La crisi a un punto di snodo. Tassi, materie prime, politiche di bilancio, populismi
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Scenari economici Confindustria n°28 - Dicembre 2016.
In sintesi
Nell’ultimo scorcio del 2016 si sono materializzati nuovi fattori di contesto internazionale. Sono tali per numero e rilevanza da formare uno snodo cruciale nel percorso della lunga crisi. Una svolta positiva potrebbe affacciarsi.
1. La politica di bilancio torna in auge per rilanciare la domanda interna. In USA il programma del Presidente eletto Trump è in tal senso esplicito e può contare sulla maggioranza repubblicana al Congresso. Il Regno Unito ha abbandonato la precedente linea di austerity. La Commissione europea ha proposto per l’insieme dell’Eurozona di varare misure espansive per lo 0,5% del PIL.
2. Tra fine estate e autunno la ripresa si è irrobustita in tutte le principali economie del pianeta, avanzate ed emergenti. Il commercio mondiale è cresciuto dello 0,5% nel terzo trimestre e gli indicatori qualitativi disegnano prospettive ancora positive nel quarto. Gli indici PMI stanno registrando un deciso aumento in USA, Cina, Eurozona (trainata dalla Germania).
3. Una maggior fiducia si sta diffondendo nei mercati finanziari (con le Borse in rialzo; Wall Street scala record) e tra gli operatori (i consumatori americani hanno espresso in novembre l’ottimismo più alto dal luglio 2007).
Contemporaneamente:
4. i tassi d’interesse di mercato sono entrati ovunque in tensione, guidati da quelli americani, con la FED che è pronta a proseguire la normalizzazione della politica monetaria. Mentre la BCE, che non vuol vedere vanificati gli sforzi per comprimere il costo del denaro e risollevare credito e inflazione, prosegue nelle misure non convenzionali. Anche perciò è prematuro parlare di avvio di un nuovo ciclo rialzista, ma i minimi storici sono alle spalle.
5. Il petrolio è tornato a salire: la quotazione del Brent ha toccato il livello più alto dal luglio 2015. Il costo salato della guerra dei prezzi ha indotto i paesi esportatori, OPEC e non, a trovare un accordo per ridurre l’eccesso di offerta. Li spingerà anche a rispettarlo? La storia dei passati insuccessi non depone a favore, ma i benefici per i loro bilanci e redditi sì. L’estrazione americana dovrebbe contribuire a mantenere le quotazioni al di sotto dei 70 dollari al barile. Anche altre materie prime stanno rincarando.
6. L’inflazione, spinta dagli input importati e, là dove c’è piena occupazione, dai salari, si allontana dalla pericolosa soglia zero. Sebbene il quadro mondiale di accesa competizione e di veloce progresso tecnologico rimanga deflazionistico.
7. Nel firmamento delle valute il cambio del dollaro è diventato più luminoso e le attese divergenze nei tassi e nei ritmi di crescita, oltre che l’annunciato incentivo fiscale per far rimpatriare negli Stati Uniti 2.500 miliardi di utili d’impresa detenuti all’estero, favoriscono il biglietto verde.
8. Il protezionismo montante è rafforzato dal nuovo orientamento statunitense anche nel caso probabile che le promesse elettorali siano molto diluite dal pragmatismo che prevale quando si entra in carica.
Come leggere tutto ciò?
La tendenza generale è di avversione alla globalizzazione e a tutto ciò che genera, come in ogni fase di rapido e profondo cambiamento, vincitori e vinti. I secondi diventano maggioranza elettorale in mancanza di risposte politiche adeguate, l’elaborazione delle quali appare nettamente in ritardo. Perciò s’invocano più intervento dello stato e nazionalismo.
In Europa l’incertezza politica, come sottolinea Mario Draghi, è dominante. Ne sono penalizzati gli investimenti privati. Nel biennio di previsione 2017-18 gli appuntamenti di confronto democratico interessano quattro delle cinque maggiori nazioni dell’Eurozona.
La lenta crescita mondiale è definita stagnazione secolare per sottolineare la natura strutturale del rallentamento da ricondurre a ragioni demografiche e a minori guadagni di produttività. Ciò è vero soprattutto nella UE.
Grazie a un diverso mix di politica economica, con bilanci pubblici che provano ad essere più espansivi, si può tentare di uscire dalla trappola di aspettative negative che si autoalimentano. Oltre che contribuire ad attenuare gli squilibri nell’Eurozona.
L’Unione europea non può più eludere la necessità di proseguire lungo la strada dell’integrazione, portando a compimento l’Unione bancaria e iniziando ad adottare qualche forma di politica di bilancio comune, anche su singole voci che abbiano una grande rilevanza per l’opinione pubblica, come i costi di accoglienza e integrazione degli immigrati.
La UE, inoltre, deve puntare sull’industria manifatturiera, come motore di sviluppo. Solo se più coesa e con più solide basi industriali può fronteggiare il confronto con i sistemi statunitense e cinese.
In questo scenario l’economia italiana torna ad avanzare, lentamente e a corrente alternata. E il CSC di conseguenza rivede al rialzo le previsioni diffuse lo scorso settembre.
Le nuove stime del CSC, però, non tengono conto delle potenziali conseguenze della crisi di governo che si è aperta da pochi giorni e che, se non si dovesse sviluppare in modo ordinato, potrà peggiorare le aspettative di famiglie e imprese, oltre che dei mercati finanziari, e incidere sulla già fragile risalita della domanda interna e delle attività produttive. L’eventuale instabilità politica depotenzierebbe gli stessi incentivi agli investimenti.
Le elaborazioni del CSC indicano che il PIL aumenta dello 0,9% nel 2016 (+0,7% a settembre), dello 0,8% nel 2017 (+0,5%) e dell’1,0% nel 2018. Per quest’ultimo anno si considera non praticabile l’aumento delle imposte indirette, introdotto quale ennesima clausola di salvaguardia, per 1,2 punti percentuali di PIL; da ciò un maggior deficit pubblico rispetto a quanto indicato dal governo.
Alla fine del prossimo biennio l’occupazione avrà recuperato 905mila unità rispetto ai minimi di fine 2013, ma sarà ancora di 1,1 milioni di unità inferiore al massimo d’inizio 2008.
La revisione al rialzo delle previsioni si fonda su quattro ragioni.
Anzitutto il ritocco all’insù delle cifre della prima metà del 2016. In secondo luogo, l’andamento migliore dell’atteso nella seconda metà. Il risultato è che il Paese entra nel 2017 con un po’ più di slancio e meccanicamente ciò eleva, a parità di altre condizioni, di due decimi di punto percentuale la crescita nell’anno prossimo.
La terza e quarta ragione stanno nella Legge di bilancio che prevede il ricorso a un po’ più di flessibilità nel rapporto deficit/pil e un forte effetto leva sugli investimenti in macchinari, grazie agli stimoli fiscali che impattano in maniera differita sui conti pubblici.
In direzione opposta, invece, opera sul PIL il più rapido rincaro del petrolio, che sottrae potere d’acquisto ai consumatori ed erode i già bassi margini delle imprese.
In queste previsioni l’incertezza politica, come già detto, rappresenta un significativo rischio al ribasso. E se è vero che il Paese è abituato ai cambi di governo, questa volta ciò avviene in un contesto di arretramento del benessere e di sfilacciamento sociale e politico che non ha precedenti nel dopoguerra.
Un dato su tutti: i poveri assoluti sono 4,6 milioni, con un incremento del 157% rispetto al 2007, in maggior parte tra i giovani e al Sud. Mentre aumenta l’emigrazione (soprattutto giovanile) all’estero e diminuisce la mobilità territoriale interna.
In definitiva i gravi problemi e ostacoli strutturali rimangono e richiedono di essere affrontati. Alta disoccupazione, soprattutto tra i giovani. Elevate sofferenze bancarie e difficoltà nell’erogazione del credito. Margini delle imprese poco sopra i minimi storici. Edilizia quasi ferma. Competitività di costo erosa. Elevata tassazione. Lentezza della giustizia. Tempi lunghi e incerti di risposta della pubblica amministrazione. Norme numerose e di difficile interpretazione e applicazione.
Su alcuni di questi si è cominciato a operare e qualche risultato apprezzabile è iniziato ad arrivare. Le misure adottate non vanno interrotte, semmai rafforzate.
Nel confronto internazionale, infatti, l’Italia ha perso terreno e al ritardo pregresso si associa il miglioramento operato da altri paesi nella competizione per attrarre investimenti e talenti. Cosicché toccherebbe marciare a velocità doppia per chiudere il divario.
Per far sì che l’Italia torni a crescere a ritmi più elevati è indispensabile mantenere alta la tensione verso la questione industriale, in particolare a favore degli investimenti. Occorre evitare che finisca su un binario morto l’attuazione del Piano nazionale per Industria 4.0. Così come sono determinanti la realizzazione di politiche attive per il lavoro e l’internazionalizzazione, tanto più necessaria quanto più salgono le barriere commerciali.
Un eventuale traccheggiamento non inciderebbe solo sul prossimo biennio, ma avrebbe conseguenze per molti anni a venire. La crescita rimarrebbe troppo bassa per far fronte ai bisogni e alle sfide. Ci sarebbe una grande dissipazione di capitale umano attraverso alta disoccupazione ed emigrazione dall’Italia, specie di giovani.
Il report completo è disponibile al seguente link: report completo.
Le slide di presentazione dell'evento sono disponibili ai seguenti link: Slide Paolazzi, slide Bavetta, slide Corsetti.
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