Relazione del Presidente Alberto Meomartini all'Assemblea 2010
Assemblea 2010
Relazione del Presidente Alberto Meomartini
Milano, 14 giugno 2010
Autorità, colleghe e colleghi, interlocutori del mondo sindacale, cara Presidente,
prima di tutto un grazie per la vostra presenza oggi, ma soprattutto per il contributo dato, in quest’anno di lavoro particolarmente difficile, alla costruzione di un sistema territoriale di relazione e di scambio.
Nell’assumere l’incarico di vertice di Assolombarda, avevo provato a fare pubblicamente un’agenda di impegni in nome delle nostre imprese, basata sulla convinzione, oggi ancora più radicata, che ciò che rende forte ed attrattiva una città, un’area, non sono le singole eccellenze, ma le interdipendenze che creiamo.
Ciascuno di noi ha un titolo e una responsabilità da esercitare nell’interesse collettivo, con la sua individualità a disposizione della comunità. Con parole di ben altra altezza, Tucidide lo fa dire a Pericle:
“Consideriamo chi non partecipa (alla comunità) non già inerte (apragmon) ma inetto (achreios)”.
Vorrei rendere conto del lavoro fatto in questa direzione.
La crisi del pensiero
Prima, qualche brevissima considerazione sulla crisi.
Ho quasi paura a pronunciare la parola crisi che, a forza di essere usata da tutti e in tutte le circostanze, rischia quasi di perdere significato.
Il Governatore della Banca d’Italia ne ha nei giorni scorsi sintetizzato la genesi e lo sviluppo: “La radice della crisi che investe il mondo da quasi tre anni sta in carenze regolamentari e di vigilanza nelle piazze finanziarie più importanti”.
Ma spero che oggi sia più condivisa l’opinione che la situazione che stiamo vivendo, e che pagano soprattutto le categorie più deboli e i giovani, anche nel nostro territorio, prima ancora che da errori di gestione della finanza internazionale e dei suoi controllori, origini da una crisi di pensiero.
Un pensiero omologato, apparentemente stabile, è il principale ostacolo alla stabilità.
“Gli idoli del pensiero alla moda”, come li chiamò con crudezza Solženicyn davanti agli studenti di Harvard più di trent’anni fa.
Tra questi idoli, certamente, una diffusa convinzione della visione a breve delle attività, in particolare finanziarie: e, per dirla con la sinteticità esemplare del latino (e di Virgilio!), “auri sacra fames”, la esecranda ingordigia di ricchezza, anche se disgiunta dal merito e dalla verifica del contributo alla crescita della società, che è cosa ben diversa dalla ricerca di un profitto stabile nel tempo.
Meglio, molto meglio, ascoltare e far proprio l’invito di Steve Jobs agli studenti americani: “Stay hungry, stay foolish!” Traduco liberamente: non saziatevi del tutto, e sviluppate un pensiero fuori dal coro!
Cento anni
Nei giorni scorsi abbiamo premiato nostre aziende che da cent’anni partecipano a Confindustria:
- Abb;
- Arnoldo Mondadori Editore;
- Edison;
- Falck;
- Kme Italy (ex Gruppo Orlando);
- Pirelli & C.;
- Pozzi Ginori;
- Prysmian (ex Pirelli Cavi).
Imprese che hanno attraversato un secolo di cambiamenti epocali dal punto di vista politico, economico, sociale, tecnologico e culturale. E che, se anche possono avere cambiato denominazione o assetto proprietario, non mostrano affatto il peso degli anni.
Anzi, continuano a rappresentare un fiore all’occhiello del sistema produttivo, non solo nel contesto locale, ma anche a livello nazionale e internazionale.
I loro cento anni di appartenenza a Confindustria sono la testimonianza più efficace della forza e del significato dell’associazionismo industriale: non solo lo stare insieme di imprese e imprenditori con convinzioni comuni, ma il loro esercitare le proprie responsabilità nella relazione, nello scambio e nel confronto con tutti gli attori della società.
Un aspetto positivo della crisi
Voglio esprimere subito una convinzione importante, una premessa.
La crisi che stiamo vivendo ha anche conseguenze positive: ha collocato l’impresa al centro della considerazione sociale, come attore di sviluppo.
E quindi assegna a imprenditori, manager e all’associazionismo d’impresa, nuove responsabilità di grande peso.
(Quando, a ottobre dell’anno scorso, abbiamo organizzato ad Assago il “Wellcome Day” delle nuove aziende iscritte a Confindustria con migliaia di partecipanti – perché il nostro sistema è vivo e cresce – abbiamo verificato e toccato con mano questo senso di responsabilità).
Questa responsabilità ci porta a ripensare i fondamentali del nostro agire da imprenditori e da cittadini, a definire un nuovo codice – interiore ma visibile, la nostra identità, in altre parole, di imprenditori e dirigenti – e a ripensare il ruolo dell’impresa e delle regole nella società come elementi da consolidare nel medio periodo.
Intendere le proprie responsabilità come parte di quelle collettive era ed è la motivazione alla base del lavoro di Assolombarda.
Il metodo di lavoro
In questo anno abbiamo lavorato in aperta, efficace e schietta collaborazione con Comune, Provincia e Regione per sviluppare opportunità di crescita: per quanto questa collaborazione sia nei compiti istituzionali, sento davvero il bisogno di esprimere un apprezzamento forte al Sindaco Moratti, al Presidente Podestà e al Governatore Formigoni per la convinzione con cui hanno ascoltato e promosso, in molti casi, la soluzione di problemi, rafforzando la convinzione che è il sistema di rapporti a creare sostegno, sviluppo e attrattività.
Ne abbiamo avuto una riprova dagli incontri con le nostre aziende.
In questi mesi gli imprenditori di Assolombarda hanno incontrato Ministri, Parlamentari europei ed italiani, studiosi, responsabili delle più importanti istituzioni bancarie e di finanziamento delle attività produttive, delle organizzazioni per lo sviluppo delle imprese all’estero, delle organizzazioni sindacali, amministratori locali, colleghi imprenditori di tutte le regioni italiane, contribuendo a costruire quelle reti di confronto e di conoscenza dei problemi che costituiscono la base della crescita della nostra società.
Esprimo soddisfazione a questo riguardo.
Manuel Vasquez Montalban ha scritto un famoso libro sulla solitudine del manager: ma la solitudine, francamente, non è uno stato esistenziale che ho vissuto in quest’anno in Assolombarda, tutt’altro!
Fuori dalle citazioni, un anno di crisi è stato un anno di attività e di vitalità per superarla.
Una sottolineatura: il lavoro di semplificazione normativa drastico svolto dalla Regione, quello svolto dalla Provincia in tema di formazione e orientamento al lavoro, quello svolto dal Comune per la nascita di nuove imprese e la semplificazione – solo esempi di un’attività più vasta – ci permettono di dire che non tutte le amministrazioni pubbliche sono uguali, ovviamente, e, se molto resta ancora da fare, bisogna riflettere prima di interrompere strade che vanno nella direzione giusta.
E un ringraziamento e un apprezzamento particolare vanno al Ministro Maroni, che ha significativamente voluto essere con noi in questa giornata, e che negli scorsi mesi è stato interlocutore di Confindustria e Assolombarda sui temi fondanti della lotta all’illegalità, matrice comune del nostro impegno di lavoro e di cittadinanza.
La domanda
La domanda che più frequentemente mi viene rivolta, e che viene rivolta alla maggior parte di voi, è: dal tuo punto di osservazione, vedi la fine della crisi? E se non ora, quando?
Come tutti, le nostre imprese e i nostri collaboratori registrano la fine della caduta drammatica del commercio internazionale, dei principali indici della produzione e della domanda, e non temono più il crollo fallimentare del sistema finanziario internazionale, dopo aver contabilizzato l’anno scorso – per la prima volta in sessant’anni – il decremento del PIL mondiale.
Ma non dimenticano che, per arrestare questo collasso, si è messo in piedi il più costoso intervento di salvataggio della storia. E fanno i conti con problemi di posizionamento nel nuovo contesto competitivo radicalmente cambiato.
E guardano, guardiamo, con forte preoccupazione gli stessi volti di prima, nella gran parte dei casi, negli stessi posti di comando delle più grandi istituzioni finanziarie internazionali, come una sorta di Facebook che si è bloccato, ‘impallato’, immutato nel tempo.
Eppure, qualche responsabilità l’hanno avuta, gli immutabili: la causa scatenante, infatti, mi sembra abbia preso avvio da Wall Street e dintorni, non da Sintagma (la piazza centrale di Atene…).
Con questo voglio semplicemente dire che rimane il timore che i cambiamenti necessari nelle regole di governo della finanza internazionale difficilmente possano essere fatti da coloro che per tanto tempo li hanno allontanati.
Ma, ripeto, l’atteggiamento degli imprenditori è di guardare ciò che possono fare, singolarmente e associati, e di farlo.
La realtà e la fiducia
Davanti a questa situazione di crisi, che mostra i segni di una qualche inversione di tendenza, dobbiamo tutti avere un atteggiamento responsabile di analisi della realtà.
Non possiamo fare come Sherazade che, per salvarsi la vita, ha raccontato fiabe per mille e una notte.
Ed è proprio l’analisi della realtà, e la consapevolezza delle qualità che possiamo mettere in campo, a infondere un ragionevole atteggiamento di fiducia e di speranza, riconsiderando il ruolo dell’impresa nella società e le sue responsabilità di sviluppo, ricollocando nel medio e lungo periodo il compito dell’impegno imprenditoriale e manageriale, e riconsiderando anche il ruolo dell’associazionismo imprenditoriale, chiamato oggi, dopo cent’anni, a un nuovo straordinario impegno nella comunità che contribuisce a far crescere.
Lo stiamo riscontrando anche in queste settimane.
Le spiegazioni...
Non abbiamo più bisogno di ulteriori spiegazioni sulle cause della crisi.
Abbiamo bisogno di modificare il modo di pensare e di proporre e agire comportamenti conseguenti e coerenti con la visone del ruolo dell’impresa per lo sviluppo della società nel medio periodo.
Saul Bellow, qualche decennio addietro, sosteneva:
“… L’uomo intellettuale era diventato un essere spiegante. I padri ai figli, le mogli ai mariti, i conferenzieri agli ascoltatori, gli esperti ai profani, i colleghi ai colleghi, i medici ai pazienti, l’uomo alla propria anima, tutti spiegavano. Le radici di questo, le cause di quest’altro, l’origine di determinati eventi, la struttura, i motivi per cui. Nella maggior parte dei casi, entravano da un orecchio e uscivano dall’altro. L’anima voleva quel che voleva. Aveva la propria naturale conoscenza. Se ne stava infelicemente seduta, povera creatura, in cima a sovrastrutture di spiegazioni, e non sapeva da che parte girarsi, dove dirigersi…”.
Dove guarda la nostra anima di imprenditori? Dove si dirige?
Le nostre responsabilità
Oggi, quindi, parlerò soprattutto delle responsabilità nostre, dell’impegno degli imprenditori, non delle responsabilità di altri.
Il 2009 è stato un anno estremamente difficile per l’economia globale: i primi sei mesi hanno visto la fase più intensa della recessione più grave dagli anni Trenta in poi, e il Pil mondiale – come ho accennato – si è contratto per la prima volta in 60 anni (-0,6%).
Oggi il periodo più nero pare alle spalle: a livello mondiale, già dal terzo trimestre 2009 si sono diffusi segnali di recupero dell’attività economica e i riflessi si sono estesi – prima timidamente, poi in modo un po’ più definito – anche alla nostra economia.
Per l’area milanese, lo confermano i risultati delle indagini congiunturali di Assolombarda: nel corso del 2009, gli indici del clima di fiducia del manifatturiero e del terziario innovativo sono risaliti e si sono progressivamente consolidati, anticipando sia nei tempi sia nell’intensità del recupero il trend nazionale.
Per il settore manifatturiero, poi, il rialzo è proseguito nella prima parte del 2010, con prospettive che confermano – almeno fino alle ultime elaborazioni di maggio – un miglioramento anche nei prossimi tre/quattro mesi.
Nel 2010 il Pil mondiale dovrebbe tornare a una crescita sostenuta (+4,2% secondo il FMI), soprattutto grazie al contributo delle economie emergenti. E anche l’Italia dovrebbe mostrare una crescita positiva, anche se molto più contenuta (si parla dell’1%) rispetto alla media globale.
Una ripresa che, secondo Prometeia, si prospetta più marcata (+1,3%) in Lombardia: grazie al dinamismo delle esportazioni internazionali, saremo tra le regioni italiane con l’accelerazione più forte.
Il dato non ci stupisce: l’edizione del 2009 della nostra indagine sull’internazionalizzazione delle imprese associate ha evidenziato un sistema fortemente orientato all’estero (il 60% delle imprese intervistate esporta più di un quarto del proprio fatturato) che, nonostante la crisi, non è arretrato sui mercati internazionali (dal 2008 al 2009, la quota di fatturato esportato si è ridotta solo di 1,1 punti percentuali, restando comunque sul 37,2%).
Anzi, le nostre PMI hanno continuato a investire sulla presenza commerciale nei mercati esteri, progettando per i prossimi tre anni di spostarsi sempre più dai mercati del Vecchio Continente a quelli dei paesi emergenti.
E qui assumerà un ruolo fondamentale la qualità dei servizi e del sostegno che Confindustria e Assolombarda saranno in grado di approntare.
Il tempo
Per quanto tempo ancora, quindi, questa crisi?
Tutti domandano.
L’anno scorso, in un interessante dibattito all’Università Bocconi, l’Arcivescovo di Milano ci ricordava come i greci usassero due parole per definire il tempo: kronos e kairòs. Kronos è la misura del tempo, Kairòs è una parola che nell’antica Grecia significa “il tempo giusto, momento giusto o opportuno”.
Mentre la prima si riferisce al tempo logico e sequenziale, la seconda si riferisce a un periodo di tempo indeterminato nel quale ‘qualcosa’ di speciale accade. Mentre kronos è quantitativo, kairòs ha una natura qualitativa.
Bene, io vorrei trascurare kronos e parlare del tempo come momento giusto, opportuno, quello che misura la tempestività dell’impegno, delle cose da fare, e misura le nostre responsabilità.
La volontà degli imprenditori
Questa crisi non ha minato i fondamentali di volontà dei nostri imprenditori che hanno ripensato per tempo le proprie strategie e rafforzato la propria competitività sui mercati internazionali.
Semmai, li ha spinti ad accelerare quei processi e quei cambiamenti che avevano già messo in atto molto tempo prima. E oggi sono proprio loro a guardare al futuro con più fiducia e, in prospettiva, ad avere le maggiori opportunità di recupero.
Lo dimostrano le imprese che abbiamo coinvolto nel progetto di ricerca “Focus Group” – coordinato da Confindustria a livello nazionale e realizzato sul nostro territorio con l’Università Bocconi – per raccogliere, studiare e diffondere le scelte e le esperienze delle realtà produttive che hanno già trovato una via d’uscita.
Un primo dato, confortante, sulla qualità di partecipazione nel nostro sistema associativo, è stata la risposta delle imprese: risposta di collaborazione pressoché unanime, nonostante la quantità di tempo richiesta dall’analisi. Direi, davvero, risposta entusiasmante.
Ed emerge con chiarezza che la gran parte delle nostre imprese ha caparbiamente continuato a ricercare mercati, innovazione e nuove forme di organizzazione.
La piccola impresa
La Piccola Impresa in Assolombarda contribuisce fattivamente alla definizione delle linee politiche dell’Associazione ed è impegnata direttamente nella loro realizzazione.
Le PMI nel nostro Paese rappresentano il motore della produttività e della continua ricerca di competitività, ma appartengono a una grande eterogeneità di settori tra manifatturiero e terziario, ed esprimono una pluralità enormemente diversificata di interessi e bisogni, rischiando proprio per questo di non vedersi rappresentate adeguatamente.
Nel sistema Assolombarda la Piccola Impresa ha dunque il difficile compito di riuscire ad essere “camera di compensazione” di tanta eterogeneità, ma anche di tanta vitalità ed effervescenza.
La tenuta sorprendente delle nostre piccole imprese – ovviamente e purtroppo non di tutte – di fronte a una crisi senza precedenti e che le ha colpite duramente, dimostra la loro vivacità.
Oggi più di ieri, la rappresentanza associativa deve a queste imprese un rinnovato impegno, deve un posizionamento deciso e la messa in campo di azioni che non solo aiutino le PMI a sopravvivere, ma anche e soprattutto a ridisegnare il futuro, attraverso un lavoro di previsione di scenari, di pianificazione di linee di sviluppo possibili e di progettazione di interventi che ne favoriscano la crescita e le aggregazioni.
Politiche
Mai come in questo momento, le prospettive di crescita chiamano in causa una presenza adeguata della politica (la stessa crisi greca ne è una dimostrazione), intesa come ruolo di indirizzo e di governo delle scelte fondamentali in tema di bilancio pubblico, e non di incentivazione finanziaria.
E sono politiche le scelte di cui molti ambiti hanno bisogno: negli Stati Uniti si stanno definendo le nuove regole per i mercati finanziari (forse!) e in Europa è sempre più evidente – anche se certo non nuova – la necessità di un’organizzazione di governo capace di muoversi tempestivamente e in modo coeso.
L’Europa, oggi, ha un’occasione storica di manifestare il proprio ruolo.
L’economia di mercato ha bisogno di regole. Il decalogo condiviso e sottoscritto all’ultima sessione dell’OCSE, il 28 maggio, fa ben sperare, ma le dichiarazioni, le buone indicazioni di cui è lastricata la nota strada, dovranno avere in tempi rapidi un seguito concreto.
La manovra e la crescita
In Italia, il primo e vero sostegno alla crescita può e deve passare dal taglio e dalla razionalizzazione della spesa pubblica per allentare la morsa del debito e liberare risorse per lo sviluppo.
La manovra varata dal Governo è stata per molti versi obbligata nelle sue linee generali di intervento.
Sul merito è intervenuta più volte la nostra Presidente: sarà tanto più apprezzabile quanto meno ‘perderà pezzi per strada’ – mi riferisco, in particolar modo, alla dimensione dei saldi delle operazioni, che devono essere eque – e quanto più sarà attuata concretamente, tagliando davvero la spesa pubblica improduttiva.
Tagliandola “di almeno un punto di Pil all’anno per i prossimi tre anni”, come ha indicato Emma Marcegaglia che, nella sua audizione di giovedì scorso presso la Commissione Bilancio del Senato, ha illustrato la posizione del sistema imprenditoriale italiano; posizione condivisa e sostenuta da Assolombarda.
Già in occasione dell’Assemblea Generale, Confindustria ha indicato i dieci capitoli di intervento più urgenti per gli imprenditori.
I primi tre in ordine di priorità riguardano la Pubblica Amministrazione, la giustizia e le infrastrutture: in estrema sintesi, per supportare la competitività delle imprese serve, prima di ogni altra cosa, uno Stato semplice e affidabile e, a seguire, un contesto di condizioni e dotazioni paragonabile a quello degli altri paesi.
Le assise
Su questa linea, particolarmente sentita dalle nostre imprese, Confindustria ha lanciato un’ulteriore idea: una grande assise dell’Italia delle imprese e del lavoro, con l’obiettivo di una grande intesa per la crescita.
A questo invito, rivolto senza pregiudizi e senza presunzioni a tutte le organizzazioni sindacali e alle associazioni datoriali, Assolombarda aderisce con convinzione.
E, dato il livello di rapporto costruttivo che caratterizza le relazioni con il mondo sindacale nel nostro territorio, ulteriormente rafforzato dalla responsabilità con cui è stato affrontato questo momento, offriamo tutta la nostra disponibilità a dare un contributo di pensiero e di organizzazione.
Perché pensiamo, oggi più che mai, che la condivisione di obiettivi di crescita sia indispensabile per il Paese. Lo era prima, lo è di più adesso.
E la nostra esperienza sul territorio – fatta di relazioni industriali moderne e trasparenti, rispettose delle identità e dei ruoli e, insieme, fondate sulla consapevolezza che vi sono obiettivi e percorsi condivisibili – ci dice che questa è una strada praticabile.
Il rapporto con le Organizzazioni sindacali e il lavoro
Solo considerando l’ultimo anno, infatti, abbiamo sottoscritto con i sindacati intese su tematiche prioritarie: la sicurezza nei luoghi di lavoro, prima di tutto; la formazione professionale continua, indispensabile per tenere ‘viva’ l’occupabilità dei lavoratori; il mercato del lavoro, che poche settimane fa ci ha visti tutti concordi, insieme alla Provincia di Milano, su un ‘patto’ a favore delle fasce più deboli dei lavoratori.
Proprio il mercato del lavoro è, ormai da anni, il focus di uno studio congiunto di Assolombarda e CGIL, CISL e UIL.
In Lombardia i livelli di incremento della disoccupazione si confermano ben inferiori alla media nazionale ed europea, con un tasso che nell’ultimo trimestre 2009 si è attestato al 6,4% (dal 4,3% del quarto trimestre 2008).
L’andamento, a livello nazionale e regionale, si deve al ricorso agli ammortizzatori sociali da parte delle imprese: considerando sia la Cassa Integrazione Ordinaria, sia quella Straordinaria, nel 2009 in Italia sono state autorizzate oltre 918 milioni di ore, 4 volte di più che nel 2008. In provincia di Milano le ore totali sono state circa 62 milioni, con una crescita di quasi sette volte rispetto al monteore del 2008.
Il buon funzionamento della Cassa ha permesso di salvaguardare dalla crisi qualcosa come 300.000 posti di lavoro.
Ancora una volta, il sistema delle imprese manifesta apprezzamento per il modo con cui il Governo ha affrontato le conseguenze occupazionali della crisi, aggiungendo che l’intervento sugli ammortizzatori sociali – in particolare per un’area come quella lombarda che proprio grazie alla qualificazione dei lavoratori aveva avviato nel biennio pre-crisi uno sviluppo molto sostenuto – ha rafforzato e rafforza le imprese stesse.
La situazione del lavoro a Milano continua a presentare caratteristiche peculiari:
- una presenza elevata di personale femminile tra i quadri, dove le donne rappresentano ormai il 30%, e tra i dirigenti, dove le donne hanno fatto registrare proprio nel 2009 un tasso di presenza specifica del 14% (il triplo rispetto a solo dieci anni fa), accelerando il processo di crescita già manifestato negli anni precedenti;
- un lavoratore su cinque laureato, con punte del 27% nelle medie imprese;
- una forza lavoro altamente specializzata. La quota di lavoratori a elevata specializzazione è cresciuta dal 38% del 1992 al 51% del 2009, corrispondente a un aumento del 34% in 17 anni: un risultato ottenuto anche grazie a politiche di formazione intense.
Le previsioni sull’andamento dell’occupazione formulate per questa prima parte dell’anno appaiono più positive per le medie imprese: un segnale che per questa tipologia di azienda – che rappresenta la spina dorsale del sistema-Italia – il peggio potrebbe essere alle spalle.
Sicurezza e salute sul lavoro
Gli interventi formativi in materia di sicurezza e salute sul lavoro sono stati significativi: negli ultimi 12 anni, ai nostri incontri informativi sulla sicurezza hanno preso parte oltre 14.000 referenti aziendali; abbiamo organizzato oltre 400 corsi di formazione, coinvolgendo circa 7.000 imprese (anche non associate); sono stati realizzati, insieme al Sindacato milanese, oltre 200 corsi per migliaia di rappresentanti dei lavoratori.
L’impegno delle imprese in questa direzione trova riscontro anche negli ultimi rapporti dell’INAIL che confermano il trend di riduzione degli infortuni sul lavoro in atto da tempo.
Con riferimento al primo semestre 2009, l’INAIL ha registrato un calo degli infortuni denunciati in Italia (un -10,6% a livello generale e un -12,2% di quelli mortali).
E, riferendosi al 2008, l’INAIL conferma che nel territorio milanese i dati infortunistici relativi al numero di occupati sono migliori rispetto alla media nazionale e regionale, anche grazie alle sinergie maturate in questi anni insieme alle organizzazioni sindacali, alle ASL, ai Vigili del Fuoco, allo stesso INAIL, all’ISPESL e agli altri partner pubblici.
Collaborazione che rappresenta un modello positivo ed efficace di relazioni, propedeutica a sviluppare anche reali e concrete forme di semplificazione.
Lavoratori stranieri e integrazione
Secondo i dati più recenti di fonte ufficiale, sono oltre 370.000 gli stranieri residenti a Milano, pari al 10% del totale nazionale e a poco meno della metà degli stranieri residenti nell’intera Lombardia.
A Milano e, più in generale, nella nostra regione, la componente straniera rappresenta una quota elevata della popolazione residente: 9,5%, rispetto a una media nazionale del 6,5%.
L’occupazione straniera contribuisce in misura significativa, in quest’area del Paese, alla creazione di valore. I 300.000 lavoratori stranieri presenti a Milano costituiscono ben il 15% dell’intera forza lavoro provinciale, a dimostrazione che l’integrazione, nel mondo del lavoro, è ancora più accentuata che nella società.
Nelle imprese di Assolombarda, in particolare, la presenza di lavoratori stranieri è decisamente alta: un’azienda su due ha tra i propri dipendenti almeno un immigrato.
Grazie a un processo di integrazione che si trova in un’avanzata fase di attuazione, si tratta di una forza lavoro che – secondo un’analisi comparativa condotta tra le aziende associate – presenta differenze sempre più contenute rispetto ai lavoratori italiani, sia per qualità del posto di lavoro (nel 90% dei casi è a tempo indeterminato), sia per contenuti professionali (le figure impiegatizie e direttive rappresentano circa il 40% del totale), sia per grado di scolarità (i laureati sono il 30%).
Le nostre imprese forniscono un contributo attivo al processo di integrazione. Ad esempio, collaborando in molti casi alla soluzione dei problemi abitativi dei dipendenti, ma anche consentendo la programmazione dei periodi di ferie in modo flessibile (per facilitare le visite ai paesi di origine) e, spesso, organizzando corsi di italiano. Quella delle barriere linguistiche rappresenta, infatti, l’altra importante criticità del processo di integrazione.
Siamo molto orgogliosi di questo impegno dei nostri imprenditori, crescente, nell’integrazione dei collaboratori immigrati: segno concreto e profondo che non si è interrotta la tradizione di accoglienza che ha fatto grande la nostra Milano.
Anche in questo campo si esplica il nuovo ruolo di Assolombarda.
Far nascere nuove imprese a Milano
Il territorio milanese è riconosciuto come la punta più avanzata dello scenario nazionale nei settori high-tech.
Uno dei tasselli essenziali che permettono di rafforzare il circolo virtuoso che genera nuove idee e nuovo sviluppo economico è la capacità del nostro territorio di sostenere la nascita e lo sviluppo di nuove imprese.
In particolare, cito le iniziative specifiche degli incubatori d’impresa: dallo scorso anno, il supporto agli incubatori milanesi è stato potenziato grazie all’iniziativa “Milano Crea Impresa-La Rete degli Incubatori della Città di Milano” che, con il sostegno del Comune e il coordinamento operativo di Alintec, ha messo in rete 5 incubatori che hanno dato origine a 73 imprese, per 310 addetti e 25 milioni di euro di fatturato.
“Milano Crea Impresa” dimostra ancora una volta la capacità della nostra area di assumere una responsabilità precisa nel promuovere e attuare interventi a favore dell’innovazione e della ricerca scientifica e tecnologica.
Tutte le università del nostro territorio hanno organizzato strutture per trasferire conoscenza al mondo dell’impresa e far nascere nuove imprese.
Cito forse l’ultima, la Fondazione Filarete (dove organizzeremo la prossima Giunta di Assolombarda) nata dalla collaborazione – e dalla visione condivisa – tra una grande Fondazione bancaria e l’Università di Milano.
Un ‘acceleratore d’impresa’ molto particolare, unico in Italia nel suo genere, dove manager e scienziati lavorano spalla a spalla con un unico obiettivo: trasformare i risultati della ricerca in start-up di aziende.
L'internazionalizzazione di Milano
L’andamento dei mercati esteri ha inciso moltissimo su una realtà come la nostra, in cui imprese e territorio condividono una vocazione internazionale spiccata.
Basti dire che Milano, la seconda città non capitale al mondo per numero di Consolati e rappresentanze commerciali straniere, conta una presenza massiccia di Camere di Commercio miste, agenzie di promozione di investimenti, centri e istituti di cultura e studio stranieri, scuole estere.
E basti dire che, a livello provinciale, le imprese industriali generano il 12% dell’export nazionale, e che sul territorio hanno sede circa 3.000 imprese a partecipazione estera: il 42% di quelle presenti in Italia.
La globalizzazione in atto è un processo non più reversibile. Operare in un’ottica globale richiede una grande preparazione e istituzioni in grado di fare formazione e informazione per e su i nuovi mercati.
I nuovi scenari dell’economia globale hanno acuito la consapevolezza che questa strategia funziona se c’è un commitment forte, se si persegue un modello fatto di vera integrazione con le economie degli altri paesi, se le metodologie sono mirate ai diversi contesti in cui si opera.
Le aziende più lungimiranti hanno iniziato questo percorso da tempo, tante altre si stanno organizzando per farlo.
Ma molte realtà sono troppo piccole per sostenere l’impegno di una strategia di internazionalizzazione: basti pensare che l’80% delle esportazioni italiane viene da 8.000 aziende.
Le alleanze strategiche e le reti d’impresa possono rappresentare uno strumento utile per garantire quel minimo di massa critica necessaria per accrescere la competitività, stimolare la cooperazione a livello tecnologico, commerciale e produttivo.
Torniamo ancora una volta, e con forza, alla questione del sistema e delle interdipendenze.
È un terreno su cui Assolombarda, e l’intero sistema confindustriale, si sono attivati da tempo.
Ma serve uno sforzo ulteriore, che coinvolga le banche, il sistema camerale (peraltro molto attivo attraverso Promos) e tutti gli attori del sistema-Italia che operano nel campo dell’internazionalizzazione, per dare a questo processo un’accelerazione forte.
Puntiamo sulla collaborazione con le Camere di Commercio, perché è soltanto attraverso una collaborazione aperta e costruttiva che si riesce a creare le condizioni e a mettere a punto gli strumenti necessari per sostenere il processo di internazionalizzazione del sistema imprenditoriale.
Così, condividiamo iniziative sia di tipo istituzionale (incontri con delegazioni e missioni), sia servizi che prevedono l’utilizzo dei voucher messi a disposizione delle aziende all’interno dell’accordo di programma Regione Lombardia-Unione delle Camere di Commercio.
Altro importante punto di riferimento in questo sistema di alleanze sono, ovviamente, le banche che rappresentano un partner importante per le aziende che operano all’estero: con i principali istituti sono in essere accordi per garantire alle imprese un percorso di accompagnamento personalizzato.
Infine, il mondo della cultura, delle università e della formazione in generale. Operare all’estero vuol dire anche conoscere la cultura dei paesi, la mentalità locale, la scala dei valori: fattori che a volte vengono sottovalutati, ma che sono invece determinanti per il successo del business.
Internazionalizzazione ed Expo 2015
Un altro driver importantissimo per rafforzare e promuovere la crescita delle nostre imprese sui mercati internazionali è l’Expo che si terrà a Milano nel 2015.
In questi cinque anni, Milano sarà al centro di un’attività intensa di relazioni internazionali e riceverà moltissime delegazioni estere: anche questa è un’occasione da non sprecare, l’abbiamo detto tante volte, per aprire una finestra sul nuovo mondo alle nostre imprese e sulle nostre imprese al nuovo mondo.
Il progetto Italia 2015 elaborato da Confindustria come proposta di sviluppo del sistema delle imprese al servizio dello sviluppo del Paese coincide, non casualmente, con Expo 2015.
Voglio dire con schiettezza una cosa, forse in controtendenza: l’Expo, e la società per l’Expo, stanno diventando una sorta di capro espiatorio dei problemi di molti, come il signor Malaussène nei romanzi di Daniel Pennac. Mi sembra ingiusto e inutile.
Se è responsabile segnalare problemi dove vi siano, è irresponsabile il gioco al massacro a cui spesso assistiamo. I successi dell’Expo dipenderanno dall’impegno di ciascuno di noi, da quanto sapremo fare e da quanto sapremo collaborare.
I successi dell’Expo dipenderanno anche da quello che chiamo il ‘fuori-Expo’, cioè tutte le attività collaterali ma coordinate che il sistema delle imprese e del pensiero sapranno realizzare.
La Camera di Commercio di Milano ha dato avvio e coordinamento a tavoli tematici che rappresentano un metodo di lavoro e di confronto aperto a tutte le istanze della città. La società Expo è stata sempre disponibile a confronti e dialogo con gli imprenditori. Smettiamola, per cortesia e per convinzione, di piangerci addosso. Lavoriamo tutti a questo progetto.
Ancora una volta tocca a noi, al sistema-Milano, creare le condizioni perché lungo questo percorso le imprese possano entrare in contatto con potenziali partner di business e cogliere tutte le opportunità relative ai progetti per la realizzazione delle opere infrastrutturali.
Abbiamo un lascito vivo e importante di rapporti da fertilizzare, che è nelle nostre mani, non in quelle di altri. Lavoriamo.
E facciamo in modo che Expo 2015 – a cui il sistema confindustriale, con Assolombarda evidentemente particolarmente impegnata, sta lavorando con passione – sia anche un momento di riflessione collettiva sui grandi temi di sviluppo della comunità internazionale, sui modelli di vita e di impiego delle risorse.
Se Shanghai è l’ultima Esposizione di stampo ‘muscolare’ (perdonatemi il termine: con più grazia, l’onorevole Stanca parla dell’ultima Esposizione del vecchio secolo), l’Expo di Milano sarà qualcosa di più soft, modellata da noi.
Sarà luogo, ma soprattutto percorso, di esposizione delle relazioni che sappiamo creare tra società e imprese, tra università e imprese, tra Paese e Paesi.
Per questo, e con questa convinzione, abbiamo assunto un’iniziativa che ha un valore intrinseco e uno simbolico: nei prossimi giorni daremo inizio a un progetto affidato al Cefriel – un centro di ricerca di una delle più prestigiose università milanesi – sostenuto e ideato da Confindustria, Assolombarda, Camera di Commercio e Unione del Commercio per definire un’architettura informatica comune per tutti gli operatori, istituzioni e imprese che vorranno essere parte, in una logica di semplificazione di accesso e di utilizzo, del cosiddetto Expo-on-line.
Il ruolo del territorio
Nell’epoca della globalizzazione compiuta, il nodo della competizione economica non è più soltanto la singola impresa, e non è più nemmeno il gruppo di imprese: è il territorio in cui le imprese operano e la sua capacità di creare un sistema di condizioni favorevoli all’attrazione degli investimenti, dei talenti, degli operatori. In una parola, favorevoli a fare impresa.
Per questo motivo, un’associazione come la nostra, che ha nella dimensione territoriale un tratto costitutivo della propria identità, deve essere in grado di rappresentare con efficacia sempre maggiore gli interessi delle imprese associate in un territorio denso, ricco e sempre più complesso.
Noi dobbiamo fare, come sistema associativo, quello che chiediamo agli altri, come giustamente ci spinge a fare la nostra Presidente: riorganizzarci con efficienza, abbandonare tentazioni di protagonismo, creare servizi comuni e reti di servizi, appunto, e di imprese. Realizzare progetti comuni.
Il nostro territorio è articolato in un grande numero di Comuni, oltre 200, dove gli attori con cui confrontarsi e cooperare sono, ad esempio, alcune tra le più importanti università italiane, la Camera di Commercio più grande d’Europa, il sistema bancario più influente del Paese, alcune tra le istituzioni culturali più prestigiose a livello nazionale e, in qualche caso, internazionale.
Ma, anche, un territorio dove resiste la tentazione di pensarsi con un orizzonte spaziale di pochi chilometri di diametro.
Quanto a Milano, negli ultimi mesi ho ritenuto giusto e necessario sollecitare pubblicamente, ripetutamente e con forza, l’approvazione di un Piano di Governo del Territorio: un atto politico di respiro strategico che aspettiamo da più di trent’anni. Noi, la nostra città, le nostre imprese, gli operatori economici nazionali e internazionali.
Ho fatto questo con convinzione di sostegno a un metodo di lavoro, e non certo a tutela di interessi specifici.
Progetti coordinati in un nuovo territorio
Valorizzare il territorio, farne un contesto competitivo, è un’operazione complessa. Un suo presupposto imprescindibile, per quanto possa sembrare paradossale, è il non essere vincolati – per la realizzazione di progetti – dai confini amministrativi attuali e dalle logiche che li hanno prodotti.
Sto parlando di progetti del e per il sistema delle imprese, sto parlando ancora di nostre responsabilità.
Un elemento chiaro, infatti, è la demarcazione sempre meno netta tra Milano e la sua provincia, e tra questa e quelle circostanti: i fenomeni di carattere economico, sociale e territoriale degli ultimi vent’anni coinvolgono un soggetto i cui confini non coincidono più, da tempo, con quelli amministrativi.
Le considerazioni attorno allo sviluppo economico, sociale e ambientale, quindi, devono tenere conto di questo ambito allargato, caratterizzato da reti di relazione fitte, complesse e articolate, dalla geografia variabile, che chiama in causa l’intero territorio provinciale e spesso parti di territorio molto più ampie.
E faccio una proposta.
Da tempo ci si interroga su cosa debba essere considerato, ad esempio, per misurare l’effettivo benessere di una società e l’effettivo stato di salute di un’economia. E, su questo, una commissione insediata dal Presidente Sarkozy ha rilasciato, pochi mesi fa, un’interessante analisi.
Penso che, con l’ausilio dell’ISTAT e del suo Presidente – che ha partecipato alla Commissione Sarkozy e che ha già assicurato la propria disponibilità – potremmo cominciare a lavorare sul nostro contesto milanese e lombardo per meglio riconoscere e valorizzare le peculiarità che contraddistinguono la nostra economia e la nostra società: un progetto di medio termine, su cui chiedere l’adesione di tutte le parti, sociali e pubbliche, interessate.
L’altra precondizione è uno sforzo da parte delle istituzioni per snellire drasticamente le proprie strutture amministrative, semplificare le procedure e accorciare i processi decisionali. Anche su questo sta nascendo un consenso diffuso.
La stessa prospettiva – innescare un processo verso una revisione della macchina organizzativa e della logica che l’ha prodotta nel tempo – a cui, per coerenza, dobbiamo guardare “in casa nostra”, perché anche il sistema confindustriale territoriale è chiamato a produrre uno sforzo significativo per adeguare la propria struttura organizzativa alle esigenze nuove del territorio e delle imprese.
Mi piacerebbe essere giudicato nel mio lavoro per quanto sarò capace di fare per creare legami e relazioni, efficienze e reti, in una logica non di cortile.
Credito, finanza e borsa
Un’altra direzione del nostro impegno è aiutare le imprese con azioni finalizzate al rafforzamento competitivo, all’acceso al credito e al miglioramento del dialogo con le banche: i bilanci 2009, spesso molto diversi rispetto all’anno precedente, oggi potrebbero non fornire già più una rappresentazione reale di molte situazioni aziendali.
Assolombarda ha lavorato per tracciare le linee guida di carattere strategico e per individuare gli strumenti più adatti a massimizzare gli sforzi delle imprese, in una logica di medio termine spesso scomparsa con la scomparsa di gran parte degli istituti per il medio credito.
Non voglio entrare nel merito dei singoli progetti, solo ricordarne la filosofia: ma voglio farlo sottolineando che le restrizioni creditizie si sono attenuate nel 2010, e che abbiamo trovato attenzione e dialogo da parte del sistema bancario.
La peculiarità dei nuovi accordi è che non includono solo condizioni economiche di favore, ma mettono a disposizione delle aziende associate servizi, prodotti e referenti dedicati, attenuando il disagio, segnalato da tante imprese, di una spersonalizzazione del rapporto bancario.
Da qui, i tanti accordi con le banche che operano sul territorio e il potenziamento dei servizi finanziari personalizzati che Assolombarda offre alle aziende nel rapporto con gli istituti di credito.
L’Associazione è a loro disposizione con numerosi strumenti per aiutarle a ottimizzare le decisioni finanziarie da assumere.
Per esempio, un’analisi della situazione finanziaria e dei fabbisogni aziendali, un supporto nella gestione della presentazione delle richieste di finanziamento, un affiancamento nella relazione con la banca, una guida per districarsi tra gli strumenti creati dalle Pubbliche Amministrazioni per fronteggiare la crisi, un accompagnamento per utilizzare il valore della garanzia mutualistica di Confidi Province Lombarde.
Il metodo di lavoro utilizzato e le azioni concrete individuate non servono solo per reagire alla crisi, ma serviranno ancor di più per sostenere percorsi di crescita e di sviluppo aziendali di lungo termine.
Ma il credito bancario può intervenire solo fino a un certo punto, anche per un’altra ragione: le imprese non possono più pensare di competere senza raggiungere un certo livello dimensionale, diverso a seconda del settore di attività, e anche un’adeguata capitalizzazione.
Non occorre per forza diventare grandissimi, ma quasi sempre la dimensione va rivista, e la strada per la crescita dimensionale passa per il rafforzamento patrimoniale.
Mercato borsistico, private equity e reti d’impresa sono i principali ambiti su cui è stata focalizzata l’attenzione.
Sul primo ambito, Assolombarda sta lavorando – dall’informazione al dialogo con la Borsa, alla messa a punto di strumenti ad hoc – per contrastare le difficoltà che mostrano le imprese, in parte psicologiche e in parte oggettive, nelI’affrontare un mondo che non conoscono e che non percepiscono alla loro portata.
È stata rilanciata la collaborazione con Borsa Italiana, attivando in Associazione un apposito servizio consulenziale, l’Exchange Information Point, organizzando momenti di cultura e promuovendo le Azioni Sviluppo, uno strumento semplice che consente la raccolta di nuovo capitale di rischio associata alla piena valorizzazione del ruolo di guida dell’imprenditore.
Il secondo ambito è il ricorso al private equity.
Si è collaborato a livello nazionale con Confindustria nella fase di costituzione del Fondo Italiano d’Investimento, e a livello locale con Futurimpresa SGR della Camera di Commercio di Milano, perché questi fondi forniscano un apporto significativo del private equity nelle aziende di dimensioni minori.
Il terzo ambito è la rete d’imprese: uno strumento su cui Assolombarda sta sensibilizzando le aziende per stimolare e sostenere processi aggregativi per la realizzazione di progetti e investimenti di grande respiro.
Infine, una parola sugli interventi pubblici.
Tra quelli che la Regione ha messo a punto per far fronte a questa crisi, troviamo particolarmente importanti quelli in materia di credito e consorzi fidi.
Chiediamo di continuare su questa strada. Innanzitutto, perché la politica della garanzia è per sua natura quella che più di ogni altra produce effetti volano e quindi rende massimamente produttive le risorse che vengono stanziate. In secondo luogo, perché così facendo le risorse vengono utilizzate secondo criteri di mercato e si produce l’ulteriore effetto di favorire la relazione tra la banca e l’impresa.
Anche per questi motivi, interventi intesi a rendere più forte e più semplice il sistema delle garanzie in Lombardia ci vedono favorevoli. Assolombarda è impegnata con Confindustria Lombardia a razionalizzare le strutture dei Confidi che fanno riferimento al sistema confindustriale, e a proporre poi ulteriori efficienze e razionalizzazioni con le strutture di altri territori: dipende solo da noi.
La politica della legalità
Pensare che il problema dell’illegalità sia tema di altri, di altre aree geografiche, è un nonsenso nei fatti e un nonsenso nel pensiero. Tua res agitur…
La criminalità organizzata è un fenomeno sicuramente diffuso al Sud, ma che è presente in maniera insidiosa e penetrante anche al Nord, soprattutto a Milano, cuore dell’economia nazionale.
Solo in Lombardia, nell’ultimo anno e mezzo, le imprese sequestrate alla mafia sono state più di 2.000, quelle confiscate 165. Il passaggio dal sequestro alla confisca può richiedere anche 10 anni, e in questo lasso di tempo il 90% delle imprese fallisce, rappresentando una perdita enorme per il sistema economico della regione.
La questione legalità, insieme con quella della burocrazia, è determinante per la competitività del territorio, ma è altrettanto determinante per riaffermare il ruolo dell’impresa e delle sue associazioni nella comunità civile.
Non affianca il nostro lavoro, lo precede eticamente: il ruolo che oggi la considerazione sociale ci assegna, la nostra reputazione, si deve fondare su questo impegno.
Da questo punto di vista, Assolombarda sostiene a pieno la lotta alle infiltrazioni mafiose, convinta che la legalità negli affari non sia solo un dovere morale, ma anche la condizione indispensabile di un’economia solida, competitiva, che regga e si consolidi nel tempo.
Non a caso, la nostra è stata la prima associazione del Nord ad aver recepito ufficialmente la delibera per la Tutela della Trasparenza delle Associazioni del Mezzogiorno, approvata dalla Giunta di Confindustria il 28 gennaio.
Con questo atto, l’Associazione ha scelto la via dell’impegno diretto a diffondere la cultura della legalità a tutto campo presso i propri imprenditori, incentivando la segnalazione di episodi di estorsione e di comportamenti criminali volti a limitare la libera attività economica, fondamento di un’economia sana che possa riemergere dalla crisi e affrontare le nuove sfide del mercato.
E, credo anche con un alto valore simbolico, nella nostra sede di via Pantano il Ministro Maroni e la Presidente Marcegaglia hanno firmato il Protocollo per la legalità, un impegno fattivo e operativo per combattere la criminalità organizzata.
La lotta all'evasione fiscale
La lotta all’evasione fiscale è un’altra priorità per Assolombarda, non solo perché si tratta di un comportamento che danneggia pesantemente l’intero sistema-Paese e le sue possibilità di crescita, come ha sottolineato il Governatore Draghi, ma anche perché evadere significa fare concorrenza sleale alle tante imprese, rispettose delle norme, che sanno stare sul mercato per le loro capacità.
E significa ledere fortemente la coesione sociale di ogni comunità.
Noi lavoreremo per fare proposte e definire comportamenti e progetti, certi che la nostra organizzazione dei Giovani Imprenditori milanesi e nazionali svolgerà un ruolo trascinante su questo fronte.
Per questo, ci aspettiamo una riforma fiscale che trovi nella lotta all’evasione uno dei suoi fondamenti e uno degli strumenti per arrivare proprio a questo risultato: una maggiore coesione sociale, e abbassare le aliquote per chi le tasse le paga.
E ci aspettiamo che lo faccia concorrendo a tracciare un quadro normativo capace di orientare uno sviluppo compatibile con l’attività di impresa.
La rifondazione del Paese, infatti, si basa anche sulla chiarezza e sul rigore delle regole, e sbaglia di grosso chi pensa che le imprese preferiscano farne a meno: quello che non vogliamo sono gli orpelli e le sovrastrutture, le formule vuote e difficili da applicare alla realtà.
Ma le regole – semplici, chiare, trasparenti – servono, eccome.
Perché senza stabilità normativa è difficile fare impresa e creare occupazione; è difficile combattere una concorrenza sleale che trova il suo appiglio proprio nella facilità di eludere le tutele normative; è difficile programmare investimenti ed è ancora più difficile attrarne dall’esterno verso il nostro sistema-Paese.
Il federalismo fiscale
Quanto al federalismo fiscale, penso che la sua attuazione sarà un banco di prova essenziale per misurare la capacità dell’Italia di cogliere la sfida dell’efficienza e di definire buone regole pubbliche.
Ci viene detto che non comporterà ulteriori costi per il Paese, cioè per i cittadini e per le imprese: adottare rapidamente un buon meccanismo dei costi standard – innanzitutto per la sanità – è il primo presupposto perché questa non resti solo una buona intenzione.
Farne buon uso vuol dire utilizzare il federalismo fiscale, e il federalismo tout court, per contenere la spesa pubblica complessiva, per ricercarne l’efficienza e ridurne gli sprechi, per responsabilizzare chi amministra la cosa pubblica misurando i risultati rispetto agli obiettivi fissati e alle risorse disponibili, per semplificare gli adempimenti per le imprese e i cittadini, per contrastare l’evasione fiscale.
In parole semplici: un aumento sostanziale di democrazia. È l’unico federalismo fiscale che ci riesce di concepire perché, come ha detto la Presidente Emma Marcegaglia, “la politica deve tornare a essere ed essere un servizio”.
Le infrastrutture e le regole
In Italia, lo sviluppo delle infrastrutture continua a essere frenato dalla lentezza e dalla farraginosità dei processi decisionali e realizzativi, oltre che dalla mancata stabilizzazione del quadro finanziario pubblico.
Ribadisco, come ho già avuto modo di sottolineare in diverse occasioni, la necessità di procedere con decisione verso una riforma complessiva delle regole che governano la realizzazione degli interventi infrastrutturali.
L’obiettivo, che deve accomunare decisori politici e Legislatore, è poter realizzare opere di qualità con tempi e costi certi.
Sono convinto, sulla base della mia esperienza, che regole certe e Autorità indipendenti che sovraintendano sono la premessa per lo sviluppo dei progetti di infrastrutture: sono queste infrastrutture immateriali, cioè le regole, che promuovo la realizzazione di quelle fisiche, prima ancora delle risorse finanziarie.
Allo stesso tempo, regole certe significa anche gettare le basi per un maggior coinvolgimento dei privati nel finanziamento delle infrastrutture.
Per questo è auspicabile mettere a punto forme innovative di finanziamento degli interventi infrastrutturali, che consentano di liberare nuove risorse private.
Anche qui, le proposte da approfondire non mancano: penso, in prima battuta, ai project bond, ovvero obbligazioni emesse da una società promotrice per finanziare uno specifico progetto, collocate presso investitori istituzionali ripagati dai flussi di cassa generati dall’opera.
In un mondo gonfio di liquidità del settore privato, progetti convincenti per qualità, tempi, regole e contesti potrebbero trovare finanziamento, indirizzando così sull’economia reale risorse importanti.
Lo strumento dei project bond, inoltre, può trovare attenzione e coinvolgimento da parte delle grandi istituzioni finanziarie, quali ad esempio BEI o Cassa Depositi e Prestiti, sia in termini finanziari, sia in termini di innalzamento del rating dell’operazione da essi assistita.
Per questo, occorre mettere a punto tutti gli aspetti operativi necessari: proprio nel pomeriggio di oggi, in Assolombarda, si terrà la prima riunione con i soggetti interessati, coordinata dal Vice Presidente di Confindustria Cesare Trevisani.
Voglio essere molto chiaro: io non credo, in generale e nello specifico, nelle leggi speciali.
E gli imprenditori non chiedono leggi speciali.
Chiedono molto di più: delle leggi normali. Normali e praticabili.
Il sistema aeroportuale
A livello mondiale, nel 2009 il trasporto aereo ha subito perdite complessive stimate in oltre 9 miliardi di euro.
Su Milano, oltre alla contrazione del traffico mondiale, si sono dovute fronteggiare anche specifiche criticità: a Malpensa, gli effetti della rifocalizzazione delle attività di Alitalia su Fiumicino, iniziata nel 2008 e proseguita nel 2009; a Linate, quelli dell’entrata in esercizio dell’alta velocità ferroviaria sull’intera tratta Milano-Roma.
Un solo dato dà la dimensione del problema: il traffico servito da Alitalia è passato da 11,4 milioni di passeggeri del 2007 a 1,5 del 2009.
Nonostante tutto questo, il sistema degli aeroporti milanesi è riuscito a tradurre le difficoltà in opportunità: agendo in una logica aperta di competizione di mercato, ha posto i presupposti per lo sviluppo di soluzioni e strategie innovative; e i risultati – in termini di aumento del trasporto aereo passeggeri e merci – confermano la validità di questa scelta.
L’apprezzamento per il lavoro fatto da Sea è forte e l’intenzione, di matrice imprenditoriale, di cercare coordinamento e integrazioni con gli altri aeroporti lombardi, a partire da Bergamo, è meritoria e da sostenere.
Ma, in un contesto altamente regolato, l’imprenditorialità da sola non basta: non possiamo continuare a stare senza una politica nazionale del trasporto aereo coerente, che persegua l’obiettivo di un sistema aeroportuale nazionale efficiente nell’ambito del quale l’area metropolitana milanese e lombarda sia sempre più accessibile, soprattutto con riferimento alle destinazioni intercontinentali.
Green Economy
L’economia verde è quella che ha il tasso di crescita più veloce. E, anche, quella sulla quale tutti i Governi dei paesi più sviluppati stanno investendo con maggiore convinzione: nelle agende politiche, a tutti i livelli, i temi della sostenibilità ambientale stanno trovando sempre più spazio.
In questo ambito, Milano e il suo territorio possono essere un vero e proprio centro di eccellenza, rappresentando un punto di riferimento a livello nazionale ed europeo, grazie soprattutto alle capacità di innovazione significative (in termini di tecnologie, comportamenti, cultura produttiva) che esprime il sistema imprenditoriale.
Le imprese dell’area milanese, infatti, hanno colto l’importanza di questo segmento produttivo e – sempre più consapevoli della propria forza e capacità di fare sistema – vogliono cogliere le opportunità che derivano dalla nuova domanda del mercato per competere a livello internazionale.
La conferma viene dall’alta partecipazione delle aziende associate al progetto sulla sostenibilità finalizzato alla creazione di filiere tematiche, in fase di sviluppo, che evidenzia ad oggi oltre 350 imprese di Assolombarda attive in ambiti legati all’ambiente e all’energia.
Assolombarda sta già lavorando a diversi progetti per favorire questo processo: anche qui, è auspicabile un’azione di sistema che coinvolga gli altri soggetti attivi del territorio e che imprima al percorso un’accelerazione significativa.
Alla stessa logica di sistema, e allo stesso obiettivo della competitività internazionale, è riconducibile l’ipotesi di accordo su cui l’Associazione si sta confrontando con il Consolato Generale USA di Milano per costituire un “Osservatorio sulla green economy”, finalizzato allo scambio di informazioni sulle strategie e le policy ambientali, alla promozione di occasioni di incontro e all’individuazione di aree di collaborazione tra imprese.
È un progetto molto promettente che intendiamo accelerare e consolidare.
Energia
La green economy ha anche un capitolo che si chiama energia, ma qui, a livello di sistema-Paese, la strada da fare è ancora lunga.
Non mi riferisco solo ai costi che le imprese devono sopportare per la spesa energetica, decisamente penalizzanti rispetto a quelli sostenuti dai concorrenti europei.
Abbiamo bisogno di una politica energetica unitaria, con obiettivi di medio e lungo termine chiari e precisi.
In pochi settori come sull’energia le ripercussioni delle decisioni dell’oggi condizionano pesantemente i decenni successivi: impariamo dall’esperienza del nucleare ed evitiamo di commettere gli stessi errori con le fonti rinnovabili, con l’efficienza energetica e con la diversificazione delle fonti primarie.
Il ruolo dell'education e della ricerca
Le imprese più innovative e i paesi più avanzati sanno da tempo che la qualità del capitale umano ‘crea’ valore, anche in termini finanziari; e la consapevolezza del legame tra la risorsa-uomo e la catena del valore aziendale spiega l’attenzione crescente, da parte delle imprese, all’investimento in conoscenza e in formazione.
A questo tema ho dedicato e dedico impegno e passione.
Pochi hanno rilevato che, nei pacchetti di sostegno varati nel mondo per affrontare la crisi, alcuni Governi hanno avuto a disposizione risorse finanziarie da dedicare a politiche di long run, in particolare nel settore dell’education.
Come risulta da una survey ad hoc condotta dall’OCSE, in termini di punti percentuali di PIL l’education è il capitolo più importante in Germania, con oltre mezzo punto percentuale, equivalente a 14,5 miliardi di euro! Gli Stati Uniti, 83 miliardi di dollari! E poi Francia, Canada…
Assolombarda agisce per migliorare la produttività e la qualità complessiva del sistema dell’education e per far crescere il ruolo delle imprese, sia come utilizzatrici, sia come partner formativi.
Lo fa con un’attenzione speciale alle alleanze – ancora una volta la nostra convinzione – che si stabiliscono tra le imprese e il sistema formativo nel suo complesso.
E lo fa puntando a due obiettivi strategici: da un lato, la creazione di un sistema efficace e strutturato di aggiornamento e crescita delle professionalità di tutti coloro che già sono inseriti nel mondo del lavoro; dall’altro lato, la modernizzazione della scuola e lo sviluppo delle competenze dei giovani che escono dal sistema educativo.
Sul primo fronte, è evidente l’impulso straordinario alla diffusione della cultura della formazione continua determinato dalla nascita di Fondimpresa e Fondirigenti, un successo che non sarebbe stato possibile senza il ruolo fondamentale svolto in questi anni da Assolombarda, sia a supporto delle imprese utilizzatrici, sia come impulso e valutazione della qualità dell’offerta formativa.
Dal 2007 al 2009 Assolombarda – tramite FSE, L.236, Fondimpresa e Fondirigenti – ha mobilitato circa 64 milioni di euro, coinvolgendo in attività formative oltre 4.500 imprese e 66.000 lavoratori: programmi che proseguono in quest’anno con pari intensità.
Nel secondo ambito, la nostra scelta e la nostra azione puntano sul rafforzamento e sulla qualificazione del sistema di relazioni e dialogo delle imprese con il mondo della scuola e dell’università, partner essenziali delle aziende per le strategie di sviluppo fondate sulla conoscenza e sull’innovazione.
Dal Tavolo Assolombarda-Rettori – istanza ormai storica di confronto tra l’Associazione e la comunità accademica sui temi più importanti di politica educativa – al complesso delle attività e dei progetti che ci legano all’Ufficio Scolastico regionale e alle scuole del territorio, le iniziative di partenariato tra imprese e sistema educativo che vanno in questa direzione sono ormai innumerevoli.
Basti pensare ai 27 mila studenti e neolaureati coinvolti annualmente in attività di stage e tirocini nell’ambito delle convenzioni-quadro stipulate da Assolombarda con atenei e altri enti, o alla ‘lettera d’intenti’ sulla qualità degli stage recentemente siglata con le università.
Il loro comune denominatore è il riconoscimento dell’impresa come alleato educativo della scuola per accrescere le opportunità di lavoro dei giovani e la loro capacità di competere con successo, attraverso conoscenze e capacità, in un mercato del lavoro sempre più in divenire e senza confini.
Anche i dati recentemente pubblicati da ISTAT nel rapporto annuale 2009 mettono ancora una volta in luce la necessità di una politica per la ricerca, precondizione per lo sviluppo delle imprese e per tornare a crescere con una velocità confrontabile con quella di altri paesi concorrenti.
Confindustria e Assolombarda si battono da anni perché il problema venga affrontato strutturalmente, non soltanto dal punto di vista finanziario.
Sbaglia chi pensa che lo sviluppo della ricerca sia un tema di natura esclusivamente economica e finanziaria.
Certo, le risorse e le politiche di governo sono necessarie, ma non sufficienti.
Anche qui, ciò che conta è il lavoro di costruzione di legami tra mondo dell’impresa e della conoscenza, e la capacità, che certo non si può codificare in un manuale, di innovare nel fare innovazione.
Le possibilità offerte dalle reti virtuali sono immense.
Come sostiene il CEO di una delle più grandi aziende del pianeta, la capacità di innovazione è legata non soltanto al lavoro dei suoi 7.000 ricercatori, ma alla loro capacità di connettersi al milione e più di ricercatori che si occupano al mondo degli stessi temi: così è nata la straordinaria comunità on line di InnoCentive che collega problemi a ipotesi di soluzioni, fertilizzando imprese e mondo della ricerca insieme.
Anche in questo campo l’associazionismo industriale può fare molto: Assolombarda dedica risorse e attenzione al tema della ricerca, aggregando imprese, collaborando con strutture di start-up e di trasferimento tecnologico, partecipando a società ad hoc con altre istituzioni, promuovendo rapporti di collaborazione tra imprese e università, promuovendo corsi executive di dottorati di ricerca, lavorando su un sistema articolato di altre iniziative.
Anche in questo caso i risultati sono incoraggianti, e definiscono l’importanza di questa dimensione nelle responsabilità del sistema Confindustria.
I giovani
I giovani laureati e diplomati, anche in Ingegneria ed Economia, sembrano paradossalmente conoscere poco e quindi amare poco l’industria. Concepiscono la ‘fabbrica’ come un luogo vecchio, negativo. E ritengono, in maggioranza, che il futuro dello sviluppo italiano non sia affidato all’industria manifatturiera ma al turismo e ai servizi.
I giovani conoscono poco le imprese e la loro realtà.
Soprattutto, non comprendono e sottovalutano moltissimo il ruolo giocato dall’industria, e da quella manifatturiera in particolare, nella costruzione dei processi di creazione di ricchezza e lavoro.
È quanto emerge da un sondaggio effettuato nelle scorse settimane da Ipsos per Assolombarda. Un sondaggio che sarà oggetto di un apposito approfondimento pubblico nelle prossime settimane.
È l’effetto di una comunicazione prevalente molto orientata al terziario, ma anche di un ‘difetto di comunicazione’ da parte dell’industria stessa sui temi della modernizzazione e dell’innovazione diffusa.
Ecco, allora, il terreno per una vera e propria ‘missione culturale’ di Assolombarda: costruire un racconto della trasformazione industriale, insistere sulla valenza innovativa e produttiva dell’industria, dare conto delle trasformazioni di un settore industriale, la manifattura, e di un luogo, la fabbrica, che ha valenze di ricerca, innovazione, laboratorio per le eccellenze del Made in Italy, occasione di espansione della cultura tecnica e scientifica italiana nel mondo.
E portare questo messaggio alle nuove generazioni, con il loro linguaggio, con i loro strumenti, nei loro spazi.
Sappiamo che abbiamo il tema dei temi da affrontare: ridare mobilità sociale e futuro ai nostri giovani; in altri termini: prospettive e speranze.
Molto dipende da noi, dal sistema delle imprese. Dobbiamo farci carico, come associazioni e come singoli imprenditori, di promuovere la mobilità dei giovani all’interno delle aziende e la loro formazione, spesso correlata all’estrazione sociale della famiglia di origine: è anche compito nostro.
I progetti di Confindustria e Assolombarda sui giovani nell’avvicinarsi all’Expo 2015 saranno un impegno prioritario, come già sta avvenendo.
Sono sinceramente convinto che stiamo facendo molto qui a Milano, ma certo non ci basta: seguiremo con interesse e passione i progetti-obiettivo dei Ministri Gelmini e Sacconi; ci mettiamo a disposizione per essere parte attiva, proponente e pronta all’impegno.
Anche quest’anno migliaia di ragazzi, parecchie migliaia, sono entrati nella casa di Assolombarda ad arricchire il nostro pensiero e la nostra volontà con domande e progetti, esprimendo speranze e paure, a ricordarci le responsabilità che abbiamo nei loro riguardi. Con voglia di parlare e di ascoltare.
Giovedì scorso abbiamo ospitato la selezione finale del concorso “Biz Factory 2010” promosso da Junior Achievement Italia, a cui hanno partecipato veri e propri progetti d’impresa fatti in tutta Italia da studenti nelle scuole, con la collaborazione di imprenditori e ricercatori.
Dovrebbe essere qui con noi il team friulano che ha vinto con un bellissimo progetto d’impresa per realizzare carta partendo dalle alghe: tra l’altro, il progetto è stato realizzato in un istituto tecnico, cosa che ci rende ancora più contenti, utilizzando competenza e ricerca chimica e una visione di mercato.
Una giornata felice e augurale.
Un poeta americano, Robert Frost – il poeta prediletto da John Kennedy – scriveva:
“Quando ero giovane erano i vecchi i miei maestri.
…
Andavo a scuola dai vecchi per imparare il passato.
Ora che sono vecchio ho per maestri i giovani.
Quel che non può modellarsi deve essere infranto o piegato.
…
Vado a scuola dai giovani per imparare il futuro”.
In conclusione
La crisi non ha piegato la volontà del sistema milanese delle imprese e del sistema milanese nel suo complesso, anzi. Milano sta tornando a crescere.
Interrogarsi sul presente e sul futuro della città come hanno fatto gli autori del “Manifesto per Milano” promosso dal Corriere della Sera è un segno tangibile di disponibilità all’impegno e alla costruzione di una nuova realtà fatta di accoglienza e dinamismo.
Occorre la consapevolezza che, nel percorso di rilancio della città e del territorio, la strada più percorribile non è quella diritta (non esiste!) ma quella che valorizza gli incroci.
Assolombarda si è posta l’impegno di essere presente in ogni incrocio in cui possa essere utile.
E nessun progetto realizzato o in cantiere vede l’Associazione da sola. La matrice del nostro lavoro è la collaborazione con altri.
Di più: la crisi rende più alte le nostre ambizioni.
È la lettura della realtà che ci circonda, anche di quella che non vediamo perché più lontana o nascosta, che muove il sistema delle imprese.
Noi ci sentiamo parte di una società da sviluppare anche con il nostro lavoro. Cent’anni di Confindustria sono anche questo: sentirsi parte, condividere i progetti di cambiamento e di crescita.
Milano vuole fare molto sui temi della nuova società in questo mondo nuovo.
Può farlo.
Sentite cosa dice Paul Krugman, che si riferisce nello specifico a un convegno a Milano, in un’aula universitaria, dove si affrontava qualche anno fa il tema – credo – del commercio internazionale:
“…Il locale era dimesso, e le seggiole così scomode che i più anziani si beccarono il mal di schiena, anche l’albergo era pulito ma triste, eppure posso assicurarvi che c’era più attenzione al nocciolo vero delle cose in quell’incontro a Milano che in una decina di riunioni del G7”.
È un augurio di buon lavoro!
Azioni sul documento