Relazione del Presidente Alberto Meomartini all'Assemblea 2011
Assemblea 2011
Relazione del Presidente Alberto Meomartini
Milano, 13 giugno 2011
A voi, cari ospiti, al Sindaco di Milano, ai Presidenti delle Province di Milano e di Lodi, al Presidente della Regione, ai parlamentari europei e italiani, alle Autorità di Governo, ai numerosi Sindaci del nostro territorio, alla Presidente del Tribunale di Milano, alla nostra Presidente Emma Marcegaglia, ai Segretari generali dei Sindacati e agli altri interlocutori del mondo sindacale, a tutte le autorità, ai colleghi – e sono tanti – presenti oggi, il mio e il nostro benvenuto e il mio e il nostro grazie.
Prima di entrare nel merito della relazione vorrei rivolgere un ringraziamento al Sindaco uscente Letizia Moratti e alla sua Giunta: sono stati anni di dialogo, di collaborazione e di progettualità.
Dialogo e progettualità che assicuriamo, con schiettezza e trasparenza di intenzioni, alla nuova Amministrazione di Milano e al Sindaco Giuliano Pisapia.
Un buon futuro si costruisce anche valorizzando il passato: a Milano ci sono stati, e prendo un esempio di rilevanza, un ampio dibattito e una lunga consultazione sul Piano di Governo del Territorio.
Spesso Assolombarda ne ha sottolineato e apprezzato la flessibilità applicativa. Altrettanto spesso ha espresso la necessità del suo completamento.
Nel pieno rispetto della sua autonomia, riconfermiamo alla nuova Amministrazione la disponibilità al confronto su questo tema così importante per lo sviluppo della città che ha bisogno davvero, e presto, di un quadro certo di indirizzo.
Oggi ci accolgono immagini che, come ogni anno, si rifanno a un’espressione della cultura della nostra città, a ricordarci il legame tra economia e società, tra creatività e comunità d’impresa.
Questa volta è la splendida Montagna del Sale di Mimmo Paladino, fotografata per noi da un altro artista, Ferdinando Scianna.
Dal sale vengono molte parole importanti per la nostra vita: salario, salute, salvezza… E dalla montagna, dai cavalli sulle sue pendici, si sprigiona energia creativa.
In più, è un’opera che in questi anni ha attraversato l’Italia: rappresenta bene l’unità, l’orgoglio dell’appartenenza, la volontà di trovare un nuovo impulso di crescita.
Entro nel merito: tradizionalmente, la nostra Assemblea è il momento in cui si fa il punto sull’economia del territorio partendo dal lavoro delle imprese; ma è anche l’occasione per un rendiconto di quanto Assolombarda ha fatto e per delineare le nostre responsabilità future.
Il nostro lavoro parte da una prima convinzione, un primo valore: la coesione. È la caratteristica intrinseca delle associazioni come la nostra, ma anche un valore sociale: una città, intesa in senso non puramente amministrativo, è coesa e capace di crescere solo e soltanto se riesce (tradotto: solo se noi tutti riusciamo) a creare legami e connessioni tra le sue parti.
Un altro valore costitutivo che unisce i nostri imprenditori è l’impegno totale per la legalità. E, quindi, il contributo ad affrontare la lotta alla criminalità organizzata. Un pericolo anche per il nostro territorio.
Abbiamo modificato il nostro Statuto, in linea con le proposte di Confindustria, per prevedere l’espulsione degli associati che non denunciano le pressioni delle organizzazioni criminali.
Per la stessa ragione, stiamo adeguando il protocollo di legalità firmato proprio nella nostra sede da Confindustria e Governo per poterne applicare le procedure alle imprese di ogni dimensione; e offriamo alle nostre imprese assistenza su questo tema, in collaborazione con le istituzioni.
In più, ed è un’iniziativa innovativa, con ALDAI, ISTUD, LUISS e Bocconi abbiamo organizzato un progetto di formazione per mettere a disposizione dell’‘Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata’ metodologie e manager per gestire le imprese confiscate.
Il Ministro Maroni, a cui vanno il nostro apprezzamento e il nostro grazie anche per questo, ci diede l’input proprio un anno fa, e noi l’abbiamo trasformato in un progetto che a breve diventerà operativo, finanziato interamente da Fondirigenti.
È un impegno ambizioso di cui non ci nascondiamo la difficoltà: ma consideriamo importante contribuire ad assicurare la continuità delle imprese sequestrate e confiscate; e pensiamo che sia un esempio di quel ‘creare collegamenti per creare coesione’ tra i diversi attori sociali che ho appena ricordato.
L’impegno dell’Associazione per la legalità passa anche per la lotta all’evasione fiscale. Che, quanto alla nostra responsabilità, vuol dire adempimento ai doveri e scoraggiamento del malcostume delle ‘piccole evasioni facili’. Ma è anche richiesta – una richiesta insistente – di semplificazione.
Il recente ‘decreto sviluppo’ ne ha introdotte alcune in materia tributaria, in parte suggerite dal Tavolo sulla semplificazione tributaria costituito l’anno scorso da Assolombarda, ma resta molto da fare. E la semplificazione è il primo modo per rafforzare la fiducia tra contribuente e fisco e per ridurre gli spazi di evasione.
Un altro valore che consideriamo fondante è la sicurezza sul lavoro che ci vede impegnati da molti anni in uno sforzo progettuale e realizzativo. Un’azione che spazia dalla collaborazione con le Organizzazioni sindacali al dialogo con le istituzioni locali, dalla realizzazione di approfondimenti tematici, a un’azione massiccia di formazione, in piena sintonia con il Governo e Confindustria.
Senza coesione e sinergie, legalità, sicurezza sul lavoro, non esisterebbe Assolombarda. Non esisterebbe l’associazionismo d’impresa.
Naturalmente, per la nostra associazione e per Confindustria contano anche altri valori di riferimento: li incontreremo nel breve cammino che oggi compiremo insieme.
Prima però, ancora sulla legalità, c’è un altro aspetto importante in sé, ma ancor di più nel nostro territorio: la tutela del diritto d’autore, la proprietà intellettuale.
I dati sulla pirateria sono impressionanti dal punto di vista economico e dirompenti per i comportamenti che diffondono, in particolare tra i giovani. Con l’aggravante che, per un’attività illegale, si invoca spesso un malinteso concetto di libertà.
Per ogni file scaricato legalmente ce ne sono almeno cento scaricati illegalmente. E, senza remunerazione dei titolari dei diritti di creatività, perdiamo una parte significativa della nostra identità imprenditoriale, perdiamo la forza della nostra cultura, perdiamo investimenti e occupazione.
Non a caso, sia Confindustria sia Assolombarda hanno messo questo tema tra le priorità da affrontare e sono determinate a farlo, con la consapevolezza che, prima ancora che di repressione, c’è da risolvere un problema di educazione e di cultura che coinvolge, insieme alle associazioni come le nostre, la responsabilità delle famiglie e della scuola. E proprio con il sistema scolastico stiamo definendo un progetto di educazione alla tutela dei marchi e del diritto d’autore.
Questi che vi ho citato sono esempi della parte meno nota del lavoro di Assolombarda: e, poiché il sistema associativo degli imprenditori è in movimento, cercherò di render conto della direzione in cui stiamo andando.
Tralascio l’analisi della situazione economica generale: la conosciamo a sufficienza per sapere che continua a destare preoccupazioni per la sua instabilità. È più utile osservare il cambiamento del tessuto imprenditoriale nel nostro territorio, la volontà di sviluppo dei nostri imprenditori e le loro azioni.
Il nostro territorio è un unicum: per la sua straordinaria vocazione all’export, per una capacità di innovazione a volte sorprendente, per la capacità di competere producendo beni che si affermano per qualità intrinseca e contenuto di servizio.
La media impresa è il fulcro di questo dinamismo. Mediobanca segnala che tra il 1999 ed il 2009, mentre il valore aggiunto delle grandi imprese diminuiva del 7,8%, quello delle medie cresceva del 28,6%, e che sono state loro a reggere meglio alla crisi. Così come sono state le medie imprese, negli ultimi dieci anni, a presidiare meglio i mercati esteri.
Ebbene: la sola provincia di Milano conta 330 medie imprese, oltre l’8% del totale censito da Mediobanca. E la Lombardia, con oltre 1.200, arriva al 31%.
Questa è una fotografia, ma non basta a definire una realtà in movimento. E ci troviamo tutti, e spesso, nella difficoltà di analizzare con categorie concettuali inadeguate i risultati del nostro lavoro, di classificare le nostre imprese in categorie merceologiche superate, di prendere in considerazione un territorio (per esempio ‘il Nord’ ) che non ha confronti al mondo per la presenza di aree urbane vitali e diffuse, di reti di insediamenti piccoli e grandi, quasi senza soluzione di continuità.
“Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito”. Ecco, per qualche verso, di fronte alla novità che il mondo ci presenta, ci troviamo nella situazione degli abitanti di Macondo in Cent’anni di solitudine.
Semplifichiamo per necessità, ma finiamo per non capire. La realtà che abbiamo davanti obbliga anche le associazioni imprenditoriali a ridefinire in continuazione modi e confini del loro agire, a cogliere e a adeguarsi ai movimenti di sistole e diastole di un organismo, appunto, vivo e vitale.
Negli ultimi anni il tessuto imprenditoriale milanese e lombardo ha retto e, in molte sue componenti, ha migliorato le proprie posizioni competitive (certo, conosco bene le difficoltà di molte imprese, le chiusure, i problemi occupazionali, ma vi ritornerò a breve).
Lo deve certamente alle sue capacità imprenditoriali diffuse, ma anche – tengo a sottolinearlo – alla qualità dei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni. Le voglio ringraziare per questo e perché, in larga parte, ispirano il loro ruolo a una concezione liberale di sussidiarietà che le spinge a non sostituirsi agli attori sociali, e invece a creare le condizioni perché gli attori sociali possano agire.
Certo, per la nostra ‘tenuta’ hanno contato molto anche gli interventi del Governo, soprattutto nella fase acuta della crisi: sottolineo con grande apprezzamento il ruolo svolto dagli ammortizzatori sociali, a difesa dei lavoratori ma non solo; e ricordo le innovazioni in campo educativo e la nascita di strumenti selettivi come il Fondo Italiano d’Investimento, il sostegno al Fondo Centrale di Garanzia, la moral suasion svolta nella moratoria sui debiti, la difesa del bilancio pubblico, i nuovi strumenti per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, il riconoscimento dei contratti di rete.
Appariva più chiara, in quei momenti, una visione complessiva di governo.
L’anno scorso la ripresa nel nostro territorio si è consolidata ed è continuata, anche se più cautamente, anche negli ultimi mesi. Le spinte maggiori alla crescita continuano ad arrivare dal mercato estero, mentre la domanda interna mostra tassi di recupero più modesti.
Cosa prevedono ora le nostre imprese? Da un lato, quasi metà delle 450 che abbiamo appena intervistato pensa di chiudere il 2011 con un fatturato ancora inferiore a quello del 2008. Dall’altro, le imprese che hanno puntato sull’offerta di nuovi prodotti e servizi, sulla ricerca e innovazione e sullo sviluppo della presenza nei mercati internazionali, chiuderanno il 2011 con un valore di vendite addirittura superiore al 2008.
La propensione all’export è un segno distintivo del modo di operare delle imprese milanesi e lombarde: grazie al traino della domanda estera, per molte di loro, oggi, la ripresa si mostra intensa.
Sono imprese ‘in movimento’ che stanno aumentando il numero di mercati esteri serviti e ampliando le modalità di intervento, passando dalla sola vendita alla presenza commerciale e produttiva. E sono decise a puntare su nuove aree geografiche, per inseguire i mercati a crescita più forte come Cina, India e Brasile.
Cerchiamo di ascoltarle spesso, le imprese associate. Parlo con la consapevolezza e l’orgoglio di un’associazione che, nel 2010, ha avuto oltre 100.000 contatti diretti con i propri associati: in media più di 420 al giorno. La loro partecipazione alla vita associativa è una garanzia della nostra vitalità.
Molti, ad esempio, hanno partecipato all’indagine approfondita che abbiamo svolto, insieme all’Università Bocconi e all’interno di un quadro nazionale di Confindustria, sulle mosse strategiche delle imprese per rafforzare lo sviluppo nel medio termine. E lo hanno fatto mettendo a disposizione tempo, davvero molto, e condividendo esperienze e progetti.
Dall’indagine è emerso uno spaccato di vita recente di aziende di successo che crescono grazie a qualità, flessibilità di adattamento, velocità di risposta alle nuove richieste della clientela. Capitalizzando, investendo e senza chiedere alcun sussidio pubblico.
Imprese che, rispetto ai concorrenti, si sentono molto forti nelle aree tecniche e ben posizionate sul fronte commerciale: si sentono nettamente superiori per prodotto, immagine, flessibilità produttiva e qualità del capitale umano. Mentre identificano prezzi e costi come il principale vantaggio dei competitor, che spesso sono imprese multibusiness che possono essere grandi il doppio, se non 5 o 10 volte più di loro. Del resto, che il nostro sistema sia fatto soprattutto di PMI non è una novità.
Da questo e da altri approfondimenti è emerso chiaro un compito che il sistema associativo può svolgere, e che riguarda in primis la patrimonalizzazione delle imprese. È un fronte su cui lavoriamo intensamente, soprattutto con il Fondo Futurimpresa promosso dalla Camera di Commercio e con il Fondo Italiano d’Investimento, a operazioni di scouting e primo contatto con imprese potenzialmente partecipabili; e insieme a Borsa Italiana continuiamo a promuovere le Azioni Sviluppo, strumento per raccogliere capitale senza diluire la proprietà.
Ma abbiamo anche aiutato le nostre imprese ad affrontare le conseguenze finanziarie della crisi nel breve periodo, instaurando modalità innovative di relazione con il sistema bancario, basate sullo scambio, per così dire, tra maggiore trasparenza da parte delle imprese e maggiore disponibilità delle banche a superare, come in effetti è spesso avvenuto, gli automatismi sempre più diffusi nell’erogazione del credito. Tra gli effetti positivi che abbiamo saputo cogliere dalla crisi, c’è un rapporto banche-imprese più stabile e positivo.
Un altro nostro specifico supporto alle imprese riguarda l’internazionalizzazione.
Anche in questa ‘avventura’, infatti, le nostre imprese chiedono sostegno, informazione, promozione, finalizzazione di risorse e aiuto all’aggregazione soprattutto a Camera di Commercio e Assolombarda: ancora una volta, organizzazioni territoriali, a riprova dell’importanza dei rapporti solidi e sistemici che proprio sul territorio nascono e si sviluppano.
Per gli economisti, è un tassello importante di quello che definiscono ‘capitale territoriale’. Per la nostra associazione, è soprattutto una responsabilità rilevante. Per tutti, è l’ennesima prova dell’importanza delle relazioni e delle connessioni nella nostra città senza confine.
La criticità maggiore è l’occupazione e l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.
A Milano il tasso di disoccupazione ha sfiorato il 6% nel 2010, ben al di sopra del livello frizionale pre-crisi del 3,9%, ma sempre molto al di sotto dell’8,4% italiano. Negli ultimi mesi arrivano segnali di miglioramento a livello milanese, con un trend discendente delle richieste di Cig Ordinaria. Richieste che, nelle aziende di Assolombarda, sono scese ancora più velocemente.
Sono segnali da non sottovalutare, considerando la capacità di anticipare le tendenze nazionali che le evidenze statistiche attribuiscono all’economia milanese. Ma, soprattutto, segnali da cogliere e mettere a tema insieme a un interlocutore fondamentale come il Sindacato.
Come è noto, il rapporto fluido e costante con le Organizzazioni sindacali che continua a caratterizzare le relazioni industriali nel nostro territorio consente di realizzare molte iniziative utili per le nostre aziende e per chi vi lavora.
È una relazione fatta di rispetto e concretezza, pragmatismo, voglia di unire e non di dividere, volontà di superare gli ostacoli e nessuna paura del nuovo.
Proprio la qualità di questo rapporto mi spinge a chiedere direttamente ai Segretari seduti in sala: perché non proviamo a immaginare qualcosa di veramente innovativo per il nostro territorio? Qualcosa che abbatta qualche tabù, sia dalla nostra sia dalla vostra parte, e che possa costituire un esempio coraggioso per il resto del Paese?
Non ho, credetemi, un’idea già pronta da tirare fuori dal cassetto. E non penso che sia questa l’occasione adatta a entrare nel merito di una proposta specifica. Ho solo la sensazione molto netta, come tanti, che sia arrivato il momento di portare innovazione nel nostro mondo del lavoro, e che qui, sul nostro territorio, se ne possa ragionare.
Capitalizziamo qui ed ora la nostra intelligenza, la nostra esperienza, il nostro modo franco di confrontarci. Proviamo a mettere in cantiere un esperimento, anche per testimoniare che non sarà il timore della sconfitta a frenare la volontà di costruire il nuovo. Mettiamoci tutti nella condizione di dire: “Ci abbiamo provato”.
Partiamo dai giovani.
Per noi non sono un’opzione, ma sono al centro di una linea strategica di progettualità e azione: è in gioco il futuro delle nostre imprese, ma anche del Paese. E avvertiamo un dovere nei confronti di una generazione di italiani a cui affidare una speranza e una possibilità di piena cittadinanza economica e sociale.
Parlare ai giovani, aiutarli a orientarsi e a trovare la loro strada nel mondo del lavoro è, per Assolombarda, una mission istituzionale. La rendiamo concreta con una molteplicità di progetti e di iniziative che coinvolgono, in una logica collaborativa e di rete, le imprese, le istituzioni educative del territorio e tutti i soggetti che fanno orientamento e formazione per le nuove generazioni.
Collaboriamo con decine di scuole, centinaia di docenti, migliaia di studenti. E buona parte dei 30.000 stage che si svolgono sul nostro territorio passano per Assolombarda.
Il sistema produttivo sta tornando a investire sui giovani. Sono sempre di più le imprese del nostro territorio dotate di piani strutturati di inserimento, crescita e valorizzazione delle risorse junior: le prime 50 imprese nostre associate, che danno lavoro a oltre 160 mila persone, ci segnalano che le assunzioni di giovani laureati e diplomati stanno tornando progressivamente a livelli pre-crisi (per il 2011, prevedono di assumerne quasi 5.000).
Qualificare Milano come “città dei talenti e delle intelligenze” è un obiettivo irrinunciabile anche per l’efficacia delle politiche di marketing e sviluppo territoriale.
Milano è uno dei poli di alta formazione più articolati e qualificati del Paese: con un’azione di sistema ben orchestrata possiamo renderla attrattiva per un numero crescente di giovani – studenti, ricercatori, professionisti – portatori di creatività, cultura innovativa, competenze qualificate, provenienti dal resto del Paese e del mondo.
Dobbiamo consolidare quanto di buono è stato fatto proseguendo con la semplificazione delle procedure d’ingresso per le alte professionalità straniere, il sostegno all’housing giovanile, la promozione internazionale del sistema universitario cittadino, la visibilità dei tanti progetti d’inserimento e crescita dei giovani nelle imprese.
Ed è essenziale valorizzare il contratto di apprendistato, anche sulla base delle ultime intese sindacali e della recente proposta di Testo Unico, per dare al rapporto giovani-imprese una cornice contrattuale anche nei segmenti più alti delle professionalità aziendali.
È un terreno su cui l’associazione è attiva, sia a sostegno dell’apprendistato professionalizzante, sia verso l’apprendistato in alta formazione che la sperimentazione a livello lombardo consente di applicare a percorsi Master e ai Dottorati di Ricerca.
Le imprese sono sempre più impegnate anche nella formazione continua, grazie in particolare a canali di finanziamento e gestione come Fondimpresa e Fondirigenti che, infatti, hanno visto crescere in misura rilevante il loro utilizzo.
E Assolombarda, insieme alle organizzazioni sindacali milanesi e alla Regione Lombardia ha sottoscritto un Protocollo operativo per la certificazione delle competenze acquisite con i corsi finanziati da Fondimpresa: di fatto, una sperimentazione concreta di raccordo tra le politiche di Fondimpresa e quelle della Regione.
Sulla stessa linea della valorizzazione dei fondi interprofessionali si colloca il successo di Ecole, società consortile promossa nel 2009 con Confindustria Lecco, Confindustria Monza e Brianza e UCIMU: un progetto innovativo di ‘ingegneria associativa’ che nasce dalla volontà di fare sinergia all’interno del sistema confindustriale, mettendo a fattor comune le competenze degli enti consorziati, consolidando e rendendo stabile una rete già attiva da diversi anni.
Nel 2011 Ecole, grazie ai progetti ad oggi approvati sui diversi canali di finanziamento (Regione Lombardia, Fondimpresa e Fondirigenti), realizzerà 650 percorsi formativi per un totale di 13.400 ore di formazione, con la partecipazione di 5.600 lavoratori provenienti da oltre 700 aziende.
Molti dei giovani migliori lasciano l’Italia per andare all’estero a studiare o lavorare: non è un valore negativo in sé, anzi. La comunità scientifica e quella imprenditoriale internazionale vedono molti italiani in posizione di responsabilità: prova della qualità del nostro sistema educativo, e di un dinamismo che certo non ci manca, e che rende anche più facile costruire legami con il nostro Paese. Ma pochi giovani stranieri scelgono di venire nel nostro Paese e questo, sì, è un valore negativo.
La presenza di docenti, studenti e imprenditori stranieri in Italia è fondamentale. La cultura imprenditoriale, la cultura in generale, ha bisogno di un ambiente aperto, cosmopolita, di scambio. Un clima difficile da trasformare in dati e tabelle, ma determinante per creare quel “qualcosa nell’aria”, per parafrasare Alfred Marshall, che rende viva e unica una comunità.
Vanno in questa direzione due progetti a cui stiamo lavorando con le università. Il primo è una ‘fiera internazionale’ del sistema universitario lombardo che metta in mostra quanto l’insieme dei nostri atenei può offrire alla comunità internazionale degli studenti. Un’idea che coagula entusiasmo e volontà di collaborazione, da parte di tutti.
L’altro progetto, nato su proposta delle università stesse, punta a realizzare un insieme di servizi per agevolare l’arrivo di docenti stranieri a Milano e in Lombardia, dall’appoggio per i visti e i permessi di soggiorno, all’aiuto per trovare scuole e lavoro per i figli e i familiari.
Sulle nuove generazioni, un’ultima considerazione. Colpisce il fatto che molti dei nostri giovani vadano all’estero per svolgere un’attività di studio o di lavoro che in Italia definirebbero di precariato e che altrove, invece, vivono come parte di un progetto di crescita.
Se dovessi riassumere le nostre responsabilità, direi: trasformiamo il precariato in un percorso progettuale.
Anche perché oggi viviamo un paradosso drammatico: imprese che, come abbiamo visto, cercano giovani con professionalità che non trovano; scuole che stentano a trovare iscritti per formare le professionalità che servono.
Per risolvere il problema non basta riformare il sistema normativo. Nessuna legge può sostituire l’impegno di istituzioni e associazioni nell’attività di orientamento e nel dialogo tra scuola e lavoro.
È un campo nel quale siamo attivi da anni, insieme alle istituzioni scolastiche che non potrò mai ringraziare abbastanza per l’entusiasmo della loro collaborazione. Pensate che in un anno abbiamo coinvolto in un’azione strutturata di orientamento, dentro e fuori la nostra associazione, più di 6.000 ragazzi. E ne abbiamo coinvolti altri 5.000 nell’alternanza scuola-lavoro.
Oggi sono qui, a rappresentarli simbolicamente, alcune scuole che hanno lavorato con noi in modo sistematico: gli istituti Molinari, Oriani Mazzini, Maria Immacolata.
Di questo impegno sono protagonisti, soprattutto, moltissimi dei nostri imprenditori. E non potrebbe essere altrimenti; il quadro normativo che abbiamo sollecitato anche noi per gli istituti tecnici e l’università permette e richiede un ruolo attivo da parte di chi fa impresa. Saremo misurati su questo, come è giusto, perché è nelle nostre capacità e nelle nostre responsabilità.
Attrarre talenti per qualificare il territorio, qualificare il territorio per attrarre imprese.
Anche noi cerchiamo di concorrere a sviluppare il capitale territoriale, lavoriamo per contribuire a creare le condizioni per cui anche nuove imprese estere scelgano di venire qui.
Gran parte delle multinazionali in Italia sono localizzate a Milano: le coinvolgiamo nella vita associativa, ne ascoltiamo esigenze e problemi, cerchiamo di sostenerle nei loro progetti.
Molti dei loro manager lottano per convincere la casa madre a restare con attività produttive e di ricerca in Italia dove, a loro dire, trovano capitale umano di qualità, ma temono soprattutto una cosa. Sì, certo, il fisco conta, ma non lo mettono al primo posto: la loro preoccupazione più grande è l’instabilità normativa, la difficoltà di valutare – e spesso anche di interpretare – il quadro delle leggi di riferimento.
Vorrebbero un contesto di regole più semplice, stabile e chiaro. Non mi sembra chiedano tanto.
Ma, in fondo, anche questo non basta. È evidente che l'attrattività dell'Italia e del nostro territorio è legata a tanti fattori, ma uno forse è il più importante, anche per la nostra stessa convivenza. Si chiama fiducia, si chiama clima. Fiducia, clima di civiltà del confronto, elementi indispensabili per facilitare l’aggregazione, alimentare la tensione di speranza nel futuro e favorire la mobilità sociale, che è il sale – appunto – delle società liberali.
Voglio affrontare insieme a voi un altro tema di enorme interesse imprenditoriale: un emblema dei cambiamenti in atto nell’area milanese e lombarda e del cambiamento alle porte nel sistema associativo. Sto parlando di una realtà industriale importante, e per certi versi sorprendente: il network della green economy.
Abbiamo censito le imprese associate che operano nei diversi comparti del business ecosostenibile. L’area milanese è un contesto di assoluto rilievo nelle competenze energetiche e ambientali: le imprese di Assolombarda che operano nelle filiere della green economy (aria, acqua, suolo e bonifiche, rifiuti, rumori esterni, prodotti ecocompatibili, energie da fonti rinnovabili, efficienza energetica e mobilità sostenibile) sono circa 400, con un fatturato globale di oltre 50 miliardi di euro e con più di 25.000 addetti.
E Milano – ecco il dato più importante emerso dal progetto – ha tutto il potenziale necessario per qualificarsi come capitale di un green economy network di rilevanza internazionale. Non solo per il numero e la qualità delle imprese che vi operano, ma per la presenza di un tessuto di istituzioni economiche e finanziarie, centri di ricerca, università, associazioni, che costituisce nel suo insieme un patrimonio di risorse unico a livello nazionale e tra i più importanti a livello mondiale.
Non a caso molte aziende statunitensi già guardano con interesse a questa realtà, tanto che il primo gennaio di quest’anno, in collaborazione con il Consolato Generale degli Stati Uniti d’America a Milano, abbiamo lanciato uno sportello USA Green Economy per potenziare le relazioni e gli accordi tra aziende italiane e americane del settore.
E proprio a questo proposito ho ricevuto una bellissima lettera del Console americano Carol Perez che da pochi giorni ha lasciato la nostra città: parole di ringraziamento per la collaborazione mostrata dagli imprenditori milanesi su questi temi che nel suo messaggio definisce “obiettivo comune che il Governo americano condivide con Assolombarda”. Ma siamo noi, oggi, a ringraziare per la sua collaborazione il Console generale Perez: la salutiamo con grande affetto e stima.
Torniamo al nostro network, che chiamiamo così perché non è qualificabile con criteri merceologici tradizionali. E, d’altronde, non è sufficiente né utile indicarlo con un dito…
Certo è che ci troviamo alle prese con un soggetto per molti aspetti nuovo. Esiste (50 miliardi di euro di fatturato, eccome se esiste!) ma l’abbiamo identificato noi, convinti che potremo promuoverne la crescita, che potremo favorire la condivisione di know how, di scenari di sviluppo, di progetti specifici, di percorsi di formazione, di opportunità di accreditamento verso gli enti di ricerca, di maggiori occasioni di visibilità.
In un certo senso, sono state proprio le aziende ad assegnarci un ruolo – di aggregatore e sviluppatore – per molti aspetti nuovo anche per noi. Una sfida organizzativa che ci impone di ripensare il modo in cui siamo e facciamo associazione.
E, insieme, un segnale di vitalità del nostro sistema di piccole imprese (la gran parte delle aziende del network ha meno di 50 dipendenti). Complessivamente, un segnale positivo e un’indicazione per altre aggregazioni e altre reti sul territorio.
Mi avvio alla conclusione, consapevole di aver tralasciato molti temi importanti, dalle infrastrutture al fisco, per citarne due. Ma l’Assemblea di un’associazione territoriale, anche se la più grande come la nostra, non è la duplicazione dell’Assemblea di Confindustria, e sarà la nostra Presidente, tra poco, ad affrontare questi punti.
Almeno sulle infrastrutture, però, ho anch’io un’osservazione da fare.
Resto convinto che la realizzazione materiale di un sistema infrastrutturale adeguato dipenda prima di tutto – prima ancora che dalle risorse finanziarie – dalla capacità del Paese di realizzare quell’infrastruttura immateriale che sono le regole.
Le regole, le buone regole, promuovono il concorso del capitale privato e promuovono una valutazione dell’investimento più coordinata con altre iniziative, magari che insistono su territori vicini, evitando errori come una proliferazione inefficiente di aeroporti, di fiere e, qualche volta, di sedi universitarie. Errori che in più di un caso anche le nostre richieste e le nostre insistenze hanno concorso a generare.
Non chiediamo leggi speciali, ma molto, molto di più. Chiediamo leggi ‘normali’, cioè comprensibili e stabili nel tempo.
E anche qui avanziamo una proposta: perché le società di gestione degli aeroporti lombardi e limitrofi non prendono in considerazione il modello di contratto delle reti di impresa? Mi sembra che nulla lo impedisca, e forse è un modo per superare qualche veto da eccesso di localismo.
Tiro le fila. Quello che facciamo e quello che ci proponiamo di continuare a fare è mettere in gioco pienamente le nostre capacità e la nostra responsabilità. Questo comporta una sola richiesta, ma imprescindibile, alla politica e alle istituzioni: che anche loro si mettano in gioco fino in fondo. Che l’esercizio delle loro responsabilità determini quelle condizioni di semplicità e stabilità di cui una comunità propositiva, ricca di risorse, competenze e voglia di costruire, non può fare a meno.
Non dimentichiamolo: Milano è figlia di una visione d’impresa che nei periodi migliori ha guardato fuori da se stessa per sostenere il proprio sviluppo. Non ci sarebbe la nostra eccellenza nel design e nella moda, nella sanità e nella meccanica, nella chimica, per citarne alcune, se in anni lontani un establishment di imprenditori intelligente e aperto non avesse contribuito a creare, con visione e generosità, un sistema formativo, un sistema di welfare e di accoglienza, e strutture di ricerca che hanno costituito le fondamenta delle nostre imprese di oggi.
E l’indagine che ogni anno svolgiamo con le Organizzazioni sindacali in tema di lavoro mostra un numero crescente di imprese milanesi che svolgono politiche attive per l'inserimento dei lavoratori immigrati e politiche di welfare. La nascita di molte Fondazioni per trasmettere al di fuori dell'impresa conoscenza e cultura, e la vitalità dei musei d’impresa sono il segno di una comunità in crescita.
Sono convinto che questa consapevolezza, che oggi chiamiamo di responsabilità sociale, si stia riconsolidando nel nostro territorio e nelle nostre imprese: e non credo di essere un visionario.
Per concludere il mio intervento due immagini simboliche, che vengono entrambe dallo spazio.
La prima è la missione ‘tricolore’ dello Shuttle, tricolore non solo per la presenza di un astronauta italiano. Sulla Stazione Spaziale Internazionale è stato installato il più grande esperimento a bordo del laboratorio orbitale, lo spettrometro magnetico AMS-02, che per vent’anni raccoglierà dati per indagare l’origine dell’universo. È un progetto internazionale coordinato dal prof. Samuel Ting (MIT) e dal prof. Roberto Battiston (IFNT). A dare il più grande contributo industriale all’esperimento è stata CGS SpA: un’azienda milanese e un’azienda di Assolombarda (concedeteci un po’ di orgoglio) che per oltre dieci anni ha lavorato su questo progetto.
Un’eccellenza dei risultati e un’eccellenza del metodo di lavoro: questa immagine è simbolo della collaborazione tra mondo della ricerca e industria privata, tra scienziati e imprenditori, tra istituzioni nazionali e internazionali...
E, anche, di un modo di intendere l’associazionismo imprenditoriale. Non a caso, CGS è una delle imprese che collaborano più attivamente con Assolombarda sui temi del trasferimento tecnologico (con il coinvolgimento di 100 giovani di università italiane, tedesche, francesi, statunitensi e cinesi, che hanno completato i loro studi presso l’azienda) e della promozione dell’alta formazione.
Ecco, oggi ho cercato di descrivere ciò che fa e vuole fare Assolombarda: almeno in parte, almeno per alcuni, penso, una sorpresa. Ho cercato di mostrarvi ‘l’altra faccia della Luna’ del nostro associazionismo. Sul bilancio sociale, che è il vero bilancio di un’associazione, potrete trovare dati e numeri che testimoniano l’entità di questo lavoro.
L’altra faccia della Luna: è l’ultima immagine della nostra assemblea, una metafora.
Il 1968 fu un anno critico per gli USA: l’inasprimento della guerra in Vietnam, l’uccisione di Bob Kennedy e di Martin Luther King. Allora, gli Stati Uniti pensarono di realizzare qualcosa di non previsto, che potesse ridare fiducia al paese. La NASA organizzò una missione non programmata, il lancio dell’Apollo 8, per portare l’uomo per la prima volta intorno alla Luna, a guardarne con i propri occhi la faccia nascosta. Il viaggio più lungo e avventuroso mai realizzato.
Di quella missione, restano soprattutto un’immagine e un’emozione. Girando dietro alla Luna, l’uomo scopre di colpo la bellezza e l’importanza del luogo da cui è partito, e Frank Borman scatta questa straordinaria fotografia dell’alba della Terra vista dalla Luna.
La metafora finisce qui. È il viaggio delle nostre imprese nei mercati più lontani, che ci fa scoprire l’importanza del territorio da cui veniamo e la necessità di trovare qui le basi e le condizioni per sviluppare le imprese stesse.
Qui, con il lavoro di tutti noi. Ognuno di noi ha il suo ‘qui’ in cui vivere le proprie responsabilità.
Ai miei colleghi, a tutti gli imprenditori che qualche volta mostrano un impegno che va un millimetro (o un metro) oltre la razionalità, dedico questa frase di Saul Bellow. “Ed è possibile che avesse perso la testa, che fosse trasportato dalle sue idee. Perché non era un semplice sognatore, ma uno di quelli che realizzano i propri sogni, un uomo con un programma. E quando dico che aveva perso la testa, non intendo che la ragione lo avesse abbandonato, ma che il suo entusiasmo e la sua visione lo trasportavano lontano”.
Grazie di cuore.
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