Rapporto Mediobanca – Unioncamere: medie imprese industriali quale eccezionale volano per la ripresa
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XV Rapporto Mediobanca-Unioncamere.
In sintesi
Il XV Rapporto Mediobanca-Unioncamere si concentra su performance, capacità di ripresa e competitività delle medie imprese manifatturiere italiane, considerando tali le società di capitali del comparto manifatturiero da 50 a 499 addetti, da 16 a 355 milioni di euro di fatturato, e con assetto proprietario autonomo riconducibile al controllo familiare.
L’analisi è condotta sulla base dei dati di bilancio, per il periodo 2005-2014. Per il 2014 sono state individuate 3283 medie imprese manifatturiere, con un saldo negativo di 830 imprese rispetto al 2005, legato a 3237 unità in ingresso e 4067 in uscita, corrispondente a un turnover del 178%. Di queste 3283 imprese, 949 presentano bilancio consolidato, con gruppo mediamente composto da cinque società. Il confronto tra grandezze economiche fa invece riferimento ad un insieme chiuso di 1690 imprese che hanno rispettato i requisiti di inclusione nel decennio.
A livello territoriale, la regione più densamente popolata di medie imprese è la Lombardia (31,3%) seguita da Veneto (17,9%) e Emilia Romagna (14,7%).
Le medie imprese industriali hanno sostenuto con tenacia la capacità competitiva italiana durante la crisi, con performance distintive rispetto al totale manifattura e un recupero oggi delle grandezze assolute.
Anche nel punto più alto della crisi le medie imprese risultavano in crescita rispetto agli anni precedenti: +9% di fatturato nel 2009 rispetto al 2005, con una ulteriore crescita del 24% tra il 2009 e il 2014, per un complessivo +35,2% registrato nel decennio (+14,3% il risultato del totale manifattura). Questo, non solo grazie a ottime performance sui mercati esteri (+62,9% nel periodo 2005-2014), ma anche per quanto riguarda la componente domestica (+19,8%).
Cresce anche l’occupazione (+10,6% rispetto al 2005, vs. un calo pari al -6,5% registrato sul totale manifattura), con un deciso incremento della parte più qualificata (impiegati e dirigenti, +21%), ma parallela tenuta della componente operaia (+5,6%).
Questi tassi sono diffusi tanto a livello settoriale (con le produzioni del made in Italy quale componente rilevante di questo successo) quanto su base geografica (con risultati allineati alla media nazionale anche per quanto riguarda le imprese del Mezzogiorno).
Miglioramenti anche per quanto riguarda redditività e solidità patrimoniale, nonostante il 2008 abbia rappresentato una discontinuità che ha “sparigliato le carte".
Recupera finalmente la redditività: nel 2014, ROI pari al 9,1%, in linea col 9% del 2005 (6,1% nel 2009) e ROE all’8,1%, al di sopra del 6,3% nel 2005 e più che triplicato rispetto al 2,4% del 2009. In termini di redditività, si evidenzia peraltro il ruolo della governance: il delta tra imprese che dichiarano di aver risolto problemi di passaggio generazionale e quelle con linea di successione non ancora definita è di un punto percentuale sul ROI, e di quasi tre sul ROE.
Si rafforza anche la struttura patrimoniale: il rapporto tra debiti finanziari e patrimonio netto passa dal 93,4% nel 2005 al 69% nel 2014.
Il processo di selezione in ogni caso è stato severo: le imprese più meritevoli (investment grade, pari al 67,1% del campione) hanno saputo reagire al contesto sfavorevole, registrando una diminuzione del livello di rischiosità del 19% tra il 2005 e il 2014; chi è entrato nella crisi già claudicante (3,4% del campione) ha visto invece aumentare la propria rischiosità del 108%. Lievissimo aumento della rischiosità (1%) anche per le cosiddette imprese intermedie (29,5% del campione). Complessivamente, le medie imprese hanno visto aumentare la propria rischiosità del 14% nell’arco di 10 anni. Da sottolineare inoltre come il peso delle imprese investment grade sia aumentato del 9%, quello delle imprese più fragili del 92%.
Non bisogna poi dimenticare che questi buoni risultati sono stati ottenuti nonostante una fiscalità che resta penalizzante, con un tax rate che in media ha toccato il 36% nel 2014, circa nove punti sopra quello dei gruppi maggiori (27,3%), con l’Irap che rappresenta il 28% della tassazione complessiva.
il rapporto di ricerca e le slide del convegno di presentazione sono disponibili al seguente link: documenti.
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