Esportare la dolce vita - ed. 2019
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Rapporto 2019 Centro Studi Confindustria.
In sintesi
Cosa sono i prodotti BBF?
“Bello e Ben Fatto” è l’insieme di tutti i prodotti - appartenenti alla categoria dei beni finali di consumo - che l’Italia vende sui mercati internazionali con un “premio di qualità”, ossia a un prezzo più elevato rispetto a quello dei concorrenti. Per delineare il perimetro dei beni BBF, il Rapporto procede per cerchi concentrici: a partire dai 4.577 prodotti esportati dall’Italia nel mondo, sono innanzitutto individuati gli 881 beni finali di consumo (ampliando così la gamma delle produzioni considerate in questa edizione rispetto alle precedenti), e da qui è estratto il sottoinsieme dei 467 prodotti BBF.
I prodotti BBF sono trasversali al manifatturiero, sebbene siano i comparti delle cosiddette “tre F” (fashion, food, forniture) quelli a più elevato contenuto di eccellenze nella categoria dei beni finali di consumo.
I tratti distintivi di questi prodotti sono: unicità, qualità dei materiali, accuratezza delle lavorazioni, design. Essi rappresentano una quota rilevante degli scambi commerciali italiani e, data la loro identità distintiva, fungono da volano a tutte le esportazioni, coniugando valore economico e valore reputazionale.
La specializzazione italiana nei prodotti BBF
La specializzazione italiana nei prodotti BBF è evidente: con 467 prodotti è terza al mondo dopo la Svizzera (730) e il Giappone (540).
In termini di quote di mercato in valore, invece, l’Italia è quinta (7,1%). Domina la classifica la Germania che, con soli 200 beni finali eccellenti, ha oltre un quinto (21,6%) dell’intero mercato grazie soprattutto alla leadership nell’automotive. Seguono Francia (11,7%), Svizzera (10,9%), Stati Uniti (9,3%).
Quanto vale il BBF oggi? Quali i mercati di sbocco?
Il BBF vale 86,4 miliardi di euro di export nel 2018, il 15,6% degli scambi commerciali complessivi dell’Italia. Circa tre quarti sono diretti verso i mercati avanzati (USA e UE in primis), mentre il restante quarto verso i mercati emergenti (Cina, Hong Kong e Russia in primis).
Le sfide sono diverse: i Paesi avanzati rappresentano i mercati più grandi e più ricchi, dunque oggi più ricettivi dei prodotti BBF; qui la competizione si basa sull’erosione di quote ai concorrenti; i Paesi emergenti sono invece più piccoli per dimensione (Cina e India escluse) e più rischiosi ma al tempo stesso più dinamici e quindi con ampi margini di espansione per l’Italia (anche rispetto a Germania e Francia che hanno un grado di saturazione maggiore).
Il portafoglio delle esportazioni italiane di BBF è variegato per settori: oltre il 45% dell’export afferisce al settore moda (63% considerando l’insieme delle “tre F”), ma quote rilevanti riguardano anche le eccellenze della meccanica, in particolare i motoveicoli (15,9% del totale).
E in prospettiva?
Il potenziale di sviluppo del BBF è assai elevato: 45 miliardi di euro aggiuntivi secondo l’analisi del Rapporto che valuta il possibile ampliamento delle quote di mercato dell’Italia rispetto ai concorrenti simili per struttura dei costi di produzione e qualità dei prodotti esportati.
Di questi 45 miliardi aggiuntivi: 33,5 miliardi sono versi i Paesi avanzati, 10,9 miliardi verso i Paesi emergenti.
Tra i Paesi avanzati, nel ranking del potenziale di export attivabile per l’Italia emergono nelle prime 5 posizioni: Stati Uniti (8,2 miliardi di euro), Germania (3,3 miliardi), Giappone (2,6 miliardi), Regno Unito (2,5 miliardi) e Francia (2,1 miliardi). Tra i Paesi emergenti, spiccano: Cina (3,3 miliardi di euro), Emirati Arabi (1,3 miliardi), Qatar (0,8 miliardi), Arabia Saudita (0,8 miliardi) e Russia (0,6 miliardi).
In questo quadro, oltre al potenziale di mercato, le imprese devono valutare i rischi. Si pensi ad esempio alla Cina, che a livello di controparte sovrana ha un elevato grado di affidabilità, ma che mostra un rischio crescente nelle transazioni con banche e società non finanziarie. Lo stesso vale per la Russia.
Gli accordi commerciali: più certezza e stabilità
In una fase caratterizzata da forti tensioni commerciali a livello globale, l’Ue si posiziona nettamente in favore del libero scambio (“there is no protection in protectionism”, Cecilia Malmstrom). La stipula di numerosi accordi bilaterali negli ultimi anni (riguardanti circa il 20% delle esportazioni italiane) ha infatti incentivato la presenza internazionale delle imprese europee e italiane, portando numerosi vantaggi, soprattutto per le aziende di dimensione medio-piccola, in termini di semplificazione nell’ingresso sui mercati esteri e di costi di produzione più ridotti.
E-commerce e lotta alla contraffazione: due sfide del BBF italiano
Sul fronte dell’e-commerce, l’Italia è nella top 10 globale, ma è indietro rispetto ai suoi principali competitor: l’Italia ha una quota pari al 17% del PIL, in linea con il 16% della Cina e il 15% dell’India, distante invece da molti Paesi avanzati che oscillano tra l’84% della Corea del Sud e il 28% della Francia. La sfida del Made in Italy sulle piattaforme globali è enorme tanto quanto inevitabile.
Sul fronte della lotta alla contraffazione, pochi numeri bastano a chiarire la portata di questo fenomeno che interessa in modo preponderante i settori del BBF: la spesa in beni contraffatti in Italia è pari a più di 7 miliardi di euro; l’export mondiale di beni contraffatti vale 460 miliardi (3,3% del totale). Particolarmente preoccupante risulta essere il fenomeno dell’italian sounding, specialmente nell’agroalimentare.
Il report completo è disponibile al seguente link: report completo.
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