Relazione del Presidente Alberto Meomartini all'Assemblea 2012
Assemblea 2012
Relazione del Presidente Alberto Meomartini
Milano, 11 giugno 2012
Autorità, colleghe e colleghi, interlocutori del mondo sindacale, rappresentanti del corpo diplomatico, amici del mondo della scuola, grazie per la vostra presenza oggi, ma più in generale grazie per la continuità di dialogo e di relazioni intrattenute in questo periodo così difficile.
Ancora una volta la nostra Assemblea è cominciata con lo sguardo dei giovani: due junior, Lorenzo e Stefano Lodovichi hanno realizzato questo bellissimo filmato.
La musica virtuale di fondo è quella di una composizione degli anni ‘80 di Franco Battiato “... il mio maestro m’insegnò come è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire…”, mentre l’immagine che accompagna tutta la nostra Assemblea è quella di un’alba sullo sfondo delle nuove realizzazioni di Milano.
Noi ci proviamo testardamente. La nostra volontà, intendo di tutti noi, è quella di costruire fondati motivi di fiducia, e non di chiederli.
Prima di entrare nel merito delle mie brevi riflessioni, desidero adempiere, e con gioia, a un dovere di riconoscenza, associativo e personale, salutando e ringraziando a nome di tutti gli imprenditori milanesi Emma Marcegaglia che anche oggi è significativamente qui con noi.
In questi anni abbiamo condiviso impegno e passione, e volevo darti atto della vicinanza assidua alla nostra Assolombarda, vicinanza fatta di proposizione e ascolto, ricordando che in alcuni dei momenti più difficili della tua Presidenza è qui, a Milano, che ci siamo riuniti per discutere e decidere, e per condividere poi l’impegno di Confindustria.
Oggi è un altro momento per ringraziarti.
E naturalmente salutiamo con particolare calore il neo Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi. E lo dico con un orgoglio in più: era da oltre cinquant’anni che un imprenditore di Assolombarda non diventava Presidente di Confindustria!
Oggi la nostra Assemblea si svolge in maniera un po’ diversa dalla tradizione: nel mio intervento porterò la visione diretta delle nostre imprese, alla luce di un sondaggio realizzato per noi da ISPO tra tutti i nostri associati, terminato cinque giorni fa.
Poi ci sarà l’intervento del Presidente dell’Istat, Prof. Enrico Giovannini, che si soffermerà in particolare sui temi della competitività di oggi: è il tema de l’Italia che c’è.
L’Italia che sarà è il titolo dell’intervento di Giorgio Squinzi, non nel senso di previsione del futuro, ma in un senso più importante, quello dell’impegno nostro, degli imprenditori italiani per cambiare la velocità di sviluppo del nostro Paese. In altre parole, le nostre responsabilità.
Tua res agitur è il nostro motto di fondo: è sempre un problema nostro, è una nostra responsabilità.
E dalle nostre responsabilità vorrei cominciare.
Noi non ci sentiamo e non ci sentiremo mai estranei al destino del Paese.
Il messaggio chiaro che voglio dare, riassume tutte le nostre convinzioni: il nostro sistema di imprese non vede il PIL come una previsione passiva, ma all’opposto con la consapevolezza di essere una parte importante di coloro che il PIL lo producono.
Spesso parliamo solo con l’impegno del nostro lavoro, con i risultati delle nostre imprese, ma non è sufficiente.
Credo che non dobbiamo mai stare troppo in silenzio, di fronte a problemi che definiscono la nostra vita di imprenditori e cittadini, e che talvolta pensiamo di lasciare alle responsabilità solo di altri.
La situazione attuale e quella a venire richiede a tutti noi, cari amici, nuove assunzioni di responsabilità come classe dirigente: per quanto riguarda il nostro sistema associativo, siamo impegnati a proseguire il lavoro sollecitato e cominciato da Emma Marcegaglia, e programmato dal nuovo Presidente.
Assolombarda ha già cominciato questo percorso, ed è pronta a continuare: come mi ero impegnato, ogni nostro progetto è stato concepito e organizzato sempre insieme ad altri, altre associazioni di impresa, Istituzioni e altri interlocutori.
Abbiamo la consapevolezza che fare rappresentanza è sempre meno sollecitare e chiedere, e sempre più proporre e fare insieme.
Ed è questa l’attitudine con cui ci rivolgiamo ai nostri interlocutori.
La mia convinzione, infatti, la mia esperienza, è che una città, una comunità, non può progredire senza efficaci e continuative relazioni tra le sue componenti.
Dicevo della collaborazione con le Istituzioni: pur nella indispensabile autonomia e rispetto delle autonomie degli altri, il livello di collaborazione con Comune, Provincia e Regione è stato elevato e proficuo. Anzi, di più: e se oggi, come vedremo, tra mille crisi e mille difficoltà, il nostro territorio non si è fermato, dobbiamo riconoscere che è stato anche grazie al rapporto trasparente con tutte le Amministrazioni. Naturalmente si può fare molto di più.
La nostra responsabilità ci ha portato a poggiare il nostro lavoro su due pilastri insostituibili: la lotta all’illegalità e all’evasione fiscale. Scusatemi se lo ripeto ancora una volta: Assolombarda è stata la prima associazione imprenditoriale del Nord ad assumere immediatamente i medesimi impegni comportamentali nati in Confindustria Sicilia contro le imprese associate colluse o silenti, ed è impegnata nell’informare e assistere in questa direzione tutte le imprese del territorio.
Non solo, ma sta anche realizzando, insieme a importanti realtà formative e universitarie, il primo programma di formazione specifica, d’intesa con le Istituzioni, per la gestione delle imprese confiscate alla criminalità organizzata.
La stessa dimensione di impegno è nella diffusione di cultura e comportamenti contro la piaga dell’evasione fiscale, che crea danni non misurabili alla nostra economia, alle regole della competitività ed anche alla nostra reputazione.
Va in questa logica l’accordo che abbiamo da poco siglato con l’Agenzia delle Entrate, che ringrazio per la rapidità e la disponibilità: un’intesa volta a instaurare un dialogo preventivo, anche se informale, tra fisco e imprese, che aiuti ad alimentare quel rapporto costruttivo e leale che è alla base della compliance fiscale.
Credo che ne avranno beneficio anche, e forse soprattutto, le multinazionali localizzate nel nostro territorio.
E mi auguro che da questo tipo di rapporti possano avviarsi relazioni tra fisco e contribuente meno estemporanee di quelle che, con stile di “spamming fiscale”, vediamo svolgersi da tempo e che partono dal livello centrale.
ll sistema imprenditoriale di Milano e del suo territorio non è in declino, non intende rassegnarsi alle difficoltà, continua a avere opportunità di sviluppo, a determinate condizioni…
Anche in questo contesto di crisi.
Certo, il vortice di tensioni economiche a cui abbiamo assistito dall’estate scorsa ad oggi ha cambiato radicalmente lo scenario in cui le nostre imprese si trovano ad operare. Ed è una crisi di fronte alla quale ci sentiamo talvolta disorientati, a causa della sua natura finanziaria e anche istituzionale a livello europeo su cui non abbiamo potere di influenza.
Nella slide vedete cosa tutto ciò comporta per le nostre imprese:
Pur in questo contesto difficile, le performance delle imprese milanesi internazionalizzate continuano a mostrarsi davvero notevoli.
Milano ha il sistema con la più alta vocazione all’estero rispetto al resto dell’Italia e anche forse dell’Europa. Precorrendo ancora una volta i tempi nazionali e lombardi, l’export delle nostre imprese verso i Paesi esterni all’UE è superiore a quello verso l’UE da quasi quattro anni.
Nel 2011 le esportazioni esterne all’Unione delle imprese milanesi hanno superato i 25 miliardi di euro, il 18% in più del valore realizzato sul mercato europeo.
Le capacità delle nostre imprese si basano principalmente sulla qualità delle nostre persone (non mi piace il termine risorse umane).
La nostra analisi sul mercato del lavoro nell’area milanese per il 2011 conferma alcune peculiarità positive di Milano: la concentrazione di funzioni ad alta intensità di conoscenza e l’elevato livello di scolarizzazione dei lavoratori (l’80% possiede almeno un diploma e tra questi il 37% è laureato), la partecipazione femminile ampia e qualificata (le donne rappresentano oltre un terzo degli addetti, e la loro presenza è cresciuta più rapidamente tra le qualifiche a maggior contenuto professionale).
Il 2011 ha registrato perdite di posti di lavoro, dolorose ma complessivamente contenute.
Tra le assunzioni è aumentata la quota a tempo indeterminato, e si va affermando il contratto di apprendistato, reintrodotto nella legislazione - ricordo - anche per la pressione svolta da Assolombarda negli ultimi anni.
Il recupero di efficienza del sistema - grazie al riassorbimento delle ore di Cassa Integrazione e al contenimento delle ore di assenza - ha consentito interventi di politica retributiva a livello decentrato che hanno permesso di mantenere salari e stipendi al passo con l’inflazione.
In generale, dunque, la situazione del mercato del lavoro appare più positiva che nel resto del Paese, e in particolare per le imprese del sistema Assolombarda.
Le previsioni per il 2012 nel nostro territorio sono improntate ad una sostanziale stabilità nei prossimi mesi.
Certo, esiste un problema di disoccupazione giovanile, ma non nelle dimensioni che suggeriscono i titoli dei giornali che strillano che “Un giovane su tre non lavora”. La realtà è diversa: i giovani - cioè le persone tra i 15 e i 24 anni - che non trovano lavoro sono complessivamente in Italia meno di 500.000: l’8% dei circa 6.000.000 italiani che sono in quella fascia di età nella quale, come ovvio, la gran parte studia. Ricondurre il fenomeno alle sue giuste dimensioni non significa trascurarlo, ma evitare messaggi allarmistici di cui in questo periodo proprio non si sente la necessità.
A proposito di giovani e di valori, di valori di legalità, vi propongo 30 secondi importanti: uno spot realizzato dai ragazzi di un Istituto Tecnico e già trasmesso sulla rete nazionale. Poi vi dirò qualcosa al riguardo.
Bene, è bello in sé, è fatto dai ragazzi. Ma è ancora più bello perché è stato realizzato dai ragazzi di un Istituto Tecnico Industriale di Scampia - Napoli: l’ITIS “Galileo Ferraris”. In un luogo difficile, grazie alla capacità e all’entusiasmo di un Preside e di ragazzi impegnati, ci giunge un messaggio di fiducia nei valori della legalità.
Il Preside, Ing. Vincenzo Ciotola, e i cinque ragazzi, Raffaele Cascella, Pasquale Iuffredo, Domenico Ragusa, Marco Sorge, Marco Tafuto, sono oggi ospiti della nostra Assemblea. Gli diamo il benvenuto, e un augurio di buon lavoro perché stanno realizzando anche un filmato per la lotta contro la droga. E ne approfitto per dire che con l’Unione Industriale di Napoli abbiamo instaurato un rapporto speciale di collaborazione.
I giovani: esiste spesso un fraintendimento culturale di fondo. Molti, e talvolta anche il legislatore, sono convinti che occorra indurre, spingere, convincere, se possibile obbligare le imprese - immaginate riluttanti - ad assumere giovani!
Ma ogni impresa ha la necessità, e quindi la volontà, di inserire giovani per svilupparsi, è quasi banale dirlo. E una volta inseriti, di formarli e valorizzarli. Nessuna impresa, dico nessuna, ha uno sguardo a breve: è la continuità, la crescita, lo sviluppo, ad animarne lo spirito.
Un’impresa vuole scegliere i collaboratori adatti. Tutto qui. Ecco il principale motivo per l’esigenza di flessibilità in entrata. E questo è maggiormente vero per un sistema come quello milanese, che fonda sulla differenziazione del prodotto la propria competitività: in altre parole, sulla qualità e sull’innovazione, entrambe fondate sulle attitudini delle persone e sui legami col sistema formativo.
Se ci sono approfittatori di flessibilità, sanzioniamoli, ma non penalizziamo preventivamente e pregiudizialmente le imprese.
Questo enorme equivoco culturale ha spesso animato la discussione sulla riforma del mercato del lavoro: immaginare che le imprese bramino dal desiderio di licenziare i propri dipendenti è francamente falso e distorcente.
Ma discutere quando si hanno in mano le bandiere, piuttosto che le ragioni, è onestamente difficile: per questo Confindustria aveva auspicato una diversa evoluzione della riforma, non misurandone i risultati sulle attese presunte, ma sulle esigenze reali di sistema. Quell Quella di dare chiarezze interpretative è la principale: molto pragmaticamente vedremo il funzionamento della legge, non ci mancherà certo l’onestà di analisi né saremo animati da spirito di contrapposizione. Come si diceva un tempo: vale più la pratica della grammatica.
Il brusco cambiamento del regime pensionistico, che pure abbiamo proposto con convinzione, lo ricordo, e poi accolto con responsabilità, ha avuto rilevanti ripercussioni sulla programmazione del turnover nelle aziende, con piani di pensionamento e di assunzione da rivedere.
Un gruppo di imprese associate, con l’esigenza di assumere un grande numero di ragazzi, ha messo a punto un’ipotesi - ispirata ad analoghe esperienze realizzate con successo in Germania - articolata su due step:
- offrire ai lavoratori che sarebbero andati in pensione col vecchio regime, un contratto a part time - ma a contribuzione piena - fino al raggiungimento della nuova età di pensionamento;
- assumere un giovane per ogni lavoratore che accetti tale soluzione, ovviamente su base volontaria.
L’azienda contribuirebbe ad un incremento di occupazione, senza perdere l’esperienza di persone ancora valide. L’aiuto che chiediamo è il riconoscimento della contribuzione figurativa per quella parte di contributi eccedenti la prestazione effettiva. Le risorse necessarie in parte si possono trovare tra quelle annunciate dal Governo a favore dei giovani, in parte nei maggiori introiti fiscali derivanti dai nuovi giovani lavoratori.
E’ un’idea semplice: se funziona, come credo, costerà poco; se non funziona non costerà nulla!
Come tante altre, una proposta che Assolombarda offre a partire da una visione realista e responsabile.
La peculiarità della nostra industria e dei nostri servizi - ripeto - in particolare nel nostro territorio, richiede conoscenza per competere.
In altre parole, se non circolano giovani aperti al mondo e di tutto il mondo, non circolano le idee.
Assolombarda lavora da sempre per sviluppare un dialogo strutturale con il sistema scolastico e universitario del territorio.
I fronti su cui siamo presenti - e con successo devo onestamente dire - sono molteplici e vanno dalle iniziative di orientamento all’istruzione tecnica, dalle facoltà scientifico-tecnologiche alle collaborazioni più articolate con le scuole sul versante dell’innovazione didattica.
La mole di lavoro che svolgiamo con i giovani, per i giovani in Assolombarda, in splendida collaborazione con Scuola e Università, è davvero importante e costituisce oramai un riferimento per esperienze a livello nazionale.
Ma oltre ai giovani, va ricordata l’attenzione delle imprese verso tutti i lavoratori, circa la qualità del lavoro, la conciliazione dei tempi di vita, la soddisfazione per il proprio lavoro. Il welfare aziendale, cosi come le altre iniziative di responsabilità sociale, per la nostre aziende non sono un costo, sono un investimento.
Lo sforzo di passione e capacità realizzato dalle imprese milanesi, la loro visione costruttiva del futuro, e lo dico come ringraziamento ai miei collaboratori, il lavoro realizzato da Assolombarda in sintonia con Confindustria, mi permettono di trarre conclusioni e di rivolgermi al Governo con coscienza serena.
Noi abbiamo fiducia nel Governo Monti.
Noi sappiamo che senza conti in ordine non si va da nessuna parte.
E riconosciamo quanto questo Governo ha fatto per le imprese: dall’ACE per la patrimonializzazione all’aumento delle deduzioni IRAP, dal rifinanziamento del Fondo di Garanzia per le PMI al “recupero” dell’ICE.
E non dimentichiamo nemmeno i recenti passi avanti per lo smobilizzo dei debiti pregressi della PA e l’impegno per il recepimento della direttiva comunitaria late payments per la parte riferita ai debiti della PA.
I decreti per lo sviluppo dovrebbero essere alle porte. La parte più difficile di ogni viaggio è proprio il momento di varcare la porta…
In ogni caso, la verità è che con la nostra pressione fiscale, che lo stesso Governatore Visco ha definito “non compatibile con una crescita sostenuta”, il vero slancio per la crescita del Paese può venire solo da un drastico abbattimento della spesa pubblica.
Questo è quanto chiediamo al Governo e con forza sollecitiamo alle Istituzioni e alla politica anche a livello locale. Un’azione da implementare in tempi rapidi seguendo le tre vie indicate dal Ministro Giarda: ridurre, riorganizzare, ristrutturare.
E un medesimo impegno chiediamo naturalmente alla nostra amministrazione comunale.
Diciamo che, anche a Milano, questioni di spesa corrente devono trovare affronto o nel suo efficientamento e contenimento, ovvero nella variazione del modello di erogazione dei servizi. Aggiungo una osservazione circa gli asset patrimoniali in bilancio: deve essere fuori discussione che ogni eventuale alienazione non debba finanziare spesa corrente, ma generare risorse per nuovo patrimonio, per interventi strutturali.
E anche per Milano, come per tutto il sistema Paese, vale l’appello che è pure del Ministro Giarda, a una più intensa digitalizzazione dei servizi, per puntare, al tempo stesso, a efficienza, risparmi, semplicità operativa. Molta parte della semplificazione può essere giocata e ottenuta sulla introduzione delle tecnologie.
Non chiediamo incentivi, spesso sono stati più dannosi che utili, e siamo favorevoli al riordino degli stessi in una logica di analisi costi-benefici: sosteniamo in particolare quelli legati allo sviluppo della ricerca, purché selettivi. So di non essere popolare, ma poco a tutti non serve a nulla.
Piuttosto, servono interventi per tornare a una situazione normale sul mercato del credito.
L’accesso difficoltoso al canale dei prestiti bancari è uno dei problemi più sentiti dalle nostre imprese e si lega in maniera perversa con le carenze di liquidità prodotte dai ritardi di pagamento.
Vedete nella slide la misura delle nostre preoccupazioni:
Nei primi tre mesi dell’anno i prestiti hanno subito una nuova flessione, più accentuata in Lombardia che nella media italiana.
E il calo penalizza soprattutto le piccole imprese, le manifatturiere e le imprese meno solide finanziariamente. Non possiamo rischiare di perdere parti importanti e vitali del nostro tessuto produttivo a causa di squilibri temporanei di cassa. Alle banche chiediamo più coerenza tra le dichiarazioni dei vertici e i comportamenti dei loro funzionari, più visione e competenza nel valutare la nostra attività.
Soprattutto, al Governo chiediamo che abbia fiducia in noi.
Perché, in fondo, non dobbiamo mai dimenticarci che il nostro sistema economico e sociale basa il suo sviluppo sulla voglia e sulla capacità di fare impresa.
Certo, in un contesto di regole, di governo, di visione delle istituzioni, di confronto fra le forze sociali e, auspicabilmente, con la concreta applicazione di principi di merito nella Pubblica Amministrazione.
Ma con la creatività dell’individuo, con le sue passioni, con il suo desiderio, infine, di realizzare i sogni.
“La crescita non la si produce per decreto - ha scritto Piero Ostellino sul Corriere della Sera - ma allargando i confini entro i quali si concretano l’autonomia e le capacità creative della società civile”.
Il nostro sistema di imprese, vivo e vitale in particolare a Milano, non è in grado di sopportare un grammo in più di burocrazia. Ne chiede piuttosto a gran voce un deciso abbattimento.
È clamorosa la risposta unanime che vedete:
L’eccesso di autorizzazioni, procedure, sovrapposizioni, interpretazioni, ritardi, è l’aspetto più vincolante non solo per lo sviluppo ma anche per la semplice operatività delle nostre imprese, che si trovano imbrigliate in una “ragnatela infinita di norme” che sovente “crea di fatto un vantaggio competitivo per chi non le rispetta” (sono le parole di nostri associati).
In questo contesto che certo “non aiuta le imprese”, diventa arduo affrontare il tema degli investimenti esteri.
È sempre più difficile non solo attrarne di nuovi, ma anche trattenere le multinazionali esistenti. Le quali vedono nella qualità del nostro mercato del lavoro un plus, che però sempre meno compensa le tante carenze dell’ambiente nel quale devono operare.
Un ambiente dove, purtroppo, non trovano infrastrutture fisiche adeguate - e penso alle tante questioni aperte sul fronte delle realizzazioni che da anni attendiamo, pur riconoscendo l’impegno che almeno qui in Lombardia si è dispiegato - ma dove pure quelle cosiddette “immateriali” - e penso alla giustizia - sono decisamente fuori linea rispetto a qualsiasi confronto internazionale - e anche in questo caso le positive ed esemplari eccezioni milanesi rimangono tali.
Come diciamo spesso, non chiediamo sistemi o leggi speciali. Chiediamo molto di più: chiediamo delle leggi normali.
Ha sintetizzato bene il Presidente Squinzi: vorremmo un Paese normale per imprese speciali.
Un Paese normale in un’Europa diversa, solida e coesa.
C’è quasi unanimità in questo giudizio: abbiamo creduto che l’unione monetaria potesse, da sola, promuovere l’Europa politica.
Dobbiamo riprendere il percorso e riprenderlo lì dove l’Europa si è sempre costruita, cioè l’Europa della economia reale, fatta di persone, di relazioni, di produzioni, di scambi, di culture. Non dimentichiamolo: il primo vagito dell’Europa si chiamava Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio.
In Europa la manifattura occupa un quarto della forza lavoro; per ogni occupato nel settore industriale si realizzano mediamente due posti di lavoro in impieghi di alta qualità nei servizi. L’Italia è il secondo Paese manifatturiero della Zona Euro dietro alla Germania e la terza economia, dopo Germania e Francia.
Occorrono subito iniziative che rimettano in moto al tempo stesso la ripresa economica, la cooperazione tra le economie e gli Stati, un conseguente progetto di governance europeo. E’ sempre più evidente il vuoto di democrazia nel quale ci troviamo. Gli Stati nazionali hanno da tempo, e ben prima della crisi in corso, ceduto sovranità a favore del livello europeo: a questo livello occorre creare i luoghi di legittimazione democratica delle decisioni che devono essere assunte.
E ripenso alle critiche di un grande liberale come Karl Popper proprio sullo stesso punto, quello della legittimazione politica dell’Europa: “Non posso far decidere il mio benessere - sosteneva - da chi non è stato eletto da nessuno”.
Non credo - questa è una battuta - che basti il ricordo del tentativo di invasione della Germania da parte dei Romani a giustificare la riluttanza dei governanti tedeschi a leggere un grande Latino come Orazio, e questa non è più una battuta:
“Nam tua res agitur, paries cum proximus ardet et neglecta solent incendia sumere vires”: “E’ un problema anche tuo quando brucia la parete del vicino, gli incendi trascurati acquistano forza”.
Abbiamo bisogno di un’Europa piena e legittimata per promuovere la nostra società, di un vero mercato unico europeo, e allo stesso tempo abbiamo bisogno, forse ancora di più, di un orizzonte anche ideale dove collocare l’immagine di sviluppo delle nostre imprese e le nostre passioni.
Proprio in Germania, qualche anno fa, Carlo Azeglio Ciampi ricordava una frase di Benedetto Croce, scritta in momenti bui: “…così e francesi e tedeschi e italiani e tutti gli altri s’innalzeranno a europei e i loro pensieri indirizzeranno all’Europa e i loro cuori batteranno per lei come prima per le patrie più piccole”.
E qui vedo una peculiare responsabilità nostra e di tutta Milano, una responsabilità concreta.
Milano ha una storia e una identità che pochi territori hanno. Bisogna sviluppare la struttura di relazioni che rende dinamico il nostro sistema metropolitano.
Il contesto imprenditoriale milanese è uno dei più aperti del mondo, il nostro territorio vive di scambi. Cerchiamo e chiediamo dialogo e impegno comune perché da questa nostra città venga una spinta concorde alle soluzioni che occorrono al Paese e all’Europa.
Iniziando da noi e da quello che abbiamo in mano, e tra le tante cose penso all’EXPO. L’abbiamo sempre vista, e può veramente esserlo, un catalizzatore di energie e progetti, per ricollocare in quell’ambito le tante eccellenze del nostro territorio e l’esempio della forza di una vera collaborazione tra società, associazionismo, istituzioni. Cambiamo marcia, però. Tutti intendo dire.
Noi ci siamo, Assolombarda c’è, non solo per la responsabilità di “non demordere”, ma per la convinzione che da questa situazione usciremo e per la consapevolezza che le nostre aziende, anche se attraversano una fase critica, sono un punto di forza del Paese.
Il nostro posto è accanto agli associati. Nel dialogo quotidiano con loro, abbiamo riscontrato anche un bisogno di condivisione, di empatia, di umanità, di sentirsi insieme e abbiamo avuto la soddisfazione di sentire che:
“Assolombarda richiama un’unità di persone che sono orgogliose di essere Imprenditori”
oppure
“Non sentirmi da sola è ciò che con determinazione mi fa proseguire”
e anche
“Ce la faremo comunque.... c’è ancora tanto da fare in Italia!!”
Le imprese di Assolombarda guardano al futuro con più fiducia di quanto ne manifestano altri in Italia.
E’ con questo spirito che alla nostra città, alla nostra regione vogliamo dare un messaggio di non rinuncia, di orgoglio, e metterci a disposizione della comunità come sappiamo fare.
Siamo forti per la nostra passione, siamo solidi per i nostri risultati, siamo presenti per la nostra responsabilità.
Una nota personale. Quando ho assunto l’incarico di Presidente di Assolombarda, ho immaginato con questa disponibilità di poter diminuire il debito per le opportunità che la società mi ha offerto.
Ma sbagliavo.
In questi anni il mio debito di riconoscenza è aumentato nei confronti di tutti voi, uno per uno, lo sapete. Non potrò mai ripagarlo.
Per questo, con un anno di anticipo e tanta emozione, comincio da ora a dirvi grazie.
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