Dova va l'industria italiana
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Rapporto 2019 CSC.
In sintesi
La manifattura mondiale sta uscendo da una lunga fase di sviluppo, avvenuta nel segno della globalizzazione. Il tramonto di questa fase, che aveva visto affermarsi a livello mondiale una visione multilaterale degli scambi internazionali e la progressiva liberalizzazione dei mercati, apre un orizzonte nuovo, e pone le economie industriali (antiche e recenti) di fronte a percorsi inediti.
Nonostante la contrazione dei livelli di attività subita negli anni della crisi, l’Italia è nel 2018 ancora la settima potenza manifatturiera del mondo. Ma si trova di fronte a un contesto fortemente mutato, in cui il sostegno garantito fin qui dalla domanda internazionale rischia di ridimensionarsi, riproponendo la questione irrisolta di un mercato interno strutturalmente debole.
Spicca in questo quadro la persistente debolezza della domanda di investimento, fortemente penalizzata dal crollo della componente pubblica dedicata alle infrastrutture. Ma la stessa componente privata – pure sostenuta dalle politiche di incentivazione alla trasformazione della manifattura in chiave 4.0 – risente a sua volta del clima di crescente incertezza, sia sul piano economico che su quello politico.
Il processo di digitalizzazione della manifattura è comunque avviato. L’Italia, anche se in ritardo rispetto agli altri principali paesi europei, si è dotata finalmente dal 2016 di una strategia di medio-lungo periodo in linea con le best practice internazionali. Si tratta di una novità di rilievo, che è stata perseguita con l’obiettivo di accrescere strutturalmente il grado di competitività del sistema manifatturiero e che ha trovato nel Sistema Confindustria una sponda importante, con la costituzione di 22 Digital Innovation Hub sparsi su tutto il territorio nazionale. Ad essi è affidato il compito di sensibilizzare le imprese sulle opportunità legate a Industria 4.0, di orientarle verso i soggetti che offrono innovazione e di fornire loro supporto nell’accesso a strumenti di finanziamento pubblici e privati.
La principale misura con cui il Governo italiano ha sostenuto in tutti questi anni gli investimenti in beni strumentali alla trasformazione digitale delle imprese è stata l’iper-ammortamento.
Le stime del Centro Studi Confindustria e del Dipartimento Finanze del Ministero delle Finanze sull’ammontare degli investimenti agevolati dalla misura in vigore nel 2017 mostrano che la misura ha riscosso un forte interesse da parte delle imprese italiane: 10 miliardi di euro per i macchinari e le attrezzature 4.0.
Più dell’80% delle imprese agevolate appartiene al settore manifatturiero. In testa il comparto dei prodotti in metallo (26% degli investimenti in macchinari e attrezzature 4.0), davanti a meccanica strumentale e chimica (entrambe al 9%).
L’iper-ammortamento è stato utilizzato in netta prevalenza da imprese con domicilio fiscale nel Nord Italia (86% degli investimenti). In particolare, la Lombardia svetta (35%) davanti a Veneto (17%) e Emilia Romagna (16%). Su livelli molto bassi d’investimento tutte le regioni meridionali. La Sicilia è l’unica parziale eccezione: con una quota di investimenti agevolati del 3%, si colloca, al pari del Friuli-Venezia Giulia, nella parte alta della classifica.
Diversamente da quanto si è spesso ipotizzato, non sono state prevalentemente le grandi aziende a utilizzare la misura di incentivo fiscale. Il 96% dei beneficiari, a cui corrisponde il 66% degli investimenti incentivati, è composto da imprese con meno di 250 dipendenti, ossia piccole e medie imprese. Il 35% degli investimenti 4.0 è addirittura riferibile a imprese con meno di 50 addetti.
Il rapporto completo e le slide presentate durante il convegno sono disponibili al seguente LINK.
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