ISTAT - Competitività dei settori produttivi in Italia
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Rapporto annuale dell'Istat - edizione 2017.
In sintesi
Il rapporto annuale dell’ISTAT, giunto alla quinta edizione, fornisce un quadro informativo dettagliato e tempestivo sulla struttura, la performance e la dinamica del sistema produttivo italiano.
Dinamiche macroeconomiche
A fine 2016, in Italia il livello del PIL in volume è ancora inferiore di oltre il 7 per cento rispetto al picco di inizio 2008, mentre in Spagna il recupero è quasi completo; Francia e Germania segnano progressi pari rispettivamente a oltre il 4 e quasi l’8 per cento.
In Italia la fase recessiva è stata più profonda e duratura rispetto Germania, Francia e Spagna, subendo gli effetti della caduta del commercio internazionale – con una intensità simile alla Germania per la comune specializzazione manifatturiera.
L’industria manifatturiera in Germania, Francia, Italia e Spagna genera nel complesso un valore aggiunto di oltre 1.230 miliardi di euro, pari a circa il 78 per cento del totale dell’Ue, una quota stabile rispetto al picco del 2007. Tuttavia, si osservano differenze per paese: il contributo della Germania è salito dal 35,9 al 39,7 per cento, mentre l’Italia (pur continuando a rappresentare la seconda economia manifatturiera dell’Unione) ha ridotto la propria quota dal 17,3 al 15,2 per cento.
La contrazione del valore aggiunto negli anni 2009-2014 è stata particolarmente rilevante nelle microimprese (1-9 addetti), il cui peso sul valore aggiunto manifatturiero in Italia supera il 10 per cento, mentre è stata moderata o nulla per le imprese medie (50-249 addetti) e grandi (250 addetti e oltre).
Andamento del Pil in Italia, Francia, Germania e Spagna - Anni 2008-2016 dati trimestrali (numeri indice T1:2008=100)
Per quanto riguarda le attività di investimento, indicazioni favorevoli giungono, con specifico riferimento alle imprese manifatturiere esportatrici, dalle informazioni sul grado di utilizzo degli impianti e dai saldi delle attese sul fatturato all’esportazione, rilevati nell’indagine trimestrale sulla fiducia delle imprese: nell’ultimo trimestre 2016 entrambi gli indicatori approssimano i livelli pre-crisi e, nel caso degli impianti, si è ampiamente superato il livello di inizio 2011.
Grado di utilizzo degli impianti e attese sul fatturato all’esportazione, manifattura - Anni 2007-2016 (dati trimestrali, valori percentuali e saldi)
La quota dell’Italia sul valore delle esportazioni mondiali è diminuita dal 4 per cento nel 2001 al 3,4 per cento nel 2008, attestandosi al 2,8 per cento nel 2015; contestualmente, l’Italia è passata da sesto a decimo paese esportatore.
L’andamento delle esportazioni italiane nel periodo 2009-2013 ha sofferto la caduta della domanda in alcuni mercati importanti: in particolare, l’intensa crisi dell’economia spagnola si è riflessa in una flessione delle vendite su tale mercato; questo effetto ha sottratto 1,8 punti percentuali alla dinamica complessiva dell’export nel periodo. Le imprese, tuttavia, hanno mostrato una buona capacità di riallocare le vendite sui mercati di esportazione più dinamici (la contrazione in Spagna è più che compensata dall’aumento dell’export verso Svizzera e Turchia). Nel biennio 2014-2015 la caduta dell’export verso la Russia dovuta alle sanzioni ha sottratto quasi un punto alla crescita complessiva dell’export, ma l’aumento (e il recupero di quote) verso gli Stati Uniti ha fornito un contributo positivo di 2,2 punti.
L’ISTAT mette a disposizione un “Indicatore sintetico di competitività” (ISCo), che fornisce una misura multidimensionale della performance di ciascun settore in relazione alla media manifatturiera, in un’ottica sia strutturale sia congiunturale: ai primi cinque posti si posizionano le imprese dei settori della farmaceutica, le bevande, la chimica, dei macchinari e degli altri mezzi di trasporto, settori, peraltro, il cui tessuto produttivo presenta generalmente una dimensione media più elevata.
Indicatore sintetico di competitività (ISCo) strutturale, per divisione di attività economica, imprese manifat. - Anni 2008-2014
Gli anni della crisi hanno inoltre portato a un aumento della polarizzazione nella competitività strutturale dei settori manifatturieri, con un tendenziale miglioramento di quelli ai vertici della graduatoria e uno speculare deterioramento di quelli meno competitivi. In particolare, con riferimento ai settori “top performers”, i miglioramenti più vistosi sono stati registrati nei comparti della farmaceutica (che non si limita a mantenere la testa della classifica, ma aumenta il differenziale relativo di competitività), degli alimentari e della chimica, mentre tra i “bottom performers” il calo più accentuato ha riguardato i settori del legno e della stampa ed editoria.
Cambiamenti strutturali tra il 2011 e il 2014
Dal punto di vista strutturale, il sistema delle imprese italiane è uscito ridimensionato dalla crisi: in quattro anni (dal 2011 al 2014) si sono persi circa 194mila imprese (-4,6 per cento) e quasi 800mila addetti (-5,0 per cento).
I dati per classe dimensionale mostrano come il ridimensionamento strutturale abbia coinvolto tutti i segmenti, con una flessione più marcata per le micro (1-9 addetti) e le piccole (10-49) imprese rispetto alle classi dimensionali più elevate.
Dimensioni, produttività e propensione all’export delle imprese manifatturiere, per settore di attività economica - Anno 2014
Per la manifattura si è osservata una maggiore contrazione in termini di unità produttive nelle unità di piccola dimensione (meno di 50 addetti), mentre in termini di valore aggiunto le perdite maggiori si sono osservate sia per le micro (1-9 addetti) sia per le grandi imprese (oltre 250 addetti).
Il report completo e le singole schede per settore produttivo sono disponibili al seguente link: report completo e schede settori produttivi.
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