L’impatto del climate change su imprese e banche nei prossimi 30 anni
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Lo “stress test” della Banca Centrale Europea.
La BCE ha condotto uno “stress test” su circa 4 milioni di imprese e 2 mila banche a livello globale per stimare le ricadute su banche e imprese dei costi legati a calamità e transizione energetica nei prossimi 30 anni.
Il cambiamento climatico è un fenomeno che si verifica nel lungo periodo, generando grande incertezza. Per questo motivo, la BCE ritiene fondamentale individuare e valutare efficacemente il potenziale impatto dei rischi climatici.
La BCE ha diviso i rischi connessi al climate change in due categorie:
1) rischio fisico, che deriva dall’aumento della frequenza e dell’entità dei disastri naturali;
2) rischio di transizione, che tiene conto dell’impatto negativo che potrebbe produrre l’introduzione di politiche climatiche volte a ridurre le emissioni di gas serra.
I risultati preliminari dello “stress test” (in attesa del rapporto definitivo che uscirà a luglio) mostrano che le imprese localizzate in regioni maggiormente esposte ai disastri naturali e quelle appartenenti ai settori più energy-intensive potrebbero essere soggette al rischio climatico fisico e di transizione fino a quattro volte in più rispetto alla media.
In particolare, le imprese localizzate in determinate regioni, ad esempio in prossimità di fiumi o coste, sono più esposte al rischio fisico di subire disastri naturali, che comporterebbero nel breve periodo l’interruzione dei processi produttivi e nel lungo periodo, potenzialmente, il default dell’impresa stessa.
I rischi fisici variano da regione a regione: mentre il sud Europa è maggiormente esposto a incendi e ondate di calore, il nord e centro Europa (compreso il nord Italia) è più vulnerabile alle inondazioni.
Le imprese appartenenti a settori ad alto consumo di energia ed elevata produzione di CO2 risentono del rischio di transizione, come l’imposizione di aliquote fiscali più elevate sulle emissioni di carbonio che porterebbe a un aumento dei costi di produzione e un calo della redditività in questi settori.
La BCE esamina la resilienza delle imprese e delle banche in tre scenari differenti:
1) Orderly transition, scenario che considera l’implementazione delle politiche climatiche;
2) Disorderly transition, scenario che ipotizza ritardi o introduzioni improvvise di politiche climatiche;
3) Hot house world, scenario che prevede la non-implementazione di nuove politiche climatiche.
Questi scenari proiettano le possibili future condizioni climatiche a cui le imprese devono far fronte.
Per le imprese energy intensive e più inquinanti (es. estrattive ed energetiche), il verificarsi degli scenari “Disorderly transition” e “Hot house world” determinerebbe un aumento molto significativo della probabilità di default, superiore a quello medio delle imprese.
I rischi climatici sono rischi sistemici e, a cascata, possono compromettere seriamente anche la stabilità finanziaria delle istituzioni finanziarie che detengono esposizioni verso imprese che si rivelano insolventi a causa dei cambiamenti climatici.
I risultati dello studio mostrano chiaramente i benefici dell’attuazione delle politiche climatiche: i costi di transizione per adattarsi alle misure contro il climate change nel breve periodo sono decisamente più bassi rispetto ai potenziali costi fisici da sostenere per far fronte ai danni dei disastri naturali nel lungo periodo.
Lo studio completo è disponibile al seguente LINK.
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