Primi risultati del censimento permanente delle imprese 2019
Scegli un argomento
Report dell'ISTAT.
L’Istat ha diffuso i primi risultati del censimento permanente delle imprese, mettendo a disposizione un patrimonio informativo ampio: i dati fanno riferimento alla struttura delle imprese al 2018 e trattano molteplici argomenti, tra cui innovazione, tecnologia e digitalizzazione, internazionalizzazione produttiva e sostenibilità ambientale e sociale.
Struttura e dinamica di imprese e addetti
I due terzi delle imprese (821 mila, il 79,5% del totale) sono micro imprese (con 3-9 addetti in organico), 187 mila imprese (il 18,2%) sono di piccole dimensioni (10-49 addetti), mentre le medie (con 50-249 addetti) e le grandi imprese (con 250 addetti e oltre) rappresentano il 2,3%, con 24 mila unità. Più della metà delle imprese è attiva al Nord (il 29,2% nel Nord-ovest e il 23,4% nel Nord-est), il 21,4% al Centro e il 26,0% nel Mezzogiorno.
Più in dettaglio, in Lombardia sono attive quasi 195 mila imprese (18,9% del totale nazionale), 69 mila sono in provincia di Milano (6,7%), 3 mila a Lodi (0,3%) e più di 15 mila in Monza Brianza (1,5%). Sia a livello regionale sia provinciale, le imprese sono più numerose nel macro settore dei servizi.
Numero imprese per macro settore, anno 2018
A livello nazionale, tra il 2011 e il 2018 le imprese sono diminuite del -1,3%, soprattutto le micro-imprese a favore di quelle di maggiore dimensione: un aspetto che può essere considerato segnale di una recente evoluzione del sistema produttivo verso una dimensione media maggiore. Nello stesso periodo gli addetti hanno avuto un incremento del +1,3%.
A fronte di una crescente terziarizzazione delle attività (le imprese dei servizi erano il 65,6% nel 2011 e sono diventate il 70,3% nel 2018), la dinamica demografica dell’industria in senso stretto è in contrazione (dal 20,7% del 2011 al 18,9% nel 2018). Tra i servizi registrano aumenti i settori dei servizi di alloggio e ristorazione e quello dei servizi alle imprese.
La competitività delle imprese
Nel competere le imprese italiane fanno leva su diversi fattori:
• in primo luogo sulla qualità del prodotto o del servizio offerto (oltre il 71% delle imprese con almeno 10 addetti);
• sulla professionalità e competenza del personale (49,1%, pari a circa 102 mila imprese);
• sul prezzo di vendita (35,6%, circa 74 mila imprese);
• sulla diversificazione nella produzione di beni e fornitura di servizi (20,5%, circa 42 mila unità)
Lo stesso dato si conferma in Lombardia e nelle province di Milano, Lodi e Monza Brianza, con percentuali molto simili al dato nazionale.
Le nostre imprese, tuttavia, competono su una scala ancora relativamente circoscritta: il 42,2% delle unità con almeno 10 addetti (circa 88 mila) opera su un mercato non più esteso dell’ambito regionale; circa un quarto (il 26,5%, pari a poco più di 55 mila imprese) amplia il proprio raggio di azione al mercato nazionale e circa il 31% (oltre 65 mila) dichiara di operare avendo a riferimento un contesto sovranazionale. Sono soprattutto le imprese del Nord a essere attratte dai mercati sovranazionali, in particolare quelle di Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige e Piemonte, in misura sempre compresa tra il 38 e il 40%.
Estensione del mercato di riferimento, per regione, anno 2018 (valori %)
Innovazione, tecnologia, digitalizzazione
Per quanto riguarda il processo di trasformazione tecnologica che stanno attraversando le imprese italiane nel periodo 2016-2018 oltre tre quarti (il 77,5%) delle imprese con almeno 10 addetti ha investito in, o utilizzato, almeno una delle 11 tecnologie individuate come fattori chiave di digitalizzazione (software gestionali, fibra ottica, 4G-5G, Cloud, Cyber-security, IOT, Robot, Print 3D, Big Data, AR-VR).
Tra i settori, per diffusione degli investimenti in digitalizzazione, emergono chiaramente i servizi: le telecomunicazioni, la ricerca e sviluppo, l’informatica, le attività ausiliarie della finanza, l’editoria e le assicurazioni, mostrano tutti quote di imprese che investono in tecnologie digitali superiori al 90%. Nell’ambito del settore manifatturiero, il primo è la farmaceutica (94,1%) seguita dal settore chimico (86,6%).
L’Istat ha rilevato l’esigenza di formazione legata all’introduzione di tecnologie digitali da parte del personale: il 39,6% di tutte le imprese con investimenti digitali è dovuto intervenire per colmare un deficit di competenze nell’utilizzo di nuovi software gestionali. La sicurezza si conferma come l’esigenza più sentita dalle imprese insieme alla capacità del personale di comunicare, condividere informazioni e collaborare utilizzando tecnologie digitali.
Rilevanza e criticità delle competenze digitali, anno 2018, valori %
Le imprese attive sulle piattaforme che facilitano l’incontro tra domanda e offerta sono circa 100 mila imprese (con 3 addetti e oltre); il relativo volume di attività è stimabile al 2,4% del fatturato 2018 delle imprese (con 10 addetti e oltre), per un totale superiore ai 44 miliardi di euro. La percentuale è il risultato delle strategie di commercializzazione multicanale assunte dalle imprese per raggiungere i potenziali clienti. Alcuni settori sono, tuttavia, già fortemente dipendenti dall’attività delle piattaforme come, ad esempio, il settore dei viaggi e del turismo.
Percentuale di imprese attive su piattaforme digitali e relativa percentuale di fatturato ottenuto grazie all’intermediazione di piattaforme digitali, per settore di attività economica, anno 2018
Internazionalizzazione produttiva
Nel 2018 il 2,8% delle imprese con almeno 10 addetti ha dichiarato di aver realizzato all’estero almeno parte della propria produzione (il 3,3% in Lombardia e, in particolare, il 4,1% in provincia di Milano):
Numero imprese per tipo di internazionalizzazione produttiva, anno 2018
Per la maggioranza di queste imprese (oltre il 65% dei casi), la delocalizzazione produttiva è avvenuta in forma “leggera”, cioè solo attraverso la stipula di accordi o contratti e il rimanente 35% delle imprese realizza la produzione estera tramite investimenti diretti (Ide). Per chi delocalizza tramite Ide, nel 32,7% dei casi la produzione realizzata all’estero è destinata a essere reimportata in Italia per usi finali, in particolare nel caso delle delocalizzazioni in Cina, India e gli altri paesi dell’area asiatica. Per il 30,5% di imprese il paese di insediamento svolge, invece, una funzione di “piattaforma” per esportare in paesi terzi.
Sostenibilità ambientale e sociale
Secondo definizione Istat, si definisce:
• sostenibilità ambientale da parte delle imprese i comportamenti volti a ridurre gli impatti negativi sull’ambiente naturale derivante dalle loro attività, quali ad esempio il controllo e la riduzione dell’uso di energia, l’aumento dell’uso di energia da rinnovabili, il controllo per la riduzione dell’uso dell’acqua, il riciclo e il trattamento dei rifiuti, la riduzione dell’emissioni in atmosfera, il riutilizzo di materie prime seconde (proprie o di terzi, il riciclo di scarti con rigenerazione a ciclo chiuso, gli utilizzi condivisi, la progettazione di prodotti atti ad essere disassemblati alla fine della vita per recuperare componenti utili alla nuova produzione – motori, carrozzerie, elettrodomestici, elettronica di consumo), il riuso di materiali di scarto per nuova produzione di altri beni o degli stessi – pneumatici, plastica, materiali ferrosi, legno, abiti, tessuti, residui agricoli), la condivisione di beni e servizi con possesso temporaneo, singolo o plurimo – abitazione, trasporti, ospitalità, spazi di laboratori, uffici -).
• sostenibilità sociale l’insieme dei comportamenti delle imprese che si legano a effetti positivi sul benessere dei propri lavoratori, equamente distribuito tra classi e genere, valorizzandone le capacità e le competenze (in termini di sicurezza, salute, istruzione, democrazia, partecipazione, giustizia). Tale benessere umano risulta così diffuso anche sul territorio in cui operano le imprese, le quali scelgono produzioni e modi di operare coerenti con tale obiettivo.
Nel 2018 le imprese italiane con almeno 3 addetti svolgono azioni in ambito di sostenibilità ambientale e sociale secondo queste percentuali di diffusione:
• il 66,6% per ridurre l’impatto ambientale,
• il 69% per migliorare il benessere lavorativo, le pari opportunità, la genitorialità e la conciliazione lavoro-famiglia,
• poco meno del 65% per incrementare il livello di sicurezza all’interno della propria impresa o nel territorio in cui opera,
• quasi un terzo per sostenere o realizzare iniziative di interesse collettivo esterne all’impresa,
• poco meno di un terzo per sostenere o realizzare iniziative a beneficio del tessuto produttivo del territorio in cui opera.
La sostenibilità ambientale così come la sostenibilità sociale viene perseguita maggiormente nella manifattura e nelle costruzioni.
Imprese che adottano azioni per ridurre l’impatto ambientale, per settore di attività economica, anno 2018, valori %
Il report completo è disponibile al seguente LINK.
Non sei associato e ti servono informazioni?
ContattaciAzioni sul documento