pari al +740% rispetto al pre Covid, e continuano a essere caratterizzate da intense oscillazioni. Dopo il picco di inizio marzo, quando ha sfiorato i 220 euro per MWh, il prezzo è ora a 94 euro per MWh (dato al 19 aprile), comunque sopra i livelli registrati prima dello scoppio della guerra in Ucraina (76 euro per MWh nella media delle prime tre settimane di febbraio). (Grafico 2).
I rincari del gas europeo spingono in alto anche il prezzo dell’energia elettrica in Italia, che risulta sopra al pre Covid del +393% (19 aprile), aggravando le tensioni già esistenti prima del conflitto, quando il PUN (Prezzo Unico Nazionale energia elettrica) evidenziava un aumento del +333% rispetto al pre Covid (Grafico 3).
Sempre sul fronte degli energetici, il prezzo del petrolio Brent è aumentato del +72% (variazione calcolata in euro) rispetto a gennaio 2020, attestandosi sopra i 100 dollari al barile, dopo essere già cresciuto del +43% rispetto al pre Covid a inizio febbraio (Grafico 4).
Cereali, oli vegetali e fertilizzanti
La guerra in Ucraina colpisce in maniera consistente la filiera agroalimentare, con rincari intensi e diffusi su cereali, oli vegetali e fertilizzanti.
Il frumento evidenzia una crescita pari al +98% rispetto al pre Covid, un’accelerazione rilevante considerando che prima del conflitto (1-23 febbraio) il prezzo era del +36% superiore al gennaio 2020. Anche il mais registra un simile aumento, pari al +113% (+63% la variazione pre conflitto) (Grafico 5).
I rincari degli oli vegetali sono anch’essi consistenti, ma con differenze tra singole tipologie. Infatti, i prezzi dell’olio di semi di soia e dell’olio di palma si trovavano già prima del conflitto su un trend di costante e intensa crescita (Grafico 6): l’olio di semi di soia, che già era in aumento del +96% nel periodo 1-23 febbraio rispetto al pre Covid, ora segna un incremento del +148% (sempre rispetto al pre Covid); l’olio di palma, già sopra il pre Covid del +74%, ora registra un +107%. Entrambi i tipi di oli, dopo un breve ripiegamento a inizio aprile, proseguono sul loro trend di crescita. L’olio di semi di girasole (Grafico 7), invece, ha sperimentato uno shock di prezzo nei giorni immediatamente successivi al conflitto, balzando a quota 2500 $/tonnellata a metà marzo. Raggiunto tale picco, le quotazioni sono ridiscese, pur restando a +151% rispetto al pre Covid (dato riferito al 19 aprile).
Nella filiera agroalimentare, l’impatto della guerra coinvolge anche il mondo dei fertilizzanti, in particolare l’urea e nitrato di ammonio (UAN). Dopo i due forti rincari registrati a fine 2020 e nell’autunno 2021, con lo scoppio del conflitto il prezzo sale ulteriormente raggiungendo un +388% rispetto al pre Covid (Grafico 8).
Metalli ferrosi
Tra i metalli ferrosi, l’acciaio evidenzia uno dei rincari più rilevanti dal pre Covid (+217% il dato riferito al 19 aprile): dopo alcuni mesi di parziale ritracciamento, con lo scoppio del conflitto le quotazioni sono tornate a salire sensibilmente superando il picco precedente di metà 2021 (Grafico 9).
Il prezzo del minerale di ferro, al contrario, non ha subìto una discontinuità netta dovuta al conflitto. Si conferma, però, il trend di continua crescita iniziato a fine 2021 (+63% il dato del 19 aprile rispetto al pre Covid) (Grafico 10).
Metalli non ferrosi
Dopo la recente sospensione delle quotazioni di borsa del nichel, il picco registrato a metà marzo si è parzialmente riassorbito. I prezzi restano però particolarmente elevati, intorno a 30 mila euro a tonnellata, ovvero superiori del +154% rispetto a gennaio 2020 (Grafico 11). La guerra ha dato un’ulteriore spinta anche al prezzo dell’alluminio (+91% rispetto al pre Covid) e al prezzo dello zinco (+96%). Tuttavia, se il primo sembra stabilizzarsi nelle ultime settimane, il secondo accelera la sua crescita. Il rame, invece, conferma il trend in aumento già in corso prima del conflitto (+75% rispetto al pre Covid), caratterizzato da una minore volatilità rispetto agli altri metalli analizzati.
Legno e cotone
Dopo il picco di inizio marzo, il prezzo del legno evidenzia un deciso ripiegamento pur attestandosi su livelli superiori al pre Covid del +132%.
Infine, il cotone prosegue con un andamento crescente che porta i suoi prezzi a raddoppiare rispetto a gennaio 2020 (+103%). (Grafico 12)
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